Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 34009 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 34009 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/04/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che si è riportata alla requisitoria depositata e ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avvocato NOME COGNOME PROCENTESE, che si è riportato alle conclusioni dei ricorsi e ha insistito per l’accoglimento degli stessi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 40794/2024 del 14.4.2023, la Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza n. 5795/2022 della Corte di Appello di Napoli del 29 aprile 2022, che aveva confermato la condanna, inflitta dal Tribunale di quella stessa città, alla pena finale di anni quindici d reclusione ciascuno, con le sanzioni accessorie di legge, per i reati di tentato omicidio aggravato, ai danni di NOME COGNOME, di detenzione e porto di armi comuni da sparo in luogo pubblico, di incendio e di ricettazione dell’autovettura
utilizzata per commettere il primo delitto, fatti commessi avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416-bis. 1. cod. pen.
Avverso la sentenza della Corte di cassazione hanno proposto ricorso straordinario, ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen, entrambi i condannati, a mezzo del comune difensore e procuratore speciale, avvocato AVV_NOTAIO COGNOME, il quale denuncia l’errore percettivo consistente:
nel «vai/dare la motivazione addotta dalla Corte di merito senza cogliere e soffermarsi sull’elemento della ‘familiarità’ dedotto» a sostegno della richiesta di rinnovazione istruttoria finalizzata alla perizia fonica, mirante al superamento delle persistenti incertezze circa la identificazione dei conversanti e la ricostruzione del contenuto dei dialoghi, istanza che sarebbe stata rigettata dalla Corte di appello senza esprimere un giudizio critico sollecitato con il ricorso, ma limitandosi ad assumere, come proprie, determinazioni dei giudici di merito, che avevano fatto leva sui risultati raggiunti dal perito trascrittore e sulla ‘familiarità con le voci dei conversanti, da questi acquisita durante l’ascolto, abbinandole a persone nominativamente individuate;
nel non aver colto l’essenziale elemento concernente «il severo giudizio di inattendibilità soggettiva formulato nei riguardi di COGNOME NOME e le relative ripercussioni nella presente vicenda omettendone una accurata valutazione», giudizio espresso dai giudici di merito nell’ambito di un parallelo procedimento (R.G.N.R. 15440/2020) per il reato associativo a carico del COGNOME quale partecipe del clan RAGIONE_SOCIALE, nella articolazione di Casoria capeggiata da NOME COGNOME;
nella svista nella lettura delle risultanze processuali afferenti alla valutazione del contributo dichiarativo del collaboratore NOME COGNOME, laddove, pur dando atto del deposito di motivi nuovi, la Corte di legittimità si sarebbe limitata a operare un mero richiamo al dispositivo di una sentenza pronunciata nell’ambito di altro procedimento penale (R.G.N.R. 15440/2020), senza addentrarsi nell’esame degli atti contenuti ( sentenza del 21/04/2021 del G.U.P. del Tribunale di Napoli; verbale di interrogatorio del COGNOME in data 19/02/2020; verbale dell’esame dibattimentale del cdg del 14/04/2020). In particolare, si evidenzia come, nella parallela istruttoria dibattimentale, il predetto collaboratore avesse precisato, nel corso dell’esame reso all’udienza del 14/04/2022, che «il COGNOME non faceva parte del gruppo criminale capeggiato da NOME COGNOME» e che, «all’interno del consesso riconducibile al COGNOME, vi erano almeno tre soggetti appellati comunemente con il soprannome “il NOME“», con cui era chiamato anche il COGNOME. Dichiarazioni del tutto contrastanti con i dati acquisiti nell’ambito della presente vicenda, in cui i giudici di merito, e quello di legittimità, hanno valorizzato, ai fini della pronuncia di responsabilità del ricorrente, «proprio le propalazioni rese dal collaboratore COGNOME che – in
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aperta contraddizione con quanto sopra evidenziato – ha riferito sia in ordine alla presunta ( generica) intraneità del COGNOME al gruppo facente capo a COGNOME NOME, che in relazione al soprannome ‘o NOME‘, enfatizzato dal dichiarante come epiteto per indicare specificamente il COGNOME »
In tal modo, la Corte di cassazione si è imbattuta in una inesatta percezione degli atti interni al giudizio di legittimità, «il cui sviamento ha condotto, di fatto, ad una decisione finale ingiusta, che, verosimilmente, non sarebbe stata adottata senza l’errore di fatto segnalato».
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi risultano inammissibili, denunciando vizi non deducibili attraverso lo strumento di impugnazione straordinaria di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen., seppur mediante la formale evocazione di errore percettivo, poi, di fatto, non riscontrabile già nella stessa prospettazione difensiva, che stigmatizza errori, in realtà, appartenenti all’area valutativa.
Invero, come si è premesso, nell’atto di ricorso si denuncia l’errore concernente una motivazione che si assume inadeguata, sia per non avere la Corte di cassazione condiviso il giudizio del Giudice di primo grado, circa l’inattendibilità del collaboratore di giustizia COGNOME, sia per la mancata valorizzazione, da parte del Giudice di legittimità, delle dichiarazioni rese in altro procedimento dal collaboratore COGNOME, il quale avrebbe riferito che almeno tre persone avevano lo stesso appellativo di “o NOME“. Lamenta, inoltre, che non sarebbe stato adeguatamente scrutinato il motivo con cui ci si doleva del rigetto della richiesta di perizia fonica.
Ebbene, in primo luogo, va ricordato che il giudizio di attendibilità delle prove dichiarative compete esclusivamente al giudice del merito. Inoltre, deve rilevarsi che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la sentenza impugnata (v. pag. 12) ha esaminato tutti i motivi di ricorso – compresi quelli nuovi concernenti l’identificazione dell’imputato COGNOME e la circostanza, dedotta dalla difesa, secondo cui, in base alle più recenti dichiarazioni del collaboratore COGNOME, confluite in un parallelo processo penale, esisterebbero altre persone gravitanti nel medesimo ambiente criminale ed appellate con il medesimo suindicato soprannome. La sentenza impugnata ha, tuttavia, ritenuto incensurabile la motivazione della Corte d’appello che aveva individuato nell’imputato il soggetto in quel modo appellato, osservando come all’identificazione dell’imputato si fosse pervenuti in virtù anche di altri elementi di prova, rappresentati dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME e dagli accertamenti eseguiti sulle utenze telefoniche, corroborate dal
riconoscimento vocale delle conversazioni effettuato dagli investigatori, ritenendo superfluo l’accertamento istruttorio.
Va, quindi, ricordato che il ricorso di cui all’art. 625 bis cod. proc. pen. ha carattere di “straordinarietà” ed è strettamente finalizzato a consentire la sola correzione di errori “percettivi”, ed essenziali, in ordine ai presupposti sui quali è fondata la decisione di legittimità.
4.1. Secondo la linea ermeneutica tracciata da questa Corte, l’errore validamente rappresentabile con il ricorso straordinario deve consistere in un errore materiale, consistente nella mancata rispondenza tra la volontà, correttamente formatasi, e la sua estrinsecazione grafica (Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, Rv. 273193), ovvero in un errore di fatto che si individua in “una svista o in un equivoco incidenti sugli atti interni al giudizio di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello effettivo, sicché rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili – gli errori di valutazione e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali” (Sez. 5, n. 29240 del 01/06/2018, Rv. 273193, in cui si è escluso che costituisse errore di fatto denunciabile mediante ricorso straordinario quello in cui la Corte di cassazione sarebbe incorsa nell’interpretare le dichiarazioni testimoniali e l’illogicità della motivazione sul ruolo dell’imputato in un omicidio, come quello di colui che aveva fornito l’arma all’esecutore materiale).
4.2. E’, dunque, escluso che detto strumento straordinario possa, anche se sfruttando la “chiave” di effettivi errori che non siano di per sé determinanti, introdurre, in modo palesemente surrettizio e strumentalmente dilatorio, una sorta di pieno quarto grado del giudizio e secondo grado di legittimità (Sez. 6, Ord. n. 36066 del 28/06/2018 Rv. 273779).
Alla luce di tali coordinate, risultano inammissibili le doglianze che denunciano la manifesta illogicità o altri vizi della motivazione, ovvero prospettano un errore di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia (in confronto con le emergenze aliunde acquisite), trattandosi di doglianze non rientranti tra quelle consentite con il rimedio straordinario attivato. Questa Corte ha anche recentemente ribadito che il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto avverso i provvedimenti della Corte di cassazione non può avere ad oggetto il travisamento del fatto o della prova, poiché l’istituto è funzionale a rimuovere i vizi di percezione delle pronunce di legittimità, e non anche quelli del ragionamento (Sez. 3, n. 11172 del 15/12/2023 – dep. 18/03/2024, Rv. 286048).
Quelli dedotti dal ricorrente sono, all’evidenza, errori non derivanti da una fuorviata rappresentazione percettiva, ma, afferiscono, invece, a un asserito
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errore di giudizio, laddove attingono il percorso argomentativo che sorregge la motivazione della decisione censurata, con specifico riferimento alle implicazioni valutative delle prove dichiarative riguardanti i fatti sui quali i giudici erano chiamati a decidere, per cui, deve escludersi la proponibilità del ricorso straordinario ex art. 625-bis, in quanto trattasi di errore, non di fatto, ma di giudizio (Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile).
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue per legge (art. 616 cod. proc. pen) la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 04 giugno 2024
Il Consigliere estensore