Ricorso Tardivo: Quando il Tempo è Nemico della Giustizia
Il rispetto dei termini processuali è un pilastro fondamentale del nostro ordinamento giuridico. Presentare un atto oltre la scadenza prevista dalla legge può avere conseguenze irreversibili, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. In questo articolo, analizzeremo un caso emblematico di ricorso tardivo, spiegando perché è stato dichiarato inammissibile e quali lezioni pratiche possiamo trarne.
I Fatti del Caso
Una persona aveva presentato ricorso in Cassazione contro una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Firenze. La sentenza di secondo grado era stata pronunciata il 25 maggio 2023, con un termine di 45 giorni per il deposito delle motivazioni, effettivamente avvenuto il 16 giugno 2023. Secondo le norme del codice di procedura penale, il termine per proporre l’impugnazione successiva scadeva il 26 settembre 2023. Tuttavia, il ricorso per cassazione è stato depositato solo il 7 novembre 2023, ben oltre il limite massimo consentito. Di conseguenza, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla sua ammissibilità.
Le Conseguenze di un Ricorso Tardivo
La questione centrale ruotava attorno all’articolo 585 del codice di procedura penale, che stabilisce i termini per le impugnazioni. In questo specifico caso, essendo stato fissato un termine di 45 giorni per il deposito della sentenza, il ricorrente aveva a disposizione 45 giorni successivi per presentare il proprio ricorso. Il calcolo è perentorio: superato quel termine, si incorre nella decadenza, ovvero nella perdita del diritto di impugnare. Il deposito effettuato con oltre un mese di ritardo ha reso il ricorso tardivo e, di conseguenza, irricevibile.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 21825/2024, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso in modo netto e inequivocabile. I giudici hanno evidenziato che il ricorso era stato depositato “tardivo”, cioè oltre il termine perentorio di 45 giorni previsto dall’art. 585, comma 1, lett. c) del codice di procedura penale. La Corte ha applicato la procedura semplificata “de plano”, prevista dall’art. 610, comma 5-bis, riservata ai casi di manifesta inammissibilità, senza nemmeno la necessità di un’udienza. Poiché non sono emersi elementi per ritenere che il ritardo fosse dovuto a cause non imputabili al ricorrente, la Corte ha proceduto a pronunciare l’inammissibilità. A questa pronuncia è seguita, come da prassi, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, a titolo di sanzione per aver promosso un ricorso inammissibile.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cardine della procedura penale: la perentorietà dei termini per le impugnazioni non ammette deroghe, salvo casi eccezionali di colpa non imputabile. La decisione sottolinea l’importanza di una gestione diligente e tempestiva delle scadenze processuali da parte dei difensori e delle parti. Un errore nel calcolo o un ritardo nel deposito possono vanificare ogni possibilità di far valere le proprie ragioni in un grado di giudizio superiore. Il caso serve da monito: nel processo, il tempo non è una variabile negoziabile, ma un requisito di ammissibilità che, se violato, chiude definitivamente le porte a ulteriori riesami della vicenda giudiziaria.
Qual è il termine per presentare un ricorso per cassazione in questo caso?
Il termine previsto dall’art. 585, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. era di 45 giorni, decorrenti dalla scadenza del termine per il deposito della sentenza impugnata.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché tardivo, essendo stato depositato il 7 novembre 2023, mentre il termine ultimo per l’impugnazione era scaduto il 26 settembre 2023.
Quali sono le conseguenze dell’inammissibilità del ricorso?
L’inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle Ammende, oltre all’impossibilità per la Corte di esaminare il merito della questione.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 21825 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 21825 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MASSA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/05/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato
partiTI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
n. 46305/23 COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
NOME COGNOME ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, chiedend l’annullamento del provvedimento impugNOME.
Il ricorso risulta essere tardivo in quanto depositato in data 7 novembre 2023, ovverosi oltre il termine di 45 giorni previsto dall’art. 585, comma 1, lett. c) cod. proc. pen., e stata la sentenza pronunciata il 25 maggio 2023, con indicazione del termine per il deposito giorni 45 ed effettivamente depositata il 16 giugno 2023. Il termine finale previsto a pen decadenza per l’impugnativa innanzi a questa Corte era scaduto il 26 settembre 2023 ed era dunque decorso al momento del deposito del presente ricorso.
Il ricorso può essere trattato nelle forme «de plano», ai sensi dell’art. 61.0, comma 5cod. proc. pen. -come modificato dalla legge n. 103 del 2017- e ne deve essere pronunciata l’inammissibilità, seguendo a tale esito, in mancanza di elementi per ritenere che “la pa abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa inammissibilità”, l’onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente fissata come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 22/04/2024