Ricorso tardivo: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità e le conseguenze economiche
Nel mondo del diritto, il tempo è un fattore cruciale. Il rispetto dei termini per presentare un’impugnazione non è una mera formalità, ma un requisito fondamentale per la validità stessa dell’atto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso tardivo e condannando il ricorrente a severe sanzioni economiche. Analizziamo questa decisione per comprendere le sue implicazioni pratiche.
I fatti del caso: un appello per ingiusta detenzione
Il caso nasce dalla richiesta di un cittadino di ottenere un indennizzo per ingiusta detenzione, ai sensi dell’art. 314 del codice di procedura penale. La sua domanda, tuttavia, era stata respinta dalla Corte d’Appello. Contro questa decisione, la difesa del cittadino ha proposto ricorso per Cassazione.
Il problema cruciale, però, non risiedeva nel merito della richiesta, ma nella tempistica della sua presentazione. L’ordinanza della Corte d’Appello era stata notificata tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) in data 12 settembre 2024, mentre il ricorso è stato depositato solo il 21 ottobre 2024, ben oltre il termine perentorio stabilito dalla legge.
La decisione della Cassazione sul ricorso tardivo
La Suprema Corte, senza nemmeno entrare nel merito della questione, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è stata presa con una procedura semplificata, nota come ‘de plano’, che non richiede un’udienza pubblica, ma si basa sull’esame degli atti.
La notifica via PEC e il calcolo dei termini
Il punto centrale della decisione è il mancato rispetto dei termini di impugnazione, disciplinati dall’articolo 585 del codice di procedura penale. La Corte ha verificato che, a partire dalla data di notifica del provvedimento impugnato (12 settembre 2024), il deposito del ricorso (21 ottobre 2024) era avvenuto fuori tempo massimo. La certificazione di avvenuta consegna sulla casella di posta elettronica del difensore costituisce prova legale della data di notifica, da cui decorrono i termini per l’impugnazione.
Le motivazioni: il mancato rispetto dei termini processuali
La motivazione della Corte è netta e si fonda su un principio cardine della procedura penale: la perentorietà dei termini. Il legislatore stabilisce scadenze precise per garantire la certezza del diritto e la ragionevole durata del processo. Presentare un ricorso tardivo significa violare una regola fondamentale che ne impedisce l’esame nel merito. La Corte ha applicato l’articolo 606, comma 3, del c.p.p., che prevede appunto l’inammissibilità per la tardività dell’impugnazione. Non sono stati riscontrati elementi che potessero giustificare il ritardo, come un caso fortuito o una forza maggiore, né si è ritenuto che la parte avesse agito senza colpa.
Le conclusioni: implicazioni pratiche e condanna alle spese
Le conseguenze di un ricorso inammissibile sono significative. In base all’articolo 616 del c.p.p., la Cassazione non si è limitata a respingere l’appello, ma ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria viene applicata quando non emergono elementi per ritenere che il ricorso sia stato proposto senza colpa. La decisione, citando una sentenza della Corte Costituzionale, sottolinea che chi avvia un’impugnazione deve farlo con la dovuta diligenza, soprattutto nel rispetto delle scadenze. Questo caso serve da monito sull’importanza di monitorare attentamente le notifiche e agire tempestivamente, per non vedere preclusa la possibilità di far valere le proprie ragioni in giudizio e per evitare pesanti conseguenze economiche.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene depositato oltre i termini stabiliti dalla legge?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione, ma si limita a constatare la violazione procedurale, chiudendo definitivamente il caso.
Quali sono le conseguenze economiche per chi presenta un ricorso tardivo?
La parte che presenta un ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in 4.000 euro.
Perché la Corte di Cassazione ha deciso il caso ‘de plano’, cioè senza udienza?
La Corte ha utilizzato la procedura ‘de plano’, prevista dall’art. 610, comma 5-bis del codice di procedura penale, perché la causa di inammissibilità (la tardività del ricorso) era evidente e non richiedeva alcuna discussione in udienza, permettendo così una decisione più rapida.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4516 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4516 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a LAMEZIA TERME il 13/07/1974
avverso l’ordinanza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
€113- te – a3A 44.0-63- udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Motivi della decisione
Nell’interesse di COGNOME PasqualeCOGNOME la difesa ha proposto ricorso per cassazione contro la ordinanza di rigetto della domanda di riconoscimento dell’indennizzo per ingiusta detenzione ex art. 314, cod. proc. pen.
Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, c.p.p., perché proposto oltre il termine di cui all’art. 585 co. 1 lett. a) e co. 2 lett. a), cod. pr pen., atteso che lo stesso è stato depositato in data 21.10.2024, a fronte di una notifica dell’ordinanza impugnata avvenuta in data 12.9.2024, come da attestazione di avvenuta consegna sulla casella di posta certificata.
La decisione in ordine alla inammissibilità del ricorso deve essere adottata “de plano”, siccome previsto dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen.
Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 4.000,00, non sussistendo elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte costituzionale sentenza 13 giugno 2000, n. 186).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 gennaio 2025
Il Consigliere estensore