Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38471 Anno 2024
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 04/10/2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38471 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Composta da
Presidente Relatore –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso straordinario proposto da:
NOME NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza n. 10870 del 02/02/2024 COGNOME Corte di Cassazione udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME che conclude per l’inammissibilità del ricorso, riportandosi alla requisitoria già depositata e notificata alle parti.
udito il difensore:
AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, in difesa di NOME, che conclude insistendo per l’accoglimento del ricorso straordinario;
AVV_NOTAIO NOME COGNOME, in difesa di NOME, che conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, la Quinta Sezione penale di questa Corte di Cassazione (Sez. 5, n.10870 del 2/02/2024, dep. il 14/03/2024) ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza COGNOME Corte d’appello di Roma del 6 giugno 2023 che aveva dichiarato inammissibile l’istanza di revisione COGNOME sentenza emessa dalla Corte d’Assise d’appello di Napoli in data 11/12/2019 con la quale era stato condannato per il concorso nell’omicidio di NOME COGNOME e dei connessi reati in materia di armi.
Propone ricorso straordinario ex art. 625bis cod. proc. pen. NOME COGNOME, a mezzo dei difensori e procuratori speciali AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che chiede la correzione dell’errore materiale relativo alla omessa risposta alle seguenti questioni, sollevate con il secondo motivo di ricorso:
nuova prova costituita ‘dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME‘;
nuova prova costituita ‘dall’attestazione del carcere di Novara relativa all’impossibilità di incontro tra il ricorrente e il collaboratore NOME COGNOME‘;
erronea affermazione secondo la quale ‘il collaboratore di giustizia COGNOME avesse riferito che anche NOME COGNOME fosse il mandante dell’omicidio’.
2.1. I difensori hanno depositato una memoria con la quale ulteriormente ribadiscono gli errori nei quali Ł incorsa la sentenza impugnata.
2.2. I difensori hanno depositato una memoria di replica alla memoria del Procuratore generale che opina per l’inammissibilità del ricorso straordinario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso straordinario Ł inammissibile.
1.1. Il rimedio Ł, in astratto, consentito dalla giurisprudenza di legittimità; si Ł chiarito che «il ricorso straordinario di cui all’art. 625bis cod. proc. pen. può essere proposto dal condannato anche per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza con cui la Corte di cassazione dichiara inammissibile o rigetta il ricorso contro la decisione COGNOME Corte d’appello che, a sua volta, abbia dichiarato inammissibile ovvero rigettato la richiesta di revisione dello stesso condannato» (Sez. U, n. 13199 del 21/07/2016 – dep. 2017, Nunziata, Rv. 269788 – 01, ha osservato che la nozione di “condannato” ricomprende anche il soggetto titolare COGNOME facoltà di chiedere la revisione COGNOME condanna, in quanto il rigetto o la dichiarazione di inammissibilità del ricorso contribuisce alla “stabilizzazione” del giudicato).
Deve preliminarmente darsi atto che il ricorso non contesta la corretta enunciazione nella sentenza, ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., degli originari motivi di ricorso, mentre ne lamenta il parziale mancato esame.
2.1. Segnatamente denuncia l’errore materiale in cui sarebbe incorsa la Corte di legittimità nel mancato esame del secondo motivo di ricorso formulato dai ridetti difensori nell’interesse di COGNOME.
Il motivo, i motivi aggiunti e le memorie vengono così riportati nella sentenza impugnata: «4. Con il secondo, ampio, motivo, Ł dedotta erronea applicazione dell’art. 110 cod. pen, in relazione agli artt. 575 e 411 cod. pen. nonchØ in relazione agli artt. 192, 630 lett. a) e c) e 637 cod. proc. pen. 4.1. Con una prima doglianza Ł attinto il profilo COGNOME sentenza impugnata che ha ritenuto insussistente il denunciato contrasto di giudicato dolendosi il ricorrente che la sentenza impugnata avrebbe pretermesso la valutazione COGNOME portata decisiva degli elementi di contrasto dedotti. Al di là dell’inconferente richiamo alla circostanza che la sentenza assolutoria nei confronti del coimputato NOME COGNOME fosse nota alla Corte di assise di appello di Napoli, pronunciatasi nei confronti di NOME COGNOME, si evidenziano le ragioni COGNOME diversa ricostruzione dei fatti proveniente dalle due sentenze, in specie con riguardo al ruolo apicale nel RAGIONE_SOCIALE COGNOME, assunto a seguito COGNOME detenzione del suo vertice storico, NOME COGNOME, padre di NOME e NOME. Invero, nell’assolvere NOME COGNOME (per la inidoneità del contenuto dichiarativo dei collaboratori di giustizia a sorreggere la affermazione di responsabilità), la Corte di assise di appello di Napoli aveva sottolineato la diretta incidenza COGNOME volontà personale di NOME COGNOME, quale mandante dell’omicidio, essendo stato riconosciuto il ruolo di comando da lui assunto, dopo l’arresto del genitore, nell’ambito COGNOME associazione di appartenenza, come accreditato dalle indagini di polizia giudiziaria. Diversamente, la sentenza COGNOME Corte di assise di appello di Napoli nei confronti di NOME COGNOME ha ritenuto che NOME COGNOME avrebbe operato solo come veicolo del mandato omicidiario proveniente dal fratello NOME, detenuto in carcere, quest’ultimo ritenuto “reggente del RAGIONE_SOCIALE“, che sovraintendeva anche alla
pianificazione e all’attuazione dell’ordine di morte riguardante lo COGNOME. 4.1.1. D’altro canto, le due sentenze finivano per risultare in disaccordo anche con riguardo alla individuazione del momento deliberativo dell’omicidio, con ricadute sull’apporto decisionale del ricorrente nell’attentato allo COGNOME. Invero, mentre nel giudizio a carico di NOME COGNOME non si era riusciti a individuare il momento in cui il ricorrente avrebbe prestato il suo appoggio alla decisione omicidiaria, le sentenze emesse nel giudizio a carico del fratello NOME hanno, invece, fatto riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno affermato di essere stati presenti al momento del conferimento del mandato di omicidio impartito da NOME COGNOME, e nelle fasi successive alla realizzazione del crimine. Su tale punto la sentenza impugnata non ha replicato, così come nulla dice in merito alla ulteriore circostanza, dedotta nell’istanza di revisione, COGNOME esistenza di due procedimenti a carico di NOME COGNOME per due duplice omicidi, commessi pochi mesi dopo l’assassinio di NOME COGNOME, dai quali emerge il ruolo primario assunto da NOME nell’ambito dell’omonimo RAGIONE_SOCIALE, cosicchŁ – assume la Difesa – risulta inverosimile che, in tale breve lasso temporale, si fosse avuta una trasmigrazione del ruolo di vertice da NOME a NOME COGNOME. 4.2. Altro tema introdotto con l’istanza di revisione Ł quello relativo alla presenza di prove nuove che, nell’ottica difensiva, avrebbero la capacità di portare a una revisione COGNOME condanna, in merito alle quali si lamenta l’inesistenza di un idoneo apparato argomentativo nella sentenza impugnata. Tre le direttrici lungo le quali si snoda la prospettazione difensiva: a) Sconfessare l’esistenza di un incontro tra NOME COGNOME e il fratello NOME ovvero con il cugino NOME COGNOME o con la madre NOME COGNOME, ritenuti decisivi dai giudici per creare il collegamento concorsuale del ricorrente con il germano, propedeutico al mandato omicidiario. Sul punto, si fa riferimento ai tabulati dei colloqui presso il carcere, tenuti da NOME COGNOME e NOME COGNOME, che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto non costituire elementi nuovi in quanto già prodotti dinanzi alla Corte di cassazione che, però, non Ł giudice del merito. Parimenti erronea la valutazione COGNOME inutilità di tale documentazione, laddove la sentenza impugnata riconduce alla moglie dell’imputato il ruolo di emissaria delle direttive impartite dal carcere da NOME COGNOME, senza preoccuparsi di confutare il contenuto COGNOME allegazione documentale, dalla quale emerge che alcun colloquio vi fu, in carcere, prima dell’omicidio, tra NOME COGNOME e il fratello NOME, nØ il ricorrente incontrò NOME COGNOME o il cugino NOME COGNOME, e neppure la madre. Colloqui visivi erano, infatti, intervenuti solo tra NOME COGNOME e i nipoti NOME COGNOME e NOME COGNOME, co-esecutori dell’omicidio. Del tutto illegittima la tesi COGNOME Corte di appello, che ha individuato nella moglie del ricorrente la emissaria del marito, circostanza mai riferita da alcun collaboratore di giustizia, non emersa nelle diverse sentenze di merito, e neppure prospettata dall’Accusa. b) Smentire il contenuto delle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME in merito alla riferita “confessione” dell’omicidio da parte del ricorrente, che sarebbe stata da lui raccolta durante una comune detenzione con NOME COGNOME nell’anno 2011 nel carcere di Novara. Sul punto, la difesa richiama la dichiarazione COGNOME Casa circondariale, nella quale si attesta che i due detenuti – in regime di 41 bis O.P. – non avevano mai effettuato la socialità nello stesso gruppo. D’altro canto, la sentenza di appello non indica il momento COGNOME comune detenzione in cui i detenuti avrebbero intrattenuto il presunto colloquio e neppure motiva sulle modalità di comunicazione da parte di reclusi allocati nella sezione speciale. e) Dimostrare la veridicità dell’assunto difensivo in merito all’assenza di poteri direttivi di NOME COGNOME, attraverso il richiamo alle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME. Il riferimento Ł a quanto riferito nell’interrogatorio del 14 marzo 2022, circa il ruolo indiscusso di vertice ricoperto nel periodo dell’omicidio di NOME COGNOME da NOME COGNOME, l’unico che avrebbe potuto impartire ordii dal carcere; nonchØ alla sottoposizione di NOME COGNOME ad altri soggetti, nella scala gerarchica del RAGIONE_SOCIALE. 5. Con successiva memoria i difensori del ricorrente hanno formulato un motivo nuovo, deducendo violazione ed erronea applicazione dell’art. 110 cod. pen., in relazione agli artt. 575 e 637 cod. proc.
pen., ai sensi dell’art. 606, comma I, lett. b) ed e), cod. proc. pen. Sostengono, evocando l’approdo delle Sezioni Unite ‘Pisano’, che la Corte di appello di Roma ha erroneamente interpretato i limiti del giudizio di ammissibilità dell’istanza di revisione, anticipando nel primo segmento di tale procedimento, avente struttura bifasica, temi decisori strutturalmente demandati al momento successivo, ossia all’esito COGNOME procedura caratterizzata dal contraddittorio di cui all’art. 636 cod. proc. pen. In particolare, ci si riferisce al punto in cui la sentenza impugnata ha sostenuto che “gli elementi negativi” dedotti dal ricorrente fossero insufficienti a dimostrare la sua innocenza e nemmeno idonei a fare insorgere un ragionevole dubbio circa la sua colpevolezza. 5.1. Si lamenta, inoltre, che, erroneamente, la Corte di appello avrebbe ritenuto che le nuove prove non costituiscano novum ex art. 630 comma 1 lett. C) c.p.p., in quanto prodotte tardivamente, trattandosi, invece, di documenti scoperti successivamente alla sentenza di secondo grado, e mai valutati nel giudizio di cognizione, neppure dal giudice di legittimità, dinanzi al quale vennero prodotte al fine di dimostrare che la Corte di Assise di Appello, in sede di rinnovazione dibattimentale, avrebbe dovuto d’ufficio acquisire i tabulati dei colloqui carcerari per verificare il dato dichiarativo dei c.d.g. In ogni caso, dinanzi alla Corte di cassazione, non erano stato prodotti nØ l’attestazione del carcere di Novara relativa al presunto incontro tra il ricorrente e il c.d.g. NOME nØ le dichiarazioni del c.d.g. COGNOME NOME. 7. La difesa ricorrente ha replicato alle deduzioni del Procuratore Generale, sostenendo che il mandato omicidiario fosse stato conferito 1’11 agosto 2006 da NOME COGNOME al nipote COGNOME NOME, il quale lo aveva comunicato a NOME COGNOME, e agli altri soggetti presenti a Palazzo Fienga. Tale dato probatorio viene ricostruito attraverso l’analisi congiunta delle dichiarazioni dei c.d.g. con le prove documentali rappresentate dai tabulati carcerari, e con la posizione giuridica dei propalanti, oltre che in base alla circostanza inconfutabile che NOME COGNOME non aveva effettuato colloqui con il fratello NOME, con la madre, con i cugini. Un corretto percorso valutativo delle nuove prove avrebbe dovuto far dichiarare ammissibile il ricorso, al fine di verificare (anche attraverso l’escussione di COGNOME NOME) se effettivamente NOME avesse materialmente il potere e la facoltà di decidere l’omicidio, ovvero se fosse stato solo il padre NOME a conferire il mandato omicidiario».
Ciò premesso, il Collegio rileva che la sentenza impugnata anche per mezzo del richiamo al provvedimento di inammissibilità dell’istanza di revisione pronunciato dalla Corte d’appello di Roma e alla sentenza di legittimità (Sez. 1, n. 12703 – dep. 2022, del 4/11/2021) che aveva rigettato il ricorso avverso la decisione di condanna pronunciata dal giudice di merito ha esaminato, con ampia e completa motivazione, tutte le doglianze difensive, pur versate in modo alluvionale in numerosi scritti, senza omettere l’esame dei punti indicati dalla difesa nell’odierno ricorso straordinario, in disparte le censure non consentite che il ricorso tenta nuovamente di introdurre in questa sede.
3.1. Va, in proposito, sottolineato che Sez. 1, n. 12703, cit., non Ł stata oggetto di impugnativa straordinaria, sicchØ, ove risulti che le questioni oggi agitate siano state proposte in detta sede, Ł evidente che non sono piø riproponibili sotto le mutate spoglie del ricorso straordinario avverso la decisione di legittimità che dichiara inammissibile il ricorso avverso la declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione che su tali elementi si poggia.
Dalla verifica dei motivi di ricorso proposti avverso la decisione di merito (sentenza in data 11/12/2019 COGNOME Corte di Assise di appello di Napoli) emerge la sostanziale identità delle questioni oggi agitate con quelle già promosse in quella sede, salvo quanto si dirà in seguito.
Infatti, Sez. 1, n. 12703, cit., aveva così sintetizzato i motivi di ricorso: «4.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen. con riferimento all’ordinanza del
9/10/2019 con cui Ł stata disposta la rinnovazione dibattimentale, nonchØ la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità COGNOME motivazione. il ricorso rileva che, nel caso in esame, la Corte territoriale avrebbe basato la propria decisione sulla rivalutazione delle dichiarazioni rese dai collaboratori, le quali nulla avrebbero aggiunto all’istruttoria svolta in primo grado e alle quali essa avrebbe attribuito soltanto una maggiore forza logica, senza però dimostrare che NOME COGNOME avesse realmente ricevuto la «imbasciata» dal fratello detenuto. 4.2.1. Inoltre, la Corte del merito non avrebbe ritenuto decisiva la deposizione di NOME COGNOME, valorizzata dal primo Giudice per avanzare il dubbio che NOME COGNOME millantasse di aver ricevuto l’ordine dal fratello; nØ avrebbe ritenuto di escutere, quale teste di riferimento delle dichiarazioni di NOME COGNOME, NOME COGNOME, il quale, se convocato, avrebbe potuto chiarire se, effettivamente, NOME COGNOME gli avesse dato l’ordine di commettere l’omicidio. 4.2.2 Sotto altro profilo, la difesa critica che l’apporto dichiarativo di COGNOME sia stato neutralizzato sul rilievo che egli, essendo appena entrato a far parte del RAGIONE_SOCIALE, non potesse essere a conoscenza delle dinamiche interne e dei ruoli rivestiti dagli affiliati, laddove il primo Giudice lo aveva, invece, ritenuto attendibile, soggiungendo che era soggetto intraneo al gruppo e che riferiva fatti vissuti direttamente. Pertanto, se NOME COGNOME non gli aveva raccontato di avere ricevuto dal fratello il mandato di uccidere COGNOME, ciò sarebbe derivato dal fatto che il collaboratore non aveva bisogno di millantare con lui il previo assenso del germano per consumare l’omicidio, posto che COGNOME non avrebbe fatto alcuna obiezione alla deliberazione delittuosa assunta. E circa il carattere irruento di NOME COGNOME, riferito dal collaboratore, esso sarebbe confermato dal fatto che COGNOME si era recato, nell’immediatezza delle percosse agite nei confronti di NOME junior, sotto l’abitazione del figlio di NOME COGNOME, NOME, esplodendo alcuni colpi di arma da fuoco; nonchØ dal fatto che gli emissari del RAGIONE_SOCIALE avversario, mandati per trovare una soluzione accomodante, avevano chiesto a NOME di non essere impulsivo nelle sue decisioni. 4.2.3. Quanto alla possibilità di NOME COGNOME di impartire ordini agli affiliati dal carcere, la sentenza impugnata, oltre a richiamare le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia, secondo cui egli aveva impartito un preciso ordine in tal senso (COGNOME, COGNOME e COGNOME), evidenzierebbe la prossimità tra l’omicidio di COGNOME e le comunicazioni inviate dal carcere accertate nel processo per l’associazione camorristica, quando NOME era detenuto in Sardegna. Tuttavia, mentre l’omicidio di COGNOME Ł avvenuto nell’agosto 2006, gli accertamenti svolti nel processo per associazione di stampo camorristico risalirebbero al febbraio maggio 2007. Inoltre, proprio il rinvenimento di un ‘pizzino’, scritto da NOME COGNOME e diretto al fratello, potrebbe essere ritenuto indicativo del fatto che i controlli in carcere fossero talmente efficaci da non consentire il consolidarsi di un sistema di trasmissione all’esterno delle volontà del capo, non avendo i collaboratori riferito l’uso di ‘COGNOME‘ nel caso dell’omicidio di NOME COGNOME. La Difesa lamenta, ancora, sotto il profilo COGNOME violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. per mancata acquisizione di una prova decisiva, l’omesso accertamento COGNOME identità delle persone che, tra febbraio e agosto 2006, si erano recate a colloquio in carcere con NOME COGNOME, ovvero, secondo le verifiche COGNOME difesa, la moglie, NOME COGNOME, e il figlio NOME, con ciò smentendosi che l’imputato avesse effettuato colloqui con il fratello o con NOME COGNOME, il quale avrebbe riferito del colloquio ad NOME COGNOME. In questo modo, sarebbe stata confermata la fondatezza COGNOME tesi accolta dal primo Giudice, secondo cui non era stato dimostrato che NOME COGNOME aveva ricevuto l’ordine di uccidere COGNOME dal fratello detenuto. La certificazione rilasciata dal carcere di Nuoro sarebbe un ‘nuovo documento’, non prodotto nei giudizi di merito, acquisibile in quanto l’interessato non era stato in grado di esibirla nei precedenti gradi di giudizio. Essa, invero, non costituirebbe ‘nuova prova’ (attenendo a fatti temporalmente precedenti alla formazione e al rilascio COGNOME stessa ed essendo assimilabile a qualsiasi certificazione relativa alle condizioni personali dell’imputato) e non richiederebbe, quale certificato proveniente da un pubblico ufficiale, alcun apprezzamento sulla sua validità formale, nØ
sulla ‘sua efficacia nel contesto delle prove già raccolte e valutate dai giudici di merito’. In ogni caso, sarebbe stato dovere del Pubblico ministero e dei Giudici di appello disporre di ufficio tale accertamento, sicchØ la produzione del certificato sarebbe finalizzata soltanto a censurare il ‘comportamento processuale’ COGNOME Corte di assise di appello. 4.2.4. Quanto a NOME COGNOME, assolto dall’accusa di essere il mandante dell’omicidio con sentenza definitiva COGNOME Corte di assise di appello di Napoli in data 16/6/2015, la sentenza oggi impugnata avrebbe ritenuto, da un lato, che il dirigente di un’associazione criminale non sarebbe, per ciò solo, responsabile di ogni omicidio riferibile al sodalizio e, dall’altro lato, che le difformità tra le versioni di COGNOME, COGNOME e COGNOME sarebbero tali da legittimare seri dubbi circa l’autenticità delle conoscenze prospettate. La Corte territoriale, nel censurare la pronuncia assolutoria, riterrebbe e comunque che NOME COGNOME sia stato colui che aveva veicolato all’esterno del carcere il messaggio di morte ricevuto dal fratello, sicchØ resterebbe confermato, anche per questa via, che la fonte dalla quale i collaboratori avevano appreso del mandato omicidiario conferito da NOME COGNOME sarebbe stato, in ogni caso, soltanto il fratello NOME. 6. In data 15/6/2021 Ł pervenuta una memoria, a firma degli avvocati COGNOME e COGNOME, contenente «motivi nuovi e aggiunti», con cui si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 192, 533, comma 1, 603, 604, 605 cod. proc. pen., in relazione agli artt. 111 Cost. e 6 Cedu. La sentenza di secondo grado non assolverebbe all’obbligo di motivazione rafforzata, avendo la Corte territoriale censurato solo formalmente il percorso logico-argomentativo seguito nella sentenza assolutoria, imperniando la decisione sulle dichiarazioni dei collaboratori, già in possesso del primo Giudice e solo diversamente valutate, senza esprimere la necessaria ‘forza persuasiva superiore rispetto alla pronuncia assolutoria’, senza evidenziare le oggettive insufficienze di quest’ultima e senza confutarne, in modo specifico, le argomentazioni. Inoltre, il Giudice di appello non avrebbe tenuto conto delle incongruenze delle dichiarazioni dei collaboratori, le quali, relativamente al conferimento del mandato, sarebbero state assemblate senza la necessaria verifica di certezza, conferenza, gravità e precisione degli indizi, che deve precedere la sintesi finale. Nessuno dei collaboratori avrebbe assistito al conferimento del mandato e tutti individuerebbero come fonte COGNOME propria conoscenza NOME COGNOME. La condanna di NOME COGNOME verrebbe fatta discendere dal riconoscimento del suo ruolo di vertice dell’associazione, obliterando sentenze che ne individuerebbero il capo nel solo NOME COGNOME, come riconosciuto anche nel giudizio di appello. Sotto altro profilo, si ribadisce che la chiamata in correità o in reità de relato, non asseverata dalla fonte diretta e riscontrata unicamente da altra o altre chiamate di analogo tenore, non avrebbe una reale idoneità probatoria. Quanto, poi, al colloquio in carcere nel corso del quale NOME COGNOME avrebbe ricevuto dal fratello l’ordine di uccidere, l’Ufficio matricola COGNOME Casa circondariale di Nuoro avrebbe certificato che i due non si erano incontrati nel periodo compreso tra il febbraio e l’agosto 2006, avendo NOME COGNOME effettuato colloqui solo con la moglie e i figli e mai con il fratello o con NOME COGNOME. L’omessa acquisizione COGNOME certificazione rileverebbe anche quale violazione dell’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen. trattandosi di una prova decisiva documentale, facilmente reperibile ma non acquisita dalla Corte di merito. Infine, la Corte di appello, non considerando l’assoluzione di NOME COGNOME quale mandante dell’omicidio di COGNOME per non aver commesso il fatto, lo avrebbe qualificato come il ‘veicolatore del mandato di morte proveniente dai capi detenuti e da NOME COGNOME in particolare’, precisando che egli ‘aveva avuto colloqui in carcere con il fratello’, pur non essendoci la certezza, non essendo state verificate le modalità con cui egli sarebbe venuto a conoscenza COGNOME volontà del germano, che tale incontro vi sia realmente stato. E anche le dichiarazioni dei collaboratori, secondo cui l’uccisione di COGNOME era stata determinata dalla volontà di NOME COGNOME di rompere la pax mafiosa, non considererebbero che essa era già venuta meno all’indomani COGNOME reazione di NOME COGNOME contro l’abitazione di NOME COGNOME, tanto che il gruppo RAGIONE_SOCIALE ne
meditava l’eliminazione. 7. In data 16/6/2021 Ł pervenuta in Cancelleria altra memoria, a firma degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di fiducia di NOME COGNOME, con la quale essi hanno depositato copia del prospetto dei colloqui effettuati da NOME COGNOME dal gennaio al dicembre 2006, da cui risulterebbe che in data 11/8/2006 (tre giorni prima del delitto) egli aveva effettuato un colloquio con NOME COGNOME nel carcere di Biella, con ciò dimostrandosi le falsità delle dichiarazioni di COGNOME, secondo cui la decisione di uccidere COGNOME gli sarebbe stata comunicata da NOME COGNOME dopo un colloquio con NOME COGNOME. Quest’ultimo, tuttavia, non avrebbe mai effettuato colloqui con COGNOME, secondo la certificazione rilasciata dalla Casa circondariale di Nuoro, prova decisiva pretermessa dalla Corte di assise di appello, la quale, non avendo richiesto tale certificazione, sarebbe incorsa nella violazione dell’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen. 8. In data 18/6/2021 Ł pervenuta in Cancelleria una ulteriore memoria contenente motivi aggiunti a firma dell’AVV_NOTAIO, con la quale si deducono due distinti profili di censura, attinenti, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., alla violazione degli artt. 191 e 192 cod. proc. pen. con riferimento alla mancanza di autonomia genetica delle chiamate de relato, che deriverebbero dalla stessa fonte di informazione, individuabile in NOME COGNOME, nonchØ alla contraddittorietà e incongruità COGNOME motivazione per travisamento delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. La sentenza impugnata, affermando che i collaboratori avrebbero appreso del mandato omicidiario di NOME da fonti diversificate, incorrerebbe in un travisamento COGNOME prova. NOME COGNOME, all’udienza del 16/10/2019 dinanzi alla Corte di assise di appello, non riferirebbe affatto che NOME COGNOME era andato a colloquio con NOME COGNOME, ma preciserebbe di non sapere se fosse andato da quest’ultimo o dal padre NOME. Pertanto, la Corte avrebbe dovuto, in virtø dell’obbligo di motivazione rafforzata, disporre l’acquisizione del prospetto dei colloqui effettuati in carcere da NOME e NOME nel periodo di riferimento, considerato che la produzione dei relativi documenti avrebbe dimostrato che NOME COGNOME aveva effettuato il colloquio con NOME e non con NOME. Quanto al racconto dei fratelli NOME, NOME COGNOME, all’udienza del 16/10/2019 dinanzi alla Corte di assise di appello (cfr. pag. 22 e ss. del verbale), avrebbe riferito che costoro avevano saputo dal NOME COGNOME dell’ordine impartito dal fratello dal carcere, sicchØ si sarebbe in presenza di un doppio de relato, che renderebbe il significato probatorio ancor piø evanescente, impedendo di verificare la genuinità COGNOME relativa informazione. E anche nel caso delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME, secondo cui NOME COGNOME gli avrebbe riferito di avere appreso dalla madre di NOME COGNOME, NOME NOME, del conferimento del mandato omicidiario, la Corte territoriale, per assolvere all’obbligo di motivazione rafforzata, avrebbe dovuto acquisire i prospetti dei colloqui in carcere di NOME, avendo la certificazione prodotta dalla Difesa dimostrato che la donna, nel periodo considerato, non avrebbe effettuato il colloquio con il figlio. 9. In data 20/10/2021, gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato una nuova memoria difensiva deducendo «considerazioni in tema di motivazione rafforzata in relazione al secondo motivo di ricorso e conseguenti ripercussioni sulla motivazione COGNOME sentenza». Il Giudice di primo grado aveva basato l’assoluzione di NOME COGNOME sulla circostanza che il fratello avesse millantato di avere da lui ricevuto il mandato di uccidere COGNOME, sicchØ, al fine di rispettare l’obbligo di motivazione rafforzata, i Giudici di appello avrebbe dovuto verificare se, in quel periodo, NOME COGNOME avesse incontrato in carcere il fratello e, non avendovi provveduto, avrebbero violato l’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., tanto piø che dal certificato di detenzione di NOME e NOME sarebbe emerso che il primo, in quel periodo, non aveva effettuato colloqui con il fratello, con NOME COGNOME e con la madre, NOME COGNOME; e che gli ultimi due avevano incontrato il solo NOME COGNOME. 10. In data 25/10/2021, gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno depositato un’altra memoria, unitamente alla quale hanno prodotto la sentenza COGNOME Corte di assise di appello di Napoli
pronunciata nei confronti di NOME COGNOME, ormai passata in giudicato, il cui accertamento contrasterebbe con quanto affermato nella pronuncia oggetto dell’odierno ricorso. Infatti, la Corte di appello di Napoli, nell’assolvere NOME COGNOME dai reati ascrittigli, avrebbe valorizzato le contraddizioni, le plurime difformità emergenti nel narrato dei dichiaranti, oggetto di censura da parte COGNOME difesa di NOME COGNOME e che la Corte di assise di appello avrebbe tralasciato, non rispettando l’obbligo di motivazione rafforzata e omettendo di argomentare circa la corrispondenza tra le emergenze istruttorie acquisite nel giudizio di secondo grado e le altre fonti di prova, in specie nella parte in cui la sentenza sosterrebbe che NOME COGNOME era stato il ‘veicolatore del mandato di morte proveniente dai capi detenuti e da NOME COGNOME in particolare’ ricevuto in occasione dei colloqui in carcere con il fratello, non essendosi proceduto ad alcun accertamento del fatto che il colloquio tra i due germani vi fosse stato ed essendoci, anzi, la certezza che esso non vi fu».
3.2. Orbene, la decisione oggi impugnata con il ricorso straordinario ribadisce il giudizio di inammissibilità delle questioni concernenti il ruolo di NOME COGNOME e il rapporto esistente con il fratello in senso al RAGIONE_SOCIALE, dal quale vorrebbe farsi discendere l’impossibilità che NOME COGNOME abbia concorso a conferire il mandato omicida, giustamente liquidando la questione alla stregua non già COGNOME paventata inconciliabilità tra giudicati dipendente dalla incompatibilità tra fatti storici, ma piuttosto sulla diversa valutazione giudiziaria COGNOME responsabilità di diversi imputati (Sez. 1, n. 8419 del 14/210/2016 – dep. 2017, Mortola, Rv. 269757; Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, COGNOME, Rv. 283317).
Il provvedimento oggi impugnato sottolinea, compiendo una valutazione in diritto COGNOME doglianza prospettata, dunque estranea al perimetro dell’art. 625bis cod. proc. pen., che «l’elemento indicato dal ricorrente – peraltro, non sempre rappresentato con coerenza dalla stessa Difesa – circa il primario prestigio di cui avrebbe goduto NOME COGNOME, in costanza COGNOME detenzione del suo capoRAGIONE_SOCIALE indiscusso, il padre NOME COGNOME, affermato nella sentenza che lo ha assolto, per un verso, costituisce il portato finale di una operazione valutativa del Giudice, che nulla ha a che fare con l’entità dei fatti storici giudicati; dall’altro, si osserva come la leadership di NOME non sia inconciliabile, nØ sul piano logico nØ su quello storico, con la circostanza che il fratello NOME abbia assunto una concorrente posizione verticistica nell’ambito del medesimo RAGIONE_SOCIALE familiare, e con la possibile ideazione e volontà dell’omicidio, tanto piø che il movente dell’omicidio Ł stato ricostruito con riferimento a un contrasto che la vittima aveva avuto proprio con il figlio di NOME».
Il provvedimento impugnato, poi, soggiunge che non «ha pregio alcuno il rilievo difensivo relativo a! momento deliberativo dell’omicidio, ricostruito dalla difesa con il richiamo a fonti probatorie assunte nell’ambito dell’altro giudizio, che dimostrerebbero che la decisione di uccidere lo COGNOME fu di NOME NOME; trattasi, invero, di fonti ritenute inattendibili dalla Corte d’assise che, infatti, ha assolto il predetto NOME. In realtà la difesa svolge argomentazioni volte a contestare la condanna dell’imputato, sul rilievo che la affermazione di responsabilità non troverebbe legittimazione su un accertamento rigoroso di un suo contributo concorsuale effettivo, così tentando di accreditare una diversa ricostruzione dei fatti che attribuisca a NOME COGNOME – tuttavia assolto in via definitiva dalla relativa imputazione – la responsabilità dell’omicidio; trattasi, tuttavia, di modalità non consentite in sede di revisione del giudicato, che rappresenta uno strumento impugnatorio eccezionale, subordinato alle condizioni e finalità tassativamente indicate dalla legge. La pretesa rivalutazione del compendio probatorio già acquisito trova un suo limite nel quid novi in grado di giustificare il rimedio straordinario COGNOME revisione del giudicato, mentre qui si propugna, anche impropriamente ripercorrendo, e finanche sovrapponendoli, argomenti e valutazioni dibattuti e già risolti, una non consentita rilettura di quanto deciso nel processo già celebrato, che, invece, in assenza di elementi nuovi dotati di efficacia dimostrativa tale da produrre un ribaltamento decisorio,
devono essere mantenuti».
3.3. Il ricorso straordinario e le memorie si profondono, nuovamente, nel sostenere la tesi già ampiamente sviluppata e giudicata infondata dai giudici di merito, da quelli COGNOME revisione, nonchØ giudicata infondata e, poi, inammissibile dalla Corte di legittimità.
Non vi Ł, dunque, alcun errore di fatto o percettivo, nØ vi era spazio, come ha già rilevato Sez. 5, cit., per una revisione COGNOME decisione di merito poichØ la difesa propone sostanzialmente una diversa lettura degli elementi di accusa.
Così chiarito il costrutto logico-giuridico contro il quale si sviluppa il ricorso straordinario, Ł il caso di rilevare che anche le presunte prove nuove sono state esaminate e giudicate prive del carattere richiesto e comunque inidonee a provocare l’avvio del giudizio di revisione.
4.1. ¨ tranciante, infatti, il giudizio, già convalidato da Sez. 1, n. 12703, cit., secondo il quale «la questione relativa all’origine del mandato omicidiario rimane invariata e priva di rilevanza poichØ NOME aveva comunque l’intenzione di procedere per la commissione del delitto ai danni dello COGNOME».
Si tratta di una valutazione in diritto, come tale estranea al perimetro dell’art. 625bis cod. proc. pen., fondata sulla non contraddetta affermazione secondo la quale «la natura informale del mandato omicidiario e la pluralità di fonti che lo hanno riferito non possano ritenersi escluse dalla circostanza – dedotta quale novum dalla difesa – COGNOME mancanza di colloqui diretti tra NOME e gli esecutori materiali dell’omicidio», poichØ i giudici COGNOME cognizione di merito e di legittimità (Sez. 1, n. 12703, cit., pag. 36) e i giudici COGNOME revisione hanno sottolineato che, proprio dalla ricostruzione dei colloqui in carcere prospettata dalla difesa, Ł emersa una possibile modalità attraverso la quale tale volontà potrebbe essere stata trasmessa al fratello NOME e alla madre, che tutti i collaboratori indicano tra le fonti dirette COGNOME conoscenza COGNOME provenienza del mandato, valorizzando il ruolo COGNOME moglie dell’imputato, che varie volte si Ł intrattenuta al colloquio, quale possibile intermediaria per veicolare il mandato omicida.
4.2. Il provvedimento oggetto del ricorso straordinario ha, in proposito, compiuto una ponderazione giuridica, affermando che tale valutazione, in quanto ancorata alle allegazioni documentali prodotte con l’istanza di revisione, già scrutinate in sede di legittimità da Sez. 1, n. 12703, cit., rende ragione COGNOME insussistenza del novum che avrebbe dovuto allegare la difesa circa la impossibilità assoluta che il mandato sia stato veicolato all’esterno del carcere per il tramite dei colloqui con i famigliari o i tramite ‘COGNOME‘ che, come ricorda Sez. 1, cit. (pag. 34), sono stati, in alcune occasioni, pure intercettati, a dimostrazione del collaudato sistema di comunicazione all’epoca esistente tra NOME COGNOME e il resto del RAGIONE_SOCIALE.
Quel che Ł certo, secondo la non contrastata valutazione compiuta dai giudici di merito e validata in piø occasioni dalla Corte di legittimità, Ł che il mandato Ł stato inviato da NOME COGNOME ai sodali che si trovavano in libertà, come essi concordemente riferiscono, tanto che non Ł decisivo individuare l’effettivo tramite di tale ordine operativo.
4.3. Il ricorso straordinario, che si affatica nel contestare le ipotesi affacciate dai giudici di merito circa le modalità di transito del messaggio, propone, in effetti, deduzioni in fatto che non palesano l’esistenza di alcun errore percettivo, ma che sono unicamente rivolte a provocare una non consentita diversa lettura delle risultanze giudiziarie irrevocabili.
Del resto, il ricorso straordinario non contesta che, secondo quanto riferito dai vari collaboratori di giustizia, fu proprio la madre di NOME COGNOME a confermare ai sodali che l’ordine omicida fu impartito da NOME COGNOME secondo gli indicati canali.
4.4. Sotto tale profilo, del resto, Ł inconsistente il supposto errore nell’attribuzione a COGNOME COGNOME concorrente indicazione dei fratelli NOME NOME NOME COGNOME quali mandanti,
poichØ, come risulta pacificamente dal giudizio di cognizione (Sez. 1, n. 12703, cit., p. 37-38), si tratta di un elemento di contorno che Ł estraneo, anche secondo la prospettazione difensiva, al novum posto a base COGNOME richiesta di revisione, poichØ, come risulta dalle richiamate decisioni, COGNOME, nell’indicare sulla base di quanto dal medesimo appreso da altri sodali i fratelli COGNOME quali mandanti, si era limitato a ipotizzare, però, che l’azione fosse stata autonomamente decisa dal solo NOME.
L’insussistenza dei restanti nova Ł stata ampiamente esaminata dal giudice COGNOME revisione e puntualmente verificata dal giudice di legittimità.
5.1. Va, in proposito premesso posto che il ricorso straordinario taccia il provvedimento impugnato di omessa risposta con riguardo alle dichiarazioni di COGNOME , che il propalato di COGNOME Ł stato giudicato privo di novità poichØ concernente la oziosa questione del presunto ruolo predominante di NOME COGNOME, questione affatto negata dai provvedimenti giudiziari relativi all’omicidio di NOME COGNOME, che, tuttavia, Ł risultata priva di decisività quanto alla ricostruzione del mandato in tale circostanza conferito da NOME COGNOME.
Non Ł, pertanto, rilevante la circostanza che nella parte motivazionale del provvedimento impugnato il nome di COGNOME non sia stato espressamente citato, poichØ egli, come anche il ricorso straordinario riconosce, Ł puntualmente indicato nella sintesi dei motivi di ricorso insieme alle argomentazioni difensive che su tale contributo fanno leva e, nella parte propriamente decisoria, Ł espresso un motivato giudizio di assenza di rilevanza di tale novum poichØ relativo al solo ruolo di NOME COGNOME, senza che il dichiarante abbia mai escluso uno specifico ruolo di NOME COGNOME nell’omicidio di COGNOME.
5.2. Priva di novità e rilevanza Ł stata giudicata, nonostante il ricorso si ostini a denunciare l’omessa risposta, l’attestazione del carcere di Novara che, secondo la difesa, concernerebbe ‘l’impossibilità di incontro tra il ricorrente e il collaboratore NOME COGNOME‘.
L’elemento era stato dedotto per smentire quanto riferito da NOME circa l’informale contatto intervenuto nel 2011 con NOME COGNOME, in occasione del quale si scambiarono pochi commenti sull’omicidio COGNOME che NOME, in cuor suo, riteneva una reazione sbagliata all’affronto subìto dal RAGIONE_SOCIALE.
In realtà, il provvedimento impugnato ha esaminato la doglianza, giudicandola manifestamente infondata alla luce COGNOME risposta in proposito fornita dal giudice COGNOME revisione che ha escluso la decisività COGNOME deduzione difensiva perchØ, essendo rimasto non contestato il comune periodo di detenzione nel carcere di Novara nel 2011, l’attestazione dell’Istituto precisa soltanto che NOME COGNOMEnon risulta avere effettuato la socialità nello stesso gruppo con il detenuto NOME NOME.
Da ciò, i giudici COGNOME revisione hanno ritenuto non decisiva la novità dedotta dalla difesa poichØ Ł stato giudicato impossibile escludere il fugace e informale contatto tra i due; ciò in ragione COGNOME comune appartenenza al RAGIONE_SOCIALE e del ruolo in precedenza svolto da NOME nella vicenda (egli, prima dell’omicidio, aveva riferito agli associati, nella sede dell’associazione, delle intenzioni del RAGIONE_SOCIALE di ‘avere soddisfazione’ – cfr. Sez. 1, n. 12703, cit. pag. 39) e COGNOME accertata permeabilità del sistema detentivo già emersa in occasione dell’emanazione dell’ordine omicida e del transito di vari ‘COGNOME‘.
Il ricorso straordinario ripropone la questione, dimostrandosi, nella sostanza, inappagato COGNOME risposta offerta dal provvedimento impugnato che aveva giudicato la decisione del giudice COGNOME revisione del tutto coerente con l’orientamento giurisprudenziale in materia.
In conclusione, il ricorso straordinario si limita a contestare la correttezza dell’apparato
motivazionale COGNOME sentenza di legittimità, dichiarandosi sostanzialmente non appagato dalle risposte fornite e riproponendo le censure e le argomentazioni in proposito già sviluppate nel ricorso originario.
In realtà, la sentenza impugnata con il rimedio straordinario ha fornito una completa risposta alle deduzioni difensive, esulando dall’ambito di operatività COGNOME ridetta impugnazione straordinaria la possibilità di introdurre critiche alla decisione assunta, contestandone la correttezza, come invece si ostina a fare il condannato.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione COGNOME causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 2000), anche la condanna al versamento di una somma in favore COGNOME Cassa delle ammende nella misura che si stima equo determinare in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e COGNOME somma di euro tremila in favore COGNOME cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 04/10/2024
Il Presidente NOME COGNOME