Ricorso tardivo: la Cassazione ribadisce l’importanza dei termini processuali
Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. Il rispetto dei termini processuali non è una mera formalità, ma un pilastro fondamentale che garantisce la certezza dei rapporti giuridici e il corretto funzionamento della giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso tardivo presentato oltre il limite di 15 giorni. Questo caso offre uno spunto prezioso per comprendere le conseguenze irreparabili che possono derivare dal mancato rispetto delle scadenze legali.
I fatti del caso
La vicenda trae origine dalla richiesta di un uomo di ottenere un’equa riparazione per un periodo di custodia cautelare subito in relazione a un’accusa di concorso in incendio doloso. La Corte d’Appello competente aveva rigettato la sua domanda. Contro questa decisione, il difensore dell’uomo ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando sia la violazione di legge (nello specifico, dell’art. 314 c.p.p. sull’equa riparazione) sia vizi di motivazione da parte del giudice di secondo grado.
La questione giuridica: il ricorso tardivo e i termini perentori
Il fulcro della decisione della Suprema Corte non riguarda il merito della richiesta di equa riparazione, bensì un aspetto puramente procedurale: la tempestività dell’impugnazione. La legge, in particolare l’articolo 585, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale, stabilisce un termine preciso per impugnare i provvedimenti emessi all’esito di un procedimento camerale, come quello in esame. Tale termine è di 15 giorni.
La questione cruciale era quindi stabilire se il ricorso fosse stato presentato entro questo lasso di tempo, decorrente dalla notifica dell’avviso di deposito dell’ordinanza impugnata.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, con un’analisi chiara e lineare, ha ritenuto il ricorso inammissibile. I giudici hanno semplicemente verificato le date: l’avviso di deposito dell’ordinanza della Corte d’Appello era stato notificato in data 31 gennaio 2023. Di conseguenza, il termine di 15 giorni per impugnare scadeva a metà febbraio. Il ricorso, invece, era stato inviato tramite posta elettronica certificata (PEC) solo il 1° marzo 2023, ben oltre la scadenza prevista a pena di decadenza.
La Corte ha sottolineato che il mancato rispetto di questo termine perentorio rende l’impugnazione irrimediabilmente tardiva. Questa tardività, ai sensi degli articoli 585 e 591 del codice di procedura penale, comporta una declaratoria di inammissibilità. Tale sanzione processuale impedisce al giudice di entrare nel merito delle questioni sollevate dal ricorrente, bloccando di fatto ogni possibilità di revisione della decisione impugnata.
Le conclusioni
La decisione è un monito severo sull’importanza del rigore procedurale. Un ricorso tardivo non viene esaminato nel merito, indipendentemente dalla fondatezza delle ragioni addotte. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della decisione negativa della Corte d’Appello, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di quattromila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia evidenzia come la perizia e l’attenzione del difensore nel rispettare le scadenze siano essenziali per tutelare efficacemente i diritti del proprio assistito, poiché un errore procedurale può vanificare anche le migliori argomentazioni di merito.
Qual è il termine per impugnare un’ordinanza emessa in un procedimento camerale penale?
Il termine per impugnare un provvedimento emesso all’esito di un procedimento camerale è di 15 giorni, come stabilito dall’art. 585, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale.
Cosa succede se un ricorso viene presentato dopo la scadenza del termine?
Il ricorso è affetto da tardività e viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che il giudice non esaminerà le ragioni di merito dell’impugnazione e la decisione impugnata diventerà definitiva.
Da quando decorre il termine per l’impugnazione in questo caso specifico?
In questo caso, il termine di 15 giorni per proporre ricorso decorreva dalla data di notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento impugnato, avvenuta il 31 gennaio 2023.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8689 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8689 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROSSANO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/02/2022 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti,
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il difensore di COGNOME NOME ricorre avverso l’ordinanza della Corte di appello di Catanzaro che ha rigettato la proposta domanda di equa riparazione per la custodia cautelare dal predetto sofferta in relazione al delitto di concorso in incendio doloso.
Deduce violazione dell’art. 314 cod. proc. pen., nonché mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della condotta ostativa al riconoscimento della riparazione.
Il ricorso è tardivo e, perciò, inammissibile. Va ricordato che il termine per impugnare i provvedimenti emessi all’esito di procedimento camerale è pari a 15 giorni, ai sensi dell’art. 585, comma 1, lettera a), cod. proc. pen.; e che tale termine nella specie decorreva dalla notificazione dell’avviso di deposito del provvedimento impugnato, avvenuta in data 31/01/2023. Il ricorso è stato inviato a mezzo pec il 01/03/2023, ossia dopo lo spirare del termine per impugnare, previsto a pena di decadenza. Il ricorso è perciò affetto da tardività, con le conseguenze di cui al combinato disposto degli artt. 585 e 591 cod. proc. pen.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 14 dicembre 2023
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