Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36875 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 6 Num. 36875 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nata a Palma di Montechiaro il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/09/2023 della Corte di Cassazione
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1.NOME COGNOME, con il patrocinio del difensore e procuratore speciale avvocata NOME AVV_NOTAIO, propone ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza del 29 settembre 2023 della Seconda Sezione penale di questa Corte di Cassazione, sentenza con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto da NOME COGNOME, in qualità di terza interessata, avverso il decreto del 22 dicembre 2022 della Corte di appello di Roma che aveva, tra l’altro, confermato la misura patrimoniale della confisca di diversi beni ritenuti di pertinenza di NOME COGNOME, figlio della NOME, ed a
quale era stata, altresì, applicata la misura di prevenzione della sorveglianza speciale.
2.Con l’impugnazione la ricorrente censura l’errore percettivo in cui sarebbe incorsa la Seconda Sezione della Corte di Cassazione nella valutazione dei motivi di ricorso con i quali la COGNOME spiegava che gli immobili oggetto di confisca erano stati acquistati “con i redditi leciti del secondo marito, sig. NOME COGNOME“. Si tratta, secondo la ricorrente, di un errore decisivo poiché smentisce l’assunto che gli immobili erano stati intestati alla COGNOME quale mero prestanome del figlio, NOME NOME.
3.11 ricorso è inammissibile perché proposto fuori dei casi consentiti, pronuncia che va assunta senza formalità, ai sensi dell’art. 625-bis, comma 3, cod. proc. pen. non senza rilevare, altresì, la manifesta infondatezza del motivo di ricorso poiché la sentenza della Seconda Sezione penale del 29 settembre 2023 ha puntualmente esaminato le deduzioni difensive della COGNOME sul punto della natura fittizia della intestazione dei beni e della loro riconducibilità alla disponibili del COGNOME (cfr. pag. 18 e 19) disattendendole sulla base delle evidenze di fatto di cui la ricorrente propone una inammissibile lettura alternativa. La Seconda Sezione della Corte di Cessazione ha, altresì, richiamato, esaminando tali censure nella prospettiva della loro inammissibilità, un costante orientamento giurisprudenziale sul tema delle questioni proponibili dal terzo interessato e dallo stesso proposto sul punto della intestazione fittizia dei beni e sulla disponibilità da parte de proposto.
Decisivo, ad avviso del Collegio ai fini della inammissibilità dell’odierno ricorso è il rilievo che la ricorrente propone l’impugnazione straordinaria avverso una decisione in tema di confisca di prevenzione, quale terza interessata, non condannata nel giudizio penale: e, in tale situazione, non è legittimata ad azionare il rimedio del ricorso straordinario, dal momento che, nel caso di specie, esso investe una pronuncia di legittimità che non ha reso irrevocabile una sentenza di condanna, ma si é limitata a pronunciarsi su una istanza ricadente in una misura di prevenzione.
E’ risalente l’affermazione del principio secondo cui il ricorso straordinario, contenente richiesta di correzione dell’errore materiale o di fatto, può aver ad oggetto esclusivamente pronunce di condanna (Sez. Un. n. 16103 del 27/03/2002, ‘COGNOME‘), dovendosi intendere con tale termine l’applicazione di una sanzione penale, secondo l’interpretazione logico-sistematica della norma, introdotta dal legislatore proprio al fine di eliminare errori di fatto verificatisi nel corso del giudi
di legittimità in danno del condannato (Sez. Un. n. 13199 del 21/07/2016, dep. 2017, Nunziata).
Pacifico, altresì, che le disposizioni di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. non sono suscettibili di applicazione analogica e non possono essere estese ai casi non espressamente previsti dalla legge (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME; Sez. U, n. 16104 del 27/03/2002, COGNOME).
In tale ottica, insistendo sulla natura derogatoria della disposizione recata dall’art. 625-bis cod. proc. pen., costituente un’evidente eccezione ad uno dei principi fondamentali dell’ordinamento processuale, e sul suo carattere tassativo, si è affermato che solo i provvedimenti che rendono definitiva una sentenza di condanna sono suscettibili di essere impugnati, dovendo intendersi per sentenze di condanna le pronunce del giudice di legittimità che rigettano o che dichiarano l’inammissibilità di ricorsi proposti contro sentenze di condanna (Sez. 5, n. 30373 del 16/06/2006, Nappi, Rv. 235323).
In applicazione di questi principi, che, come si è visto, assumono la pronuncia di condanna a presupposto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., la giurisprudenza di legittimità ha negato la ricorribilità straordinaria per errore di fatto in materia misure di prevenzione (Sez. 6, n. 2430 del 08/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245772 e Sez. 1, n. 26660 del 12/06/2002, COGNOME, Rv. 222095).
In tale caso, l’esclusione dall’ambito di applicazione del ricorso straordinario viene giustificata considerando che la decisione della Corte di cassazione non perfeziona alcuna fattispecie di giudicato atteso che il giudicato in tema di misure di prevenzione è un giudicato rebus sic stantibus sia quando può dar luogo alla revoca ex nunc del provvedimento sia nel caso in cui può provocarne la revoca ex tunc. Si osserva che l’interesse al riconoscimento dell’insussistenza originaria delle condizioni legittimanti il provvedimento ben può trovare tutela nell’istituto della revoca (già previsto dall’art. 7, comma 2 della I. 1423 del 1956 e ora dall’art. 10 del d. Igs. n. 159 del 2011 (cfr. Sez. U. n. 18 del 10/12/1997, in materia di revisione).
Il sistema, quindi, offre una soluzione alternativa, rappresentata appunto dall’istituto della revoca, all’applicazione della disciplina della correzione dell’errore di fatto di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen.
4.Alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso, consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende della somma di euro tremila.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19 settembre 2024 La Consigliera relatrice
si dente