Ricorso Tardivo Ingiusta Detenzione: Quando i Termini Fanno la Differenza
Nel mondo del diritto, il rispetto dei termini è un principio cardine che garantisce certezza e ordine. Un ritardo, anche minimo, può avere conseguenze drastiche, come dimostra una recente ordinanza della Corte di Cassazione. Il caso in esame riguarda un ricorso tardivo per ingiusta detenzione, dichiarato inammissibile proprio per il mancato rispetto delle scadenze procedurali. Questo provvedimento sottolinea come la forma e la tempistica siano tanto importanti quanto la sostanza di una richiesta.
I Fatti di Causa
La vicenda ha origine da un’istanza di riparazione per ingiusta detenzione presentata da un individuo che riteneva di aver subito una privazione della libertà personale senza giusta causa. La Corte d’Appello di Milano, tuttavia, aveva rigettato tale richiesta con un’ordinanza emessa il 9 aprile 2024. L’ordinanza è stata poi depositata e notificata al ricorrente il 6 agosto 2024.
Insoddisfatto della decisione, l’interessato ha deciso di impugnare l’ordinanza dinanzi alla Corte di Cassazione. Il ricorso, però, è stato depositato solo il 27 settembre 2024.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte, senza entrare nel merito della questione (cioè senza valutare se la detenzione fosse stata effettivamente ingiusta), ha emesso una decisione netta: il ricorso è inammissibile. La pronuncia si basa interamente su una questione procedurale, ovvero la tardività dell’impugnazione.
Le Motivazioni: il Principio della Tempestività del Ricorso
La Corte ha fondato la sua decisione sull’analisi dei termini perentori stabiliti dal codice di procedura penale. La legge, in particolare l’articolo 585, stabilisce che il ricorso per cassazione contro le ordinanze emesse in camera di consiglio, come quelle in materia di ingiusta detenzione, deve essere proposto entro quindici giorni dalla notificazione del provvedimento.
Nel caso specifico, l’ordinanza della Corte d’Appello era stata notificata il 6 agosto 2024. Il termine ultimo per presentare ricorso scadeva quindi quindici giorni dopo. Il deposito del ricorso, avvenuto il 27 settembre 2024, è stato effettuato ben oltre questo limite temporale. Questo ritardo ha reso il ricorso tardivo per ingiusta detenzione e, di conseguenza, processualmente irricevibile.
La Corte ha specificato che la tardività è una causa di inammissibilità che impedisce al giudice di esaminare le ragioni dell’appellante, indipendentemente dalla loro fondatezza. Il rispetto dei termini non è una mera formalità, ma un requisito fondamentale per la validità dell’atto.
Le Conclusioni: Conseguenze di un Ricorso Tardivo per Ingiusta Detenzione
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato conseguenze significative per il ricorrente. In primo luogo, la decisione della Corte d’Appello che negava la riparazione è diventata definitiva, precludendo ogni ulteriore possibilità di ottenere un indennizzo in quella sede.
In secondo luogo, ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte di Cassazione ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Oltre a ciò, è stata inflitta una sanzione pecuniaria di quattromila euro da versare alla cassa delle ammende. La Corte ha ritenuto tale somma equa, considerando la colpa del ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità. Questo caso serve da monito sull’importanza cruciale di affidarsi a una difesa tecnica attenta e scrupolosa nel rispettare ogni scadenza processuale, poiché un errore formale può vanificare anche le ragioni più solide.
Qual è il termine per presentare ricorso per cassazione contro un’ordinanza in materia di ingiusta detenzione?
Il termine per presentare ricorso per cassazione è di quindici giorni, che decorrono dalla notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza stessa, come stabilito dall’art. 585 del codice di procedura penale.
Perché il ricorso in esame è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato depositato il 27 settembre 2024, ben oltre il termine di quindici giorni dalla notifica dell’ordinanza impugnata, avvenuta il 6 agosto 2024. La sua presentazione è stata quindi ritenuta intempestiva (tardiva).
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile per tardività?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in euro quattromila.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7212 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7212 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a KAFARDUNIN( LIBANO) il 10/07/1970
avverso l’ordinanza del 09/04/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
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udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
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Motivi della decisione
La Corte di appello di Milano, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione depositata nell’interesse di NOME COGNOME
L’impugnazione è inammissibile in quanto intempestiva.
Sulle domande aventi a oggetto la riparazione per ingiusta detenzione (di cui all’art. 314 cod. proc. pen.) la Corte d’appello decide con ordinanza emessa all’esito di udienza in camera di consiglio ricorribile per cassazione (ex art. 315 e 646 cod. proc. pen.) nel termine di quindici giorni dalla notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza stessa (art. 585, commi 1, lett. a, e 2, lett. a, cod proc. pen.).
Nella specie, per quanto evidenziato dallo stesso ricorrente, all’esito della camera di consiglio del 9 aprile 2024 è stata emessa l’ordinanza in oggetto, depositata e notificata il successivo 6 agosto 2024. Ne consegue la tardività del ricorso per cassazione in quanto depositato, il 27 settembre 2024, oltre il termine di quindici giorni di cui all’art. (art. 585, commi 1, lett. a, e 2, le cod. proc. pen.).
All’inammissibilità del ricorso, nella specie dichiarata senza formalità ex art. 610, comma 5, cod. proc. pen., consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen., che si ritiene equa valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 22 gennaio 2025
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