Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 3094 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 3094 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato il 27/12/1975 a Leverano avverso la sentenza 20/08/2024 della Corte di cassazione
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe questa Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto ex art. 311 cod. proc. pen. da NOME COGNOME COGNOME relativo alla richiesta di declaratoria di perdita di efficacia della misura per decorrenza del termine di fase ai sensi dell’art. 303, comma 2, cod. proc. pen., a seguito della sentenza emessa il 21 febbraio 2024 con cui questa stessa Corte, nel parallelo giudizio di cognizione, aveva annullato con rinvio la sentenza di appello nei confronti di vari imputati, fra cui l’odierno ricorrente.
Riteneva questa Corte che, trattandosi di annullamento con rinvio, la disciplina di riferimento fosse quella dell’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. e che i termini di cui al comma 4 dell’art. 303, non essendo alternativi a quelli di cui al precedente comma 2, rappresentassero soltanto il limite massimo e non superabile di durata della misura cautelare. Nella fattispecie riteneva quindi che il termine di riferimento, per effetto del rinvio contenuto nel comma 2 dell’art. 303, fosse quello di cui alla lett. c), n. 3), del precedente comma 1, relativo al grado d’appello; di conseguenza, essendo stata inflitta in primo grado, per i reati in relazione ai quali era in atto la misura cautelare, una pena complessiva superiore a dieci anni di reclusione, che detto termine fosse pari a un anno e sei mesi, non decorrente dalla sentenza di primo grado, bensì «di nuovo» e per intero – a norma dello stesso art. 303, comma 2 – dalla data della sentenza di annullamento con rinvio, ossia dal 21 febbraio 2024, non essendo perciò spirato. Quanto al decorso del termine massimo di cui al successivo comma 4 che, a differenza del precedente, è stabilito in ragione della pena edittale prevista per il reato oggetto di contestazione e non di quella effettivamente inflitta, rilevava la Corte che, avendo il giudice di primo grado pronunciato condanna per i delitti di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 74, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, entrambi puniti nel massimo con pena superiore a venti anni di reclusione, il termine massimo ed invalicabile di durata della misura cautelare fosse di sei anni dall’inizio della sua esecuzione, non decorso, dal momento che la custodia era in atto dal marzo 2019.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso straordinario il difensore di COGNOME denunziandone l’errore percettivo, per essere stato valutato soltanto il termine di fase a seguito dell’annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione del 21 febbraio 2024 e non quello di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen., la cui valutazione avrebbe portato a una decisione diversa rispetto a quella adottata nella sentenza “soprattutto alla luce della posizione assunta sull’applicabilità del termine di cui all’art. 303, comma 2, cod. proc. pen. in relazione al precedente comma 1 lett. c) n. 3”. In buona sostanza lo spirare del termine di cui all’art. 304, comma 6, cod. proc. pen. non sarebbe stato preso in considerazione nel calcolo della durata della custodia cautelare per la parte del periodo sofferto nella fase pregressa, come indicato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 299 del 22 luglio 2005.
In data 12 novembre 2024 perveniva la rinuncia al ricorso sottoscritta dal difensore con allegata procura speciale dell’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, oltre che essere stato oggetto di espressa rinuncia, è ab origine inammissibile.
Occorre ribadire che, ai sensi dell’art 625-bis, comma 1, cod. proc. pen., il ricorso straordinario per la correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla Corte di cassazione è previsto soltanto in favore del condannato, a seguito di pronuncia irrevocabile di condanna.
La norma è stata costantemente interpretata da questa Corte nel senso che il ricorso ex art. 625-bis cod. proc. pen. avverso un provvedimento di natura diversa, come nella specie l’ordinanza del Tribunale del riesame di rigetto della istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare per avvenuto decorso del relativo termine di durata, risulta proposto per motivi non previsti ed è inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che il rimedio deve rimanere limitato ai casi in cui la decisione della Corte di cassazione interviene a stabilizzare il giudicato, anche se formatosi anteriormente. Ne consegue che per tutte le decisioni della Corte di cassazione che intervengano in procedimenti ante iudicatum, come ad esempio i provvedimenti emessi in fase cautelare, le decisioni in materia di misure di prevenzione, quelle in materia di rimessione del processo, nonché le decisioni processuali in materia di estradizione o di mandato di arresto europeo, non può esservi spazio per la correzione dell’errore di fatto, in quanto si tratta di decisioni che non hanno come destinatario un condannato (Sez. U, n. 13199 del 21/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269790).
Essendo intervenuta rinuncia, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso. Tuttavia, alla luce delle considerazioni che precedono, lo stesso era fin ab origine inammissibile, non essendo così configurabile una sopravvenuta carenza di interesse. Donde il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento ed al versamento di euro mille alla Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso per rinuncia e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/11/2024