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Ricorso tardivo: inammissibile l’impugnazione DASPO

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto contro l’ordinanza di convalida di un D.A.SPO. La decisione si fonda sul mancato rispetto del termine perentorio di 15 giorni per l’impugnazione. La Corte ha chiarito che un successivo provvedimento di correzione di errore materiale non riapre i termini, confermando che il ricorso tardivo comporta la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso tardivo: la Cassazione conferma l’inammissibilità dell’impugnazione

Il rispetto dei termini processuali è un pilastro fondamentale del sistema giudiziario. Un ricorso tardivo può vanificare le ragioni di un assistito, indipendentemente dalla loro fondatezza nel merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, dichiarando inammissibile l’impugnazione di un provvedimento di convalida di un D.A.SPO (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive) perché presentata oltre il termine di legge. Analizziamo la decisione per comprenderne le implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso: L’Ordinanza di Convalida del DASPO

Il caso ha origine da un’ordinanza del Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) che convalidava un D.A.SPO emesso dal Questore a carico di un individuo. Il provvedimento prevedeva, tra le altre cose, l’obbligo per il destinatario di presentarsi presso gli uffici di Polizia in occasione degli incontri di calcio di una determinata squadra.

L’ordinanza di convalida veniva notificata all’interessato il 24 gennaio 2024. Successivamente, il 22 marzo 2024, lo stesso giudice emetteva un provvedimento di correzione di errore materiale, specificando che la squadra di calcio e la sede di Polizia di riferimento erano diverse da quelle indicate nel primo atto.

L’Impugnazione Davanti alla Corte di Cassazione

L’interessato, tramite il suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione contro l’ordinanza di convalida, depositandolo il 21 marzo 2024. I motivi del ricorso si concentravano su due aspetti:

1. Contraddittorietà della motivazione: si sosteneva che il G.I.P. avesse imposto prescrizioni nuove e diverse rispetto a quelle richieste dal Questore.
2. Carenza di motivazione: si lamentava l’assenza di argomenti specifici per attribuire al ricorrente i comportamenti contestati, ritenendo insufficiente il semplice richiamo agli atti del Questore e a un frammento video.

La Decisione della Cassazione sul Ricorso Tardivo

La Corte di Cassazione, tuttavia, non è nemmeno entrata nel merito delle doglianze. L’attenzione dei giudici si è concentrata su un aspetto preliminare e dirimente: la tardività del ricorso.

La Centralità del Termine Perentorio

I giudici hanno rilevato che l’ordinanza di convalida era stata notificata il 24 gennaio 2024. Il ricorso, invece, era stato depositato il 21 marzo 2024, ben oltre il termine di 15 giorni previsto dall’art. 585 del codice di procedura penale. Questo termine è definito perentorio, il che significa che la sua violazione comporta la decadenza dal diritto di impugnare.

L’Irrilevanza della Correzione dell’Errore Materiale

La difesa ha implicitamente fatto leva sulla successiva ordinanza di correzione di errore materiale, ma la Corte ha smontato questa argomentazione. I giudici hanno chiarito che tale provvedimento, essendo stato emesso dopo la proposizione del ricorso stesso, era del tutto irrilevante. In ogni caso, la correzione di un mero refuso (come il nome della squadra o dell’ufficio di Polizia) non incide sulle condizioni di applicabilità della misura e, pertanto, non può riaprire i termini per l’impugnazione, già scaduti da tempo.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è puramente processuale. L’inammissibilità del ricorso è una conseguenza diretta del mancato rispetto di un termine stabilito dalla legge a pena di decadenza. La Corte sottolinea che l’esame dei motivi di ricorso diventa ‘ultroneo’, cioè superfluo, di fronte a un vizio procedurale così grave. La tardività dell’impugnazione impedisce al giudice di valutare se le ragioni del ricorrente siano fondate o meno. La decisione si basa su un’applicazione rigorosa dell’art. 616 del codice di procedura penale, che prevede la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende in caso di inammissibilità, quando non vi siano elementi per escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Le Conclusioni: Conseguenze Pratiche della Tardività

Questa ordinanza offre un importante monito sull’importanza cruciale del rispetto dei termini processuali. Un ricorso tardivo è destinato all’inammissibilità, con due conseguenze negative per il ricorrente: primo, la preclusione della possibilità di vedere esaminate le proprie ragioni nel merito; secondo, la condanna a sanzioni economiche. La decisione chiarisce inoltre che la correzione di errori materiali non sana una tardività pregressa né concede una nuova finestra temporale per l’impugnazione. Per gli operatori del diritto, questo caso rafforza la necessità di una gestione meticolosa delle scadenze processuali, che rappresentano il primo e insuperabile ostacolo per la tutela dei diritti.

Qual è il termine per impugnare un’ordinanza di convalida di un D.A.SPO?
Secondo la pronuncia, il ricorso deve essere proposto entro il termine perentorio di 15 giorni dalla notifica del provvedimento, come stabilito dall’art. 585 del codice di procedura penale.

Una successiva correzione di errore materiale riapre i termini per l’impugnazione?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che un provvedimento di correzione di errore materiale, soprattutto se successivo alla presentazione del ricorso, non ha alcuna rilevanza sui termini per l’impugnazione, che rimangono ancorati alla data di notifica del provvedimento originale.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso per tardività?
Comporta due conseguenze principali: l’impossibilità per il giudice di esaminare i motivi del ricorso nel merito e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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