Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44831 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44831 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASSANO MAGNAGO il 18/03/1967
avverso la sentenza in data 26/03/2024 della CORTE DI CASSAZIONE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la nota fatta pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso straordinario;
a seguito di trattazione in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini, secondo quanto disposto dagli articoli 610 co. 5 e 611 co. 1 bis e ss. cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Voccia NOMECOGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, ha proposto ricorso straordinario avverso la sentenza n. 16970 del 26/03/2024 della Corte di cassazione, che ha rigettato il ricorso presentato avverso l’ordinanza in data 23/11/2023 della Corte di appello di Torino, che aveva rigettato le istanze di restituzione nel termine per proporre impugnazione e di rescissione del giudicato.
A
Deduce:
“Nullità per violazione degli artt. 165 comma 2.1., 629 bis comma 1, 161 comma 4 c.p.p. in relazione all’art. 625 bis c.p.p.: richiesta per la correzione di errori di fatto”.
Il ricorso, dopo avere illustrato i contenuti della vicenda che ha interessato COGNOME NOME e le ragioni per cui era stata richiesta alla Corte di appello la rimessione in termini e/o la rescissione del giudicato, si rivolge alla sentenza della Corte di cassazione, riportando la motivazione della stessa.
Quindi, assume che «essa ha erroneamente supposto l’inesistenza dei seguenti fatti già prospettati e comprovati a sostegno delle censure difensive», ossia, tra l’altro:
che COGNOME non aveva avuto conoscenza senza sua colpa della trattazione del relativo giudizio di secondo grado;
che in appello l’assenza dell’imputato era stata dichiarata in mancanza dei presupposti previsti dall’art. 420 bis cod. proc. pen. e l’incolpevole conoscenza del giudizio aveva precluso la possibilità di parteciparvi e di interporre impugnazione avverso la sentenza;
che, sin dalla nascita, COGNOME era stato residente e ininterrottamente reperibile in Gallare, alla INDIRIZZO
che la certezza della reperibilità in loco era comprovata, tanto che proprio a quell’indirizzo veniva reperito e tratto in arresto;
che le ricerche di COGNOME erano state sommarie e non esaustive, per come attestato nel processo presso il Tribunale di Novara, dove era stata dichiarata l’illegittimità del decreto d’irreperibilità, perché emesso senza le necessarie ricerche presso il Comune di nascita;
che la notifica al difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., era stata eseguita prima dell’attestazione della irreperibilità di Voccia presso il suo domicilio, mentre andava effettuata dopo tale attestazione, per come previsto dalla norma menzionata.
Il ricorrente conclude, dunque, osservando che «i summenzionati errori di fatto rivestono “inderogabile carattere decisivo”, in quanto essi hanno comportato una sentenza differente rispetto a quella che sarebbe stata pronunciata senza gli stessi: l’assenza di tali errori avrebbe dovuto comportare la declaratoria dell’incolpevole mancata conoscenza da parte dell’imputato della celebrazione del giudizio di secondo grado, nonché della nullità della notifica del decreto di citazione in appello con le conseguenti statuizioni».
Ciò premesso, il ricorso è inammissibile perché si colloca al di fuori dei limiti previsti dall’art. 625-bis cod. proc. pen..
A tale riguardo va ricordato che l’errore di fatto passibile del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà,
viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso.
Dunque, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio (ex plurimis, Sez. 3, n. 47316 del 01/06/2017, Rv. 271145; Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Rv. 221280).
Con l’ulteriore precisazione che «è inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto quando l’errore in cui si assume che la Corte di cassazione sia incorsa abbia natura valutativa e si innesti su un sostrato fattuale correttamente percepito. (Sez. 6 – , Ordinanza n. 28424 del 23/06/2022, COGNOME, Rv. 283667 – 01).
2.1. Così delineato l’ambito di proponibilità del ricorso straordinario, non può che rilevarsi come quello in esame rappresenti una serie di errori (eventualmente) di valutazione e non errori di percezione.
L’intera prospettazione difensiva, invero, è volta a dimostrare come la Corte di cassazione abbia erroneamente ritenuto che la sconoscenza del processo non fosse incolpevole, mentre tutti gli elementi prospettati dalla difesa -parzialmente riportati e sintetizzati al superiore paragrafo 1.- dovevano condurla nel senso opposto.
Tale prospettazione, peraltro, si risolve nella riproposizione delle stesse questioni sollevata davanti alla Corte di appello, ribadite davanti alla Corte di cassazione e da questa ritenute infondate, così che l’odierno ricorso si presenta come un’ulteriore impugnazione intesa a censurare la decisione deliberata dalla Corte di cassazione con la sentenza n. 16970 del 26/03/2024.
Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità del ricorso e a ciò segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 novembre 2024