Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9120 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9120 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
In nome del Popolo Italiano
Data Udienza: 05/12/2024
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
CC – 05/12/2024
R.G.N. 31619/2024
COGNOME SESSA
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato ad ALME’ il 28/02/1952 NOME nato a BERGAMO il 17/05/1978 avverso la sentenza del 09/10/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di Roma Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che si riporta alla memoria depositata e conclude per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore:
¨ presente l’avvocato COGNOME Barbara del foro di Bergamo in difesa di COGNOME NOME e COGNOME NOME, la quale chiede: per la posizione di COGNOME NOME, revoca della sentenza impugnata, dichiarazione di intervenuta prescrizione del reato, con accoglimento dei motivi di ricorso; per la posizione di COGNOME NOME, revoca della sentenza impugnata, con accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 7715 del 9.10.2023 (depositata il 22.2.2024), la Terza Sezione della Corte Suprema di Cassazione – per quanto qui rileva – ha dichiarato inammissibili i ricorsi proposti nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di appello di Milano del 22.12.2022, con cui era stata confermata la penale responsabilità degli imputati in relazione a plurime violazioni dell’art. 2 d.lgs. n. 74/2000, dichiarando, inoltre, non doversi procedere in relazione sia, con riferimento al delitto fiscale, alle annualità di imposta antecedenti il 2010, sia al delitto associativo ex art. 416 cod. pen., essendo i reati estinti per prescrizione.
Avverso la citata sentenza n. 7715/2024, propone distinti ricorsi straordinari per cassazione il difensore dei suddetti condannati, chiedendone la revoca con ogni conseguente effetto di legge.
Si deduce – in sintesi – l’erroneità della sentenza gravata, là dove ha ritenuto manifestamente infondato il primo motivo di ricorso per cassazione, presentato da entrambi i ricorrenti, con cui era stato dedotto il vizio di motivazione e la violazione degli artt. 8 e 16 cod. proc. pen. in ordine al rigetto della questione di competenza per territorio, non essendosi la Corte di merito misurata con le argomentazioni difensive, secondo cui l’autorità giudiziaria competente sarebbe stata da individuarsi in quella di Bergamo, atteso che il reato piø grave, vale a dire l’art. 2 d.lgs. n. 74/2000, era stato commesso in Chignolo d’Isola (BG). La sentenza oggetto di ricorso straordinario ha ritenuto tale censura manifestamente infondata, rilevando che ‘ nella specie il delitto piø grave – che quindi determina la competenza per territorio – Ł quello associativo ‘. Tuttavia, la Suprema Corte non ha considerato: i) che NOME COGNOME non Ł mai stato imputato per il reato associativo, ii) che NOME COGNOME Ł stato imputato di aver partecipato all’associazione, reato meno grave rispetto a quello previsto dall’art. 2 d.lgs. n. 74/2000. Si aggiunge che, in ogni caso, per entrambi i ricorrenti il reato tributario loro ascritto, commesso il 27.9.2012, era ormai prescritto alla data di emissione della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I proposti ricorsi devono essere dichiarati inammissibili.
Va premesso che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità, che può essere valorizzato con il rimedio straordinario previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., Ł solo l’errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto ad una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Qualora, invece, la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non Ł configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale non deducibile con il rimedio straordinario (cfr. Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Rv. 221280 – 01).
L’estraneità del rimedio del ricorso straordinario all’errore che non abbia basi percettive ma solo giuridico-valutative Ł stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza di legittimità, anche di recente nel suo piø autorevole consesso (cfr. Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Rv. 263686 – 01).
Sulla stessa linea interpretativa, Ł stato affermato il principio secondo cui non rientrano nell’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali (Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, Rv. 273193 – 01).
Nel caso in disamina, a ben vedere le censure avanzate non deducono alcuna svista specifica, limitandosi a reiterare la doglianza in tema di competenza per territorio che era già stata rassegnata nell’originario ricorso per cassazione, nel quale, fra l’altro, era stata chiaramente indicata la posizione di responsabilità rispettivamente ascritta a COGNOME NOME, quale partecipe dell’associazione, e a COGNOME NOME, estraneo alla stessa.
La risposta fornita dalla sentenza della Terza sezione al motivo in questione Ł stata estremamente sintetica ma, non sfuggendo alla Corte la differente posizione di responsabilità dei due imputati (v. sintesi dei motivi nel ‘ritenuto in fatto’), si Ł limitata a ribadire quanto era già stato evidenziato dal giudice di merito, nel senso che nel caso di specie quello che veniva in rilievo, ai fini della verifica della competenza, era la vis actractiva del (piø grave in assoluto) reato associativo, sul non illogico presupposto che tutti i reati fossero connessi teleologicamente ex art. 12, lett c), cod.
proc. pen. In ciò avallando quello che era già stato affermato dalla Corte di appello (e riportato dagli stessi ricorrenti), secondo cui la connessione teleologica fra i reati era desumibile dal fatto che fulcro dell’attività associativa era costituito dalla società RAGIONE_SOCIALE con sede in Milano, tramite la quale venivano gestite le altre società ‘cartiere’ del gruppo (ivi compresa quella gestita dai COGNOME). Ed Ł pacifico che, ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall’art. 12, lett. c), cod. proc. pen. e della sua idoneità a determinare uno spostamento della competenza per territorio, non Ł richiesto che vi sia identità fra gli autori del reato fine e quelli del reato mezzo, ferma restando la necessità di accertare che l’autore di quest’ultimo abbia avuto presente l’oggettiva finalizzazione della sua condotta alla commissione o all’occultamento di un altro reato (cfr. Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, Rv. 271223 – 01).
Conseguentemente, nel caso non viene in rilievo nØ la mancata contestazione del reato associativo a NOME COGNOME, nØ la mera partecipazione al sodalizio di NOME COGNOME, posto che il reato piø grave Ł stato individuato in quello di cui all’art. 416, comma 1, cod. pen., da cui Ł derivato lo spostamento di competenza per connessione anche per tutti gli altri reati, ivi compresi quelli contestati agli odierni ricorrenti.
Dalle superiori considerazioni si evince che, sul tema della competenza per territorio, la valutazione operata dalla Corte di legittimità nella sentenza impugnata non Ł frutto di una svista, ma, semmai, di un (eventuale) errore nella delibazione attinente alla individuazione del criterio di competenza applicabile al caso specifico, in alcun modo emendabile mediante il ricorso straordinario.
Difatti, tale istituto non Ł invocabile allorchØ la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, trattandosi in tal caso non di un errore di fatto, bensì di giudizio; inoltre, sono estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazione di norme giuridiche, sostanziali o processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, nonchØ gli errori percettivi in cui sia incorso il giudice di merito, dovendosi questi ultimi far valere – anche se risoltisi in travisamento del fatto – soltanto nelle forme e nei limiti delle impugnazioni ordinarie ( ex plurimis Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME, Rv. 221283; Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250528; Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263686; Sez. 4, n. 6770 del 17/01/2008, COGNOME, Rv. 239037; Sez. 6, n. 14296 del 20/03/2014, COGNOME, Rv. 259503; Sez. 6, n. 37243 del 11/07/2014, COGNOME, Rv. 260817).
Quanto alla dedotta prescrizione del reato tributario ascritto ai ricorrenti, asseritamente intervenuta alla data di emissione della sentenza impugnata, Ł appena il caso di rilevare che i ricorsi proposti dai due COGNOME sono stati dichiarati inammissibili, il che, come noto, osta alla rilevazione del fatto estintivo.
NØ Ł possibile affermare, in sede di ricorso straordinario, l’erroneità della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, che non può mai integrare un errore di fatto o percettivo, atteso che, per giurisprudenza costante, non Ł configurabile un errore percettivo, sindacabile con il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., nel caso in cui la Corte di cassazione dichiari inammissibile il ricorso originario con una pronuncia che, esaminando il merito delle doglianze ivi dedotte, possa essere nel contenuto riferibile ad un giudizio di rigetto, venendo in rilievo, in tale evenienza, una valutazione giuridica in ordine alla esistenza delle cause normative di inammissibilità, al piø riconducibile ad un errore di diritto (Sez. 3, Ordinanza n. 31754 del 16/09/2020, Rv. 280023 – 01).
In definitiva, stante l’inammissibilità dei ricorsi, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 05/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Consigliere estensore
Il Presidente COGNOME
NOME COGNOME