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Ricorso tardivo: inammissibilità e conseguenze

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22492/2024, ha dichiarato inammissibile un ricorso avverso una misura di prevenzione perché presentato oltre il termine perentorio di dieci giorni. Questo caso evidenzia come il mancato rispetto dei termini processuali, anche per pochi giorni, comporti non solo l’impossibilità di esaminare il merito della questione ma anche la condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria. La decisione ribadisce l’importanza cruciale della diligenza procedurale.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo in Cassazione: Analisi della Sentenza 22492/2024

Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. I termini processuali non sono semplici indicazioni, ma veri e propri pilastri che garantiscono la certezza e l’ordine dei procedimenti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 22492 del 2024, ci offre un chiaro esempio di come un ricorso tardivo possa vanificare ogni difesa nel merito, portando a conseguenze severe. Questo caso riguarda l’impugnazione di una misura di prevenzione e dimostra come la mancata osservanza dei termini stabiliti dalla legge conduca inesorabilmente all’inammissibilità del ricorso.

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine da un decreto della Corte di Appello di Catania che, pur riducendo l’importo di una cauzione, confermava l’applicazione di una misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di un anno nei confronti di un soggetto. La misura era stata motivata sulla base della sua ritenuta pericolosità sociale specifica, legata a reati in materia di stupefacenti.

I Motivi del Ricorso e il Problema del Ricorso Tardivo

L’interessato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso per cassazione, contestando la decisione della Corte di Appello. Le sue argomentazioni si basavano sull’assenza di un’attuale pericolosità sociale. Sosteneva che il reato più recente risaliva al 2022 e che i precedenti penali erano molto datati, essendo già stati valutati in occasione di una precedente misura di prevenzione, poi revocata. In sostanza, si contestava la valutazione dei giudici di merito.
Tuttavia, prima ancora di poter analizzare queste argomentazioni, la Corte di Cassazione si è trovata di fronte a un ostacolo procedurale insormontabile: il ricorso tardivo. Il decreto impugnato era stato depositato e notificato tra il 7 e l’8 febbraio 2024. Il ricorso, invece, era stato presentato telematicamente il 20 febbraio 2024, ovvero dodici giorni dopo l’ultima notifica.

La Decisione della Corte: l’Inammissibilità per Ricorso Tardivo

La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile. La legge, in particolare l’art. 10, comma 3, del decreto legislativo n. 159 del 2011 (il cosiddetto Codice Antimafia), stabilisce un termine perentorio di dieci giorni per proporre ricorso per cassazione in materia di misure di prevenzione. Essendo stato presentato al dodicesimo giorno, il ricorso era chiaramente tardivo. Questa violazione procedurale ha impedito alla Corte di esaminare nel merito le censure sollevate dal ricorrente.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte è stata netta e basata esclusivamente su un dato procedurale oggettivo. Il mancato rispetto del termine perentorio di dieci giorni costituisce una causa di inammissibilità che preclude ogni valutazione sul contenuto del ricorso. I giudici hanno sottolineato che i termini processuali sono stabiliti a garanzia della certezza del diritto e del rapido svolgimento dei procedimenti. La tardività dell’impugnazione, essendo una violazione fondamentale delle regole del processo, non ammette sanatorie. Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, ravvisando una colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale: nel processo, la forma è sostanza. Un ricorso tardivo è un atto giuridicamente inefficace, che non consente al giudice di pronunciarsi sulla fondatezza delle ragioni esposte. Il caso in esame serve da monito sulla necessità di una scrupolosa attenzione ai termini perentori stabiliti dalla legge. Perdere un’impugnazione per un ritardo di soli due giorni significa non solo precludersi la possibilità di far valere le proprie ragioni, ma anche esporsi a ulteriori sanzioni economiche. La diligenza e la precisione nel rispetto delle scadenze processuali sono, quindi, elementi imprescindibili per la tutela dei diritti.

Qual è il termine per presentare ricorso per cassazione contro un decreto in materia di misure di prevenzione?
La legge, specificamente l’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 159/2011, stabilisce un termine perentorio di dieci giorni dalla notifica del provvedimento.

Cosa accade se un ricorso viene presentato oltre il termine stabilito?
Se un ricorso viene presentato in ritardo (ricorso tardivo), la Corte di Cassazione lo dichiara inammissibile. Questo significa che i giudici non esamineranno il merito delle questioni sollevate, ma si fermeranno alla verifica del rispetto dei requisiti procedurali.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
In caso di inammissibilità, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se la Corte ravvisa profili di colpa nel causare l’inammissibilità, può condannare il ricorrente al pagamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di 3.000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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