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Ricorso tardivo: i termini per impugnare un sequestro

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso tardivo contro il sequestro di un cellulare. La sentenza chiarisce che il termine di 10 giorni per l’impugnazione decorre dalla conoscenza del provvedimento, non dal momento in cui si viene a conoscenza del contenuto del dispositivo. Poiché i motivi del ricorso riguardavano la legittimità dell’atto di sequestro in sé, andavano proposti entro i termini ordinari, senza attendere l’esito della perizia tecnica.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Tardivo: Quando Scadono i Termini per Impugnare il Sequestro di uno Smartphone?

La tempestività è un pilastro del diritto processuale. Presentare un’impugnazione oltre i termini previsti dalla legge può portare a una declaratoria di inammissibilità, vanificando ogni sforzo difensivo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione analizza proprio un caso di ricorso tardivo contro un sequestro probatorio di un cellulare, offrendo chiarimenti cruciali su quando inizia a decorrere il termine per agire.

Il caso: il sequestro di un cellulare e l’impugnazione

Nel corso di un procedimento penale militare, il Tribunale disponeva il sequestro del telefono cellulare di un soggetto terzo, sul quale erano presenti chat ritenute rilevanti per l’accertamento dei fatti contestati all’imputato. Il provvedimento veniva emesso durante un’udienza del 28 gennaio 2025, alla presenza dell’imputato stesso.

Contro tale ordine, l’imputato proponeva ricorso immediato per cassazione, sostenendo però che il termine per l’impugnazione non dovesse decorrere dalla data del provvedimento, ma da un momento successivo. Nello specifico, la difesa riteneva che l’interesse a impugnare fosse sorto solo il 10 marzo 2025, data in cui aveva avuto piena contezza del materiale sequestrato grazie al deposito della perizia tecnica sul dispositivo.

I motivi del ricorso: una questione di tempestività e legittimità

La difesa dell’imputato articolava il ricorso su diversi motivi, tra cui:

1. Violazione di legge: Si sosteneva che il sequestro fosse un atto tardivo, posto in essere per sanare una precedente acquisizione irrituale delle chat, già sanzionata con l’inutilizzabilità. In pratica, un tentativo di recuperare una prova altrimenti inutilizzabile.
2. Carenza di motivazione: La difesa lamentava che il cellulare sequestrato non fosse nemmeno lo stesso utilizzato originariamente per lo scambio di messaggi.
3. Violazione dei principi di proporzionalità: Si contestava il sequestro massivo di un’enorme mole di dati informatici, senza alcuna perimetrazione, in violazione del diritto alla riservatezza.

Il punto centrale, tuttavia, rimaneva la questione preliminare della tempestività del ricorso, da cui dipendeva la possibilità stessa per la Corte di esaminare il merito delle censure.

La decisione della Cassazione sul ricorso tardivo

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile proprio perché proposto oltre i termini di legge. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione delle norme che regolano l’impugnazione dei provvedimenti di sequestro.

Le motivazioni

Il cuore della pronuncia risiede nella determinazione del dies a quo, ossia del giorno da cui far decorrere il termine di dieci giorni per proporre ricorso. Secondo gli articoli 324 e 325 del codice di procedura penale, tale termine decorre dall’esecuzione del provvedimento o dalla diversa data in cui l’interessato ne ha avuto notizia.

Nel caso di specie, l’imputato era presente in udienza quando il sequestro è stato disposto, avendone quindi immediata conoscenza. La Corte ha chiarito che, in linea generale, il termine per impugnare un sequestro informatico decorre dall’apprensione del materiale (hardware e dati), non dalla successiva analisi del suo contenuto o dalla restituzione del dispositivo.

È vero, ammette la Corte, che l’interesse concreto a impugnare può sorgere in un momento successivo, ad esempio quando si viene a conoscenza del numero e della tipologia di dati effettivamente estratti. Tuttavia, spetta alla parte che propone il ricorso dimostrare che tale interesse è sorto solo in quel secondo momento.

In questa vicenda, tale dimostrazione è mancata. Le critiche mosse dall’imputato non riguardavano il contenuto delle chat emerse dalla perizia, ma la legittimità stessa dell’ordine di sequestro: la sua tardività, la sua finalità elusiva, l’oggetto sbagliato. Si trattava di doglianze che potevano e dovevano essere formulate fin da subito, senza alcuna necessità di attendere il deposito della perizia. Poiché l’imputato aveva avuto conoscenza del sequestro a fine gennaio, il termine di 10 giorni era ampiamente scaduto quando il ricorso è stato depositato a metà marzo.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: i termini processuali sono perentori e la loro decorrenza è legata alla conoscenza dell’atto da impugnare, non necessariamente alla piena comprensione di tutte le sue conseguenze. Chi intende contestare la legittimità di un sequestro probatorio deve agire tempestivamente. L’attesa del deposito di una perizia tecnica può essere giustificata solo se i motivi di impugnazione sono strettamente legati ai risultati di tale accertamento. In caso contrario, come in questa vicenda, il rischio concreto è quello di vedersi preclusa la via del riesame a causa di un ricorso tardivo.

Da quando decorre il termine di 10 giorni per impugnare un sequestro probatorio?
Di norma, il termine di dieci giorni decorre dall’esecuzione del provvedimento di sequestro o dalla data in cui l’interessato ne ha avuto effettiva conoscenza, come ad esempio la notifica o la presenza in udienza al momento della sua adozione.

È possibile far decorrere il termine per il ricorso da un momento successivo, come il deposito della perizia?
Sì, ma è un’eccezione che deve essere provata. L’interessato deve dimostrare che il suo concreto interesse ad impugnare è sorto solo in un secondo momento, ad esempio dopo aver conosciuto il tipo e la quantità di dati effettivamente estratti, e che non avrebbe potuto contestare il provvedimento prima.

Perché in questo specifico caso il ricorso è stato considerato tardivo?
Il ricorso è stato ritenuto tardivo perché i motivi di contestazione non riguardavano il contenuto del telefono (emerso dalla perizia), ma la legittimità dell’ordine di sequestro in sé (ad esempio, la sua tardività e finalità). Queste critiche potevano e dovevano essere sollevate immediatamente dopo aver avuto conoscenza del provvedimento, senza attendere l’esito degli accertamenti tecnici.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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