Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23145 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23145 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a NAPOLI il 10/01/1981
avverso la sentenza del 17/01/2025 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
sentito il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, limitatamente alla statuizione relativa all’annullamento agli effetti civili dei reati di cui ai capi 1,3 e 4 della sentenza della Corte di appello Palermo del 19 marzo 2024 emessa nei confronti del ricorrente;
sentiti i difensori:
Avv. NOME COGNOME per la parte civile, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso con condanna alle spese;
Avv. NOME COGNOME per il ricorrente, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 gennaio 2023, il Tribunale di Termini Imerese condannò NOME e NOME alle pene di giustizia ed al risarcimento del
-1
danno nei confronti della parte civile COGNOME NOME Salvatore in ordine ai reati di lesioni personali aggravate, falso ideologico, minaccia grave e calunnia commessi in data 25 gennaio 2016 (capi 1,2,3 e 4 della imputazione).
La Corte di appello di Palermo, su impugnazione degli imputati, con sentenza del 19 marzo 2024, in riforma della decisione di primo grado, aveva assolto gli imputati con la formula perché il fatto non sussiste, revocando le statuizioni civili. 3. La Corte di cassazione, Sesta sezione penale, su ricorso proposto dal Procuratore generale e dalla parte civile, con sentenza del 17 gennaio 2025, annullava senza rinvio agli effetti penali la sentenza della Corte di appello limitatamente ai reati di lesioni personali, minaccia e calunnia di cui ai capi 1,3 e 4, perché estinti per prescrizione; inoltre, annullava la sentenza, con rinvio per nuovo giudizio agli effetti civili in ordine a tutti i reati ed anche agli effetti p per il reato di falso di cui al capo 2, non ancora (Crescrittgi ritenuto prescritto alla data della pronuncia della Corte di cassazione.
Contro quest’ultima sentenza, l’imputato COGNOME NOME propone ricorso straordinario, deducendo che la Corte di legittimità sarebbe incorsa in un errore percettivo in ordine al calcolo del termine di prescrizione di anni sette e mesi sei, dal momento che, a fronte di reati commessi il 25 gennaio 2016, la causa estintiva, in assenza di sospensioni del termine, si era verificata il 25 luglio 2023 e non il 25 luglio 2024 così come indicato nella sentenza di legittimità.
La maturazione della prescrizione al 25 luglio 2023, era, pertanto, intervenuta non soltanto prima della sentenza di appello (emessa il 19 marzo 2024) con la quale l’imputato era stato assolto, ma anche prima che il Procuratore generale depositasse (in data 18 settembre 2024) il ricorso per cassazione avverso detta statuizione assolutoria.
Ne conseguirebbe che il ricorso del Procuratore generale avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile, essendo indirizzato a rimuovere un giudizio assolutorio che, con riguardo ai reati di cui ai capi 1,3 e 4, era divenuto definitivo quanto alla loro procedibilità, con la consequenziale perdita di interesse della parte pubblica. La Corte di cassazione, pertanto, non avrebbe potuto dichiarare i reati estinti per prescrizione senza procedere, preliminarmente, al vaglio di ammissibilità del ricorso del Procuratore generale.
L’inammissibilità del ricorso del Procuratore generale doveva rilevarsi a prescindere dal fatto che esso fosse diretto a rimuovere la decisione assolutoria per un reato non prescritto (quello di falso cui al capo 2), dal momento che si trattava di un reato in continuazione con quelli prescritti che, per questo, non interferiva in alcun modo con la valutazione di inammissibilità dei motivi inerenti a tali ultimi reati.
L’errore percettivo commesso dalla Corte di cassazione aveva avuto come conseguenza l’annullamento con rinvio agli effetti civili in ordine ai reati prescritti statuizione che non avrebbe dovuto essere adottata se il ricorso del Procuratore generale fosse stato dichiarato inammissibile, così come doveva essere per le ragioni prima chiarite.
Tanto giustificherebbe il ricorso straordinario, essendo stato il ricorrente pregiudicato dall’annullamento con rinvio, sia pure ai soli effetti civili, in ordin ai reati dichiarati prescritti di cui ai capi 1,3 e 4 e, per questo, legittimato a proposizione del mezzo straordinario di impugnazione previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.
Si dà atto che nell’interesse della parte civile sono state depositate memoria e note conclusive, con le quali è stata chiesta la declaratoria di inammissibilità o comunque il rigetto del ricorso con deposito di nota spese;
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto in carenza di interesse.
Deve premettersi che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. 2, n. 41782 del 30/09/2015, COGNOME, Rv. 265248-01).
Si deve aggiungere, per chiarire il concetto di “diversità” della decisione della Corte di cassazione dovuta ad errore materiale o di fatto, che non tutti gli errori di tal genere contenuti in una sentenza di legittimità giustificano il ricorso straordinario, ma soltanto quelli dai quali discende un effettivo e non meramente teorico pregiudizio per il condannato, che egli ha un concreto ed attuale interesse a rimuovere con il mezzo di impugnazione di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen.
Nel caso in esame, vero è che la Corte di cassazione è incorsa in una mera svista nell’indicare la maturazione del termine di prescrizione dei reati di cui ai capi 1,3 e 4 della imputazione al 25 luglio 2024 anziché al 25 luglio 2023.
Per inciso – ed in relazione a quanto dedotto dalla parte civile con la sua memoria – non si tratterebbe di una mera svista impugnabile con il rimedio all’esame ma di una valutazione giuridica non più sindacabile quand’anche errata, la mancata, adeguata considerazione, da parte della Corte di cassazione, di cause di sospensione del termine di prescrizione intervenute nel giudizio di merito.
E’ vero, altresì, in forza di quanto precisato, che la prescrizione di tali reati era intervenuta prima della sentenza di appello e non era stata eccepita o rilevata in quella sede.
Tuttavia, tale errore non ha comportato alcun pregiudizio concreto per il ricorrente.
Infatti, anche se la Corte di cassazione, come sostiene il ricorrente, avesse dichiarato l’inammissibilità del ricorso del Procuratore generale – per quanto inerente ai motivi che riguardavano i reati prescritti prima che la parte pubblica depositasse il suo atto di impugnazione avverso la sentenza di appello – ciò, sotto il profilo degli effetti civili correlati a tali reati, non avrebbe determinato nessu danno per l’imputato, che non lamenta nel ricorso altra lesione ai suoi interessi diversa da quella inerente alle statuizioni civili.
Il ricorso dimentica che, accanto alla impugnazione del Procuratore generale avverso la sentenza assolutoria di appello, vi era l’impugnazione della parte civile, per sua natura indifferente rispetto al maturamento della prescrizione dei reati intervenuto dopo la condanna di primo grado al risarcimento del danno.
Tale impugnazione – volta a rimuovere, ai soli effetti civili, la sentenza assolutoria di appello che aveva revocato le statuizioni civili adottate dal primo giudice essendo stata accolta a tutto campo dalla Corte di cassazione, avrebbe comunque comportato l’annullamento con rinvio della sentenza di secondo grado per un riesame di merito della vicenda inerente ai reati di cui ai capi 1,3 e 4 ai soli effetti civili, esattamente come è stato disposto attraverso la declaratoria di prescrizione adottata dal giudice di legittimità, con rinvio, per l’appunto, per un nuovo esame ai soli effetti civili con riguardo ai reati prescritti.
3. E’ il caso di sottolineare che le valutazioni fin qui svolte ineriscono solo ai reati dichiarati prescritti; rimane indenne – ed è da ritenersi esclusa anche dal perimetro del ricorso straordinario in scrutinio, per assenza, sul punto, di ogni errore materiale o di fatto – la statuizione di legittimità relativa al reato di fal di cui al capo 2, che non è stato ritenuto prescritto alla data della decisione della Corte di cassazione ed in ordine al quale, per questo, è stato disposto l’annullamento con rinvio per nuovo giudizio sia agli effetti penali che civili.
Tanto assorbe ogni altra argomentazione difensiva.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte civile, che liquida come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile COGNOME NOME COGNOME che
liquida in complessivi euro 3686,00 oltre accessori di legge.
Così deciso, il 16/05/2025.