Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2084 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2084 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME NOME a MODICA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/11/2022 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG COGNOME Il PG conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
E’ presente l’avvocato NOME del foro di ROMA, in sostituzione, come da nomina depositata in udienza, dell’avvocato COGNOME NOME del foro di RAGUSA in difesa di COGNOME NOME, che conclude chiedendo l’accoglimento del ricorso e di procedere sull’eventuale giudizio rescissorio.
IN FATTO E IN DIRITTO
La Quinta Sezione Penale in sede, con sentenza emessa in data 4 novembre 2022 (numero 3422 del 2023) ha dichiarato, in riferimento all’atto proposto da COGNOME NOME, la inammissibilità del ricorso.
Ne è derivata la irrevocabilità della sentenza allora impugnata, emessa dalla Corte di Appello di Palermo in data 23 giugno 2021.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso straordinario – ai sensi dell’art.625 bis cod.proc.pen. – COGNOME NOME, nelle forme di legge.
2.1 II ricorrente deduce l’omessa motivazione su un punto oggetto di ricorso ed ed evidenzia, in sintesi, che:
la Corte di Cassazione, nella decisione impugnata, avrebbe erroneamente interpretato il contenuto del primo motivo di ricorso, in riferimento alla dedotta ‘illegittimità’ della richiesta della Pubblica Amministrazione di indicare tutti i procedimenti pendenti e le condanne e non solo quelle aventi ‘attinenza’ con il rapporto di lavoro;
b) in particolare, si ribadisce che il COGNOME aveva, in effetti, attestato l’assenza di carichi pendenti e di condanne ritenendo che la richiesta fosse correlata alla tipologìa di rapporto di lavoro da instaurarsi, con evidenti ricadute sulla ricorrenza del dolo.
Il ricorso va dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti.
3.1 Va premesso che per costante interpretazione nomofilattica (v. Sez. U. n.16103 del 27.3.2002) il particolare strumento dell’art. 625 bis cod.proc.pen. è teso a porre riparo alla particolare patologìa estrinseca dello «sviamento» del giudizio, solo quando la decisione oggetto del rimedio sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita e ciò possa desumersi ictu ()cui/.
O ancora, lì dove per una vera e propria svista materiale (disattenzione di ordine meramente percettivo) sia stato omesso l’esame di uno specifico motivo di ricorso, dotato del requisito della decisività.
Il parametro delle decisività dell’errore percettivo sul percorso logico che ha condotto alla decisione impugnata rappresenta dunque il presupposto essenziale
affinchè si possa pervenire alla rimozione del giudicato (tra le molte v. Sez. III n. 47316 del 1.6.2017, rv 271145), così come è da escludersi la possibilità di ulteriore sindacato su scelte valutative realizzate nella decisione emessa dalla Corte di Cassazione.
3.2 Nel caso in esame, dall’esame degli atti risulta che la Corte di Cassazione, nella decisione oggi impugnata, ha preso in esame il motivo di ricorso (il primo) relativo alla pretesa assenza di elemento psicologico del reato.
La deduzione difensiva (contenuta nell’originario atto di ricorso), pertanto, non è stata affatto ignorata ma è stata ritenuta manifestamente infondata in ragione del fatto che il modulo prestampato riportava con la dovuta chiarezza la necessità di indicare la esistenza, o meno, di carichi pendenti o precedenti penali.
Il motivo di ricorso è stato disatteso anche in ragione di valutazioni correlate alla esperienza di vita del COGNOME, che lo poneva in condizioni di comprendere il contenuto della richiesta, il che ulteriormente ha portato ad escludere che la condotta fosse qualificabile in termini meramente colposi.
I limiti ontologici del ricorso straordinario – prima illustrati – impediscono, pertanto, di procedere oltre nella verifica dei contenuti della decisione impugnata, trattandosi di temi squisitamente valutativi e non correlati al preteso errore percettivo.
3.3 Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in data 5 ottobre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente