Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32085 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32085 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PUCILLO VINCENTE NOME NOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 01/12/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME , che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Ritenuto in fatto
NOME COGNOME ha proposto ricorso straordinario, ex art. 625-bis cod. proc. pen., avverso la sentenza di questa Corte di cassazione n. 51413 del 1° dicembre 2023, che aveva rigettato il ricorso proposto dal medesimo avverso l’ordinanza in data 5 giugno 2023 del Tribunale di Bergamo. Con tale provvedimento, il Tribunale, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva respinto l’incidente di esecuzione proposto avverso il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti e contestuale ordine di esecuzione emesso dal Pubblico ministero presso il medesimo Tribunale.
Con l’unico motivo di ricorso, COGNOME deduce che questa Corte sarebbe incorsa in un errore di fatto consistente in una svista o in un equivoco di ordine percettivo,
immediatamente rilevabile dagli atti, e consistente nella mancata presa in considerazione di un motivo di ricorso il quale era decisivo.
In particolare, la sentenza impugnata avrebbe omesso di pronunciarsi sulla censura, di cui pure dava atto, con cui il ricorrente aveva dedotto che il provvedimento di cumulo delle pene era intervenuto mentre egli era in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza di Bologna in ordine alla istanza di misura alternativa alla detenzione in relazione ad una delle due condanne oggetto del provvedimento medesimo. La Corte di legittimità, a causa di un errore percettivo, non avrebbe considerato che è possibile operare il cumulo delle pene detentive brevi solo qualora non sia stata proposta l’istanza di misura alternativa, ovvero essa sia stata rigettata.
L’errore di fatto in cui sarebbe incorsa la sentenza impugnata avrebbe carattere di decisività, dal momento che il pubblico ministero non avrebbe potuto revocare il decreto di sospensione dell’esecuzione fino alla decisione Tribunale di sorveglianza, pena l’abnormità del provvedimento.
Trattasi di errore immediatamente e oggettivamente rilevabile, essendo dipeso da una svista, dal momento che nel ricorso era stata articolata specifica doglianza sul punto.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
Il ricorso straordinario è inammissibile.
Occorre premettere in fatto che NOME COGNOME è stato condanNOME dalla Corte d’appello di Bologna con sentenza in data 21 ottobre 2016, divenuta definitiva in data 8 giugno 2018 a pena che, detratto il presofferto, era stata determinata in 1 anno, 3 mesi e 27 giorni di reclusione. In relazione a tale condanna il Pubblico ministero aveva emesso provvedimento di esecuzione e contestuale ordine di sospensione e il COGNOME aveva formulato istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione avanti al Tribunale di sorveglianza di Bologna, il quale non si era ancora pronunciato.
In data 11 gennaio 2023 è divenuta irrevocabile la sentenza del Tribunale di Bergamo del 24 gennaio 2019, con cui COGNOME è stato condanNOME alla pena di 3 anni e 6 mesi di reclusione.
In data 10 marzo 2023 il Pubblico ministero presso il Tribunale di Bergamo ha emesso provvedimento di esecuzione di pene concorrenti e contestuale ordine di
esecuzione comprensivo di entrambe le sentenze di condanna. Avverso tale provvedimento COGNOME ha proposto incidente di esecuzione deducendo, tra l’altro, l’illegittimità del medesimo in quanto intervenuto prima che il Tribunale di sorveglianza di Bologna si fosse pronunciato sull’istanza di misura alternativa in relazione alla prima condanna.
Il giudice dell’esecuzione ha rigettato l’istanza e la Corte di cassazione, con la sentenza impugnata, ha rigettato il ricorso proposto avverso tale provvedimento.
3. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato il principio secondo cui il ricorso straordinario di cui all’art. 625-bis cod.proc.pen., può essere proposto dal condanNOME anche per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella decisione della Corte di cassazione emessa su ricorso avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, quando tale decisione, intervenendo a stabilizzare il giudicato, determina l’irrimediabilità del pregiudizio derivante dall’errore di fatto (Sez. U, n 13199 del 21/07/2016, dep. 2017, Nunziata, Rv. 269789).
In particolare, ribadendo che le disposizioni di cui all’art. 625-bis cod.proc.pen. non sono suscettibili di applicazione analogica e non possono essere estese ai casi non espressamente previsti dalla legge (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME; Sez. U, n. 16104 del 27/03/2002, COGNOME), le Sezioni Unite hanno affermato che l’istituto può trovare applicazione soltanto all’esito del procedimento di cognizione e non anche nei procedimenti in fase di esecuzione o in quelli di sorveglianza (così, Sez. 5, n. 45937 del 08/11/2005, COGNOME), in quanto in tali ipotesi la decisione della Corte di cassazione non perfeziona alcuna fattispecie di giudicato, aggiungendosi che con il termine “condanna” si deve intendere l’applicazione di una sanzione penale, secondo l’interpretazione logico-sistematica della norma, introdotta dal legislatore proprio al fine di eliminare errori di fat verificatisi nel corso del giudizio di legittimità in danno del condanNOME.
Le uniche eccezioni alla regola della non impugnabilità con il rimedio di cui all’art. 625 bis cod.proc.pen. dei provvedimenti adottati in sede di esecuzione sono state individuate nei casi in cui la decisione della Corte di Cassazione può intervenire a stabilizzare il giudicato. A titolo esemplificativo, sono state individuate le ipotesi cui il giudizio di legittimità abbia ad oggetto le procedure di cui agli artt. 671 e 6 cod.proc.pen.; la decisione in cui la Cassazione dichiari inammissibile o rigetti il ricorso avverso l’ordinanza negativa del giudice dell’esecuzione chiamato a decidere, ex art. 670 cod.proc.pen., una questione riguardante la validità della notifica della sentenza di condanna di merito; il caso in cui la Cassazione decida in termini negativi un ricorso contro l’ordinanza che respinga una richiesta di restituzione nel termine per impugnare una sentenza di condanna. Al riguardo le Sezioni unite Nunziata hanno precisato che «con riferimento agli artt. 671 e 673
c.p.p., la Corte di cassazione interviene direttamente sul giudicato, “manipolandolo”, negli altri esempi, invece, come sottolineato da un’attenta dottrina, viene in discussione “lo stesso perfezionamento della fattispecie del giudicato”, tenuto conto che il rimedio dell’errore di fatto qui è diretto a recuperare il processo di cui il condanNOME è stato privato. Negli esempi indicati è difficil negare che vi sia un nesso funzionale tra decisione della Corte di cassazione e giudicato, sicché deve ammettersi il ricorso straordinario in caso di errore di fatto». In applicazione di tali principi, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che ricorso di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. può essere proposto dal condanNOME per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella decisione della Corte di cassazione emessa su ricorso avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione, solo quando tale decisione, intervenendo a stabilizzare il giudicato, determina l’irrimediabilità del pregiudizio derivante dall’errore di fatto.
Ha pertanto escluso l’ammissibilità del tale rimedio straordinario per la correzione dell’errore contenuto nella decisione della Corte di cassazione che si pronunzi su ordinanze del giudice dell’esecuzione in materia di indulto. Questo, infatti, rientrando nel novero delle cause di estinzione della pena, incide solo sulla esecuzione di essa, non intervenendo a stabilizzare il giudicato, già perfezioNOMEsi (Sez. 5, n. 16556 del 09/02/2023, Brancaccio, Rv. 284398 – 01; Sez. 5, n. 33143 del 26/03/2018, Vitagliano, Rv. 273773 – 01). Si è invece riconosciuta l’ammissibilità del ricorso straordinario proposto nei confronti della decisione concernente il ricorso avverso l’ordinanza del giudice dell’esecuzione che aveva respinto l’istanza di commutazione della pena dell’ergastolo con quella della reclusione nella misura di trent’anni ai sensi dell’art. 30, lett. b) legge n. 479 d 1999, in quanto volto a destabilizzare il giudicato in punto di pena, di cui si prospetta l’illegalità derivante dal prospettato errore di fatto (Sez. 5, n. 25239 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279466 – 01).
Alla luce dei confini delineati dalle Sezioni Unite Nunziata riguardo all’ambito di applicabilità del ricorso straordinario in materia di esecuzione, è dunque necessario verificare se nella specie ricorra una delle ipotesi in cui tale ricorso sia ammissibile. Tale verifica ha esito negativo.
Orienta senz’altro in questo senso il dato sistematico, dal momento che il provvedimento di esecuzione di pene concorrenti e il contestuale ordine di esecuzione si collocano “a valle” del giudicato e non ne mettono in dubbio il perfezionamento. Tale provvedimento, invero, interviene in una fase in cui la condanna, così come la pena irrogata sono ormai definitive e si fa questione unicamente delle modalità dell’esecuzione. Pertanto, ogni questione concernente l’ordine di carcerazione di cui all’art. 656 cod. proc. pen. e la sua sospensione in
vista della possibile applicazione di una misura alternativa alla detenzione, così come il provvedimento di cumulo delle pene conseguenti ad una pluralità di condanne di cui all’art. 663 cod. proc. pen. non rientrano tra i provvedimenti della fase di esecuzione suscettibili di impugnazione con il rimedio straordinario di cui all’art. 625-bis cod. pen.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna della parte ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso nella camera di consiglio del 22 maggio 2024.