Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 37145 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 37145 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/09/2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
QUINTA SEZIONE PENALE
Composta da COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME ha pronunciato la seguente
– Presidente –
Sent. n. sez. 1268/2025
CC – 16/09/2025
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
– Relatore –
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 21/01/2025 della CORTE DI CASSAZIONE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
COGNOME NOME, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., in relazione alla sentenza del 21 gennaio 2025, con cui la Prima Sezione di questa Corte aveva rigettato il ricorso contro lÕordinanza della Corte di appello di Messina, che a sua volta aveva respinto il reclamo proposto dallo stesso COGNOME avverso il provvedimento emesso dal Consigliere della medesima Corte territoriale, dottAVV_NOTAIO. Con tale
provvedimento, era stato disposto il trattenimento di una missiva inviata dal COGNOME (imputato sottoposto al regime detentivo differenziato di cui allÕart. 41-bis ord. pen., nel procedimento pendente davanti alla Corte di appello di Messina) e destinata a tale COGNOME NOME. Il Çblocco della missivaÈ era stato fondato Çsu ragioni di salvaguardia dell’ordine e della sicurezza, meritevoli di tutela in via prioritaria rispetto al diritto alla corrispondenza del detenutoÈ. Dal Çcontenuto della suddetta missivaÈ, infatti, emergeva Çla presenza di un cuoricino con all’interno lettere alfabetiche puntate che potrebbero celare messaggi criptici, inviati all’esterno dal detenuto, in relazione a situazioni o attivitˆ illeciteÈ.
Avverso il provvedimento della Corte di appello di Messina, il COGNOME aveva proposto ricorso per cassazione deducendo due motivi.
Con il primo deduceva lÕincompatibilitˆ del Presidente del Collegio, sostenendo che questÕultimo, che era stato anche lÕestensore del provvedimento impugnato, fosse la medesima persona fisica che aveva redatto il provvedimento di trattenimento della missiva.
Con il secondo motivo, sosteneva che il provvedimento di trattenimento fosse privo di motivazione e che tale lacuna non fosse stata colmata dalla Corte di appello, che non avrebbe adeguatamente valutato la memoria con la quale la difesa aveva spiegato che le iniziali interne al cuore (N.R.D.M.N.) corrispondevano alle iniziali dei componenti del nucleo familiare: della coppia, NOME e NOME (N.R.); della figlia del detenuto, NOME (NOME); della figlia della convivente, NOME NOMENOME); del nome scelto per l’eventuale figlio nascituro della coppia, in caso di esito positivo della procedura di FIVET, NOME (N.).
3. La Prima Sezione di questa Corte ha rigettato il ricorso.
Ha ritenuto manifestamente infondato il primo motivo, atteso che il provvedimento di trattenimento era stato redatto dal Consigliere della Corte di appello di Messina NOME COGNOME, che non risultava componente del Collegio che aveva deciso il reclamo.
Ha ritenuto infondato il secondo motivo, atteso che la Corte di appello aveva fornito Çuna motivazione immune da censureÈ, ritenendo che il Çcontenuto della missivaÈ costituisse un pericolo per l’ordine e la sicurezzaÈ, sulla base di unÕadeguata valutazione del linguaggio e della terminologia usati nella missiva trattenuta. Il motivo di ricorso, Çdi controÈ dimostrava Çla sua infondatezza, limitandosi a contestare le argomentazioni dell’ordinanza impugnata É e a fare leva sull’omessa considerazione di una memoriaÈ, la quale, per˜, non sembrava offrire una giustificazione chiarificatrice dello scritto, considerato che il condannato risultava Çchiamarsi NOME e non NOME e che l’ultima iniziale veniva
Çricollegata a un possibile futuro figlio della coppia (che, inoltre, avrebbe dovuto chiamarsi NOME e non NOME)È.
Avverso la sentenza della Prima Sezione di questa Corte, il COGNOME propone ricorso straordinario, ai sensi dell’Õart. 625-bis cod. proc. pen.
Il ricorrente sostiene che la Prima Sezione di questa Corte sarebbe incorsa in due errori di fatto.
In primo luogo, sarebbe incorsa in un’evidente violazione di legge, in considerazione dellÕincompetenza funzionale della Corte di appello di Messina, che non avrebbe potuto decidere in ordine al reclamo proposto ex art. 18-ter Ord. pen., in quanto la competenza sarebbe spettata al Tribunale nel cui circondario aveva sede l’autoritˆ giudiziaria che aveva emesso il provvedimento impugnato.
In secondo luogo, la Prima Sezione avrebbe errato nel ritenere che il condannato si chiami NOME e non NOME e a porre in dubbio che l’ultima iniziale potesse essere Çricollegata a un possibile futuro figlio della coppia (che inoltre avrebbe dovuto chiamarsi NOME e non NOME)NOME.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
AVV_NOTAIO, per il COGNOME, ha depositato memoria con la quale ha replicato alle conclusioni del Procuratore generale e ha chiesto di accogliere il ricorso, sostenendo che il Tribunale di Sorveglianza di Perugia, con corretta lettura degli atti, avrebbe disposto, con atto sopravvenuto alla proposizione del ricorso straordinario, l’inoltro della missiva al detenuto.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, atteso che il ricorso straordinario pu˜ avere a oggetto esclusivamente pronunce di condanna o provvedimenti che intervengano a stabilizzare il giudicato.
Secondo lÕorientamento tradizionale di questa Corte (cfr. Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221281), le disposizioni di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. possono trovare applicazione soltanto all’esito del procedimento di cognizione (ovvero di revisione, laddove la sentenza della Corte di Cassazione dichiari inammissibile o rigetti il ricorso del condannato avverso la decisione negativa della Corte di appello) e non anche nei procedimenti in fase di esecuzione o in quelli di sorveglianza (cfr. Sez. 5, n. 45937 del 08/11/2005, Ierin˜, Rv. 233218), in quanto
in tali ipotesi la decisione della Corte di cassazione non perfeziona il giudicato. Orientamento che trova un chiaro appiglio letterale nell’art. 625-bis cod. proc. pen. che, con il termine ÇcondannatoÈ, fa chiaramente riferimento all’applicazione di una sanzione penale, allÕesito di un giudizio di cognizione, rispetto al quale il provvedimento della Corte di cassazione determina la formazione del giudicato.
La più recente giurisprudenza ha ritenuto di dovere accogliere una nozione di ÒcondannatoÓ più ampia di quella utilizzata dalla giurisprudenza tradizionale, che superi il riferimento oggettivo ai soli provvedimenti della Corte di cassazione che determinino, per la Òprima voltaÓ, la formazione del giudicato, escludendo, per˜, che possa esservi una applicazione indiscriminata del ricorso straordinario per errore di fatto. Il rimedio, infatti, Çdeve rimanere limitato ai casi in cui la decisione della Corte di cassazione interviene a stabilizzare il giudicato, anche se formatosi anteriormenteÈ (Sez. U, n. 13199 del 21/07/2016, Nunziata, Rv. 269789).
LÕestensione dellÕambito applicativo del rimedio riguarda, dunque, le sole ipotesi in cui il provvedimento intervenga a stabilizzare il giudicato, ma non quelle in cui la pronuncia della Cassazione non è destinata ad incidere in alcun modo sull’accertamento della responsabilitˆ e in ogni caso sulla fissitˆ del giudicato.
Alla luce dei confini delineati dalla giurisprudenza di legittimitˆ, appare evidente che, nel caso in esame, non sia consentito il ricorso straordinario, atteso che il provvedimento di trattenimento della corrispondenza non incide in alcun modo sulla stabilizzazione del giudicato.
Alla declaratoria di inammissibilitˆ del ricorso, consegue, ai sensi dellÕart. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Cos’ deciso, il 16 settembre 2025.
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME