Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22479 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22479 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso straordinario proposto da NOME NOMECOGNOME nato a Scafati il 15-02-1986, avverso la sentenza del 03-04-2024 della Corte di Cassazione; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
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RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME tramite il suo difensore e procuratore speciale, ha proposto il 23 ottobre 2024 ricorso straordinario in relazione alla sentenza n. 21039 del 3 aprile 2024, depositata il 29 maggio 2024, con cui la Quarta Sezione di questa Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la sentenza emessa a suo carico dal Giudice di Pace di Frosinone il 21 giugno 2023, con cui egli era stato condannato alla pena di 600 euro di multa, perché ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 590 cod. pen., commesso in Ceccano 1’8 febbraio 2020.
La difesa, in particolare, contesta la statuizione con cui il ricorrente è stato condannato al pagamento della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende, evidenziando che, in data 2 aprile 2024, vi è stata rinuncia al ricorso, per cui alcuna condanna pecuniaria sarebbe stata irrogabile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
In via preliminare, occorre richiamare la costante affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 29240 del 25/06/2018, Rv. 273193 e Sez. 3, n. 47316 del 01/06/2017, Rv. 271145), secondo cui l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.
Tale situazione non è ravvisabile nella vicenda in esame, in cui la Quarta Sezione di questa Corte, nel prendere atto della rinuncia al ricorso, ha evidenziato che alla declaratoria di inammissibilità del ricorso doveva far seguito la condanna del ricorrente al pagamento sia delle spese processuali, sia della sanzione pecuniaria ex art. 616 cod. proc. pen., nella misura di mille euro, “non essendo specificati i motivi della rinuncia” (cfr. pag. 3 della sentenza n. 21039 del 3 aprile 2024).
Non appare dunque configurabile alcun errore percettivo, ma una valutazione giuridica che la difesa non contesta e che in ogni caso pone l’odierna impugnazione al di fuori del perimetro applicativo tracciato dall’art. 625 bis cod. proc. pen.
Ne consegue che il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere dichiarato inammissibile, con onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che l’odierna impugnazione sia stata
presentata senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone infine che il ricorrente versi la somma, determinata in
via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26.02.2025