Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 21905 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 21905 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/02/2023 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette/sentite le conclusioni del PG
Ilm P.G. Militare conclude chiedendo l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore
AVV_NOTAIO‘avvocato NOME COGNOME del foro di ROMA in qualità di sostituto processuale dell’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA nomina dichiarata oralmente in udienza in difesa di COGNOME NOME conclude riportandosi ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Questa Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con sentenza emessa in data 28 febbraio 2023 (numero 11501 del 2023) ha dichiarato, in riferimento all’atto di impugnazione allora proposto da COGNOME NOME, la inammissibilità del ricorso.
1.1 Ne è derivata la irrevocabilità della sentenza allora impugnata, emessa dalla Corte Militare di Appello il 25 maggio del 2022 in tema di peculato militare.
1.2 I motivi di ricorso all’epoca oggetto di vaglio erano sei e vanno rievocati brevemente: a) il primo in tema di pretesa violazione del bis in idem (per intervenuta assoluzione in un procedimento parallelo relativo al reato di violata consegna); b) il secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo in tema di apprezzamento delle risultanze probatorie e – sotto diversi profili – pretesa violazione della regola di giudizio di cui all’art.533 cod.proc.pen. .
1.3 La motivazione della decisione numero 11501 del 2023 evidenzia:
quanto al primo motivo che i fatti oggetto dei due giudizi correttamente sono stati ritenuti diversi;
quanto ai motivi ulteriori se ne è affermata la inammissibilità perché non consentiti e tendenti a prospettare – in modo assertivo – rivalutazioni di singoli segmenti dell’attività istruttoria, a fronte di logica motivazione contenuta nelle due decisioni di merito. Si compie altresì riferimento alla violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
E’ stato tempestivamente proposto ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625 bis cod.proc.pen. nell’interesse di COGNOME NOME. Il ricorso è affidato a sei motivi, limitandosi la illustrazione ai motivi posti a sostegno della ‘fase rescindente’ .
2.1 GLYPH Secondo il ricorrente, quanto al diniego del primo motivo del ricorso originario la Corte di Cassazione è caduta in errore percettivo. Vi era violazione del ne bis in idem perché, come spiegato nell’originario atto, il fatto storico è il medesimo (la mancanza delle cedole carburante) e in rapporto a tale fatto – per il periodo 2010-2013 – prima si è tratto a giudizio il COGNOME, consegnatario, per l’ipotesi di violata consegna e (una volta definita l’accusa con una assoluzione) successivamente per l’ipotesi di pecu lato.
2.2 GLYPH Ed ancora, nei residui motivi del ricorso straordinario si afferma che vi sono plurimi errori di fatto, intendendo per tali le segnalate (dalla Corte di Cassazione) tendenze del ricorso originario a proporre una diversa valutazione delle prove, lì dove si criticava l’iter argomentativo seguito dalla Corte di merito. Vi sono errori di fatto nella parte in cui si ritiene violato principio di autosufficienza del ricorso, essendo stati puntualmente allegati tutti gli atti utilizzati per la formulazione delle doglianze (ne viene riprodott l’elenco).
2.3 GLYPH In particolare, si evidenzia che la linea espositiva del ricorso originario era finalizzata a contestare la idoneità argomentativa – nel suo complessodella motivazione della decisione emessa dalla Corte Militare di Appello. Senza riproporre alla Corte di Cassazione le opzioni in punto di attribuzione del valore ad ogni elemento di prova, si era pertanto sottoposto a critica il contenuto della motivazione della decisione impugnata in rapporto a singoli punti qualificanti del ragionamento probatorio.
Successivamente, in ipotesi di superamento della fase rescindente, la difesa del COGNOME re-introduce i motivi di doglianza avverso la decisione emessa dalla Corte di Appello di Roma in data 28 febbraio 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso straordinario, qui valutato in rapporto ai motivi rescindenti, è infondato e ciò impedisce di affrontare i temi introdotti per la fase rescissoria.
3.1 Va premesso che per costante interpretazione nomofilattica (v. Sez. U. n.16103 del 27.3.2002 ric. Basi/e) il particolare strumento dell’art. 625 bis cod.proc.pen. è teso a porre riparo alla particolare patologìa estrinseca dello «sviamento» del giudizio, solo quando la decisione oggetto del rimedio sia fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità sia positivamente stabilita e ciò possa desumersi ictu °culi.
O ancora, lì dove, sempre per una vera e propria svista materiale (disattenzione di ordine meramente percettivo) sia stato omesso l’esame di uno specifico motivo di ricorso, dotato del requisito della decisività.
Il parametro delle decisività dell’errore percettivo sul percorso logico che ha condotto alla decisione impugnata rappresenta, inoltre, il presupposto essenziale affinchè si possa pervenire alla rimozione del giudicato (tra le molte v. Sez. III n. 47316 del 1.6.2017, rv 271145), così come è nettamente da escludersi (v. Sez. U Moroni del 2015) la possibilità di realizzare in sede di ricorso straordínario un ulteriore sindacato su «scelte valutative o interpretative» realizzate nella decisione emessa dalla Corte di Cassazione.
3.2 Da quanto sinora detto, la fase cd. rescindente di un ricorso straordinario è caratterizzata – in rapporto alle doglianze della parte ricorrente – dalla verifica de due aspetti sin qui indicati: a) vi è stata realmente una svista nella lettura/consultazione degli atti processuali, tale da modificare, nel successivo percorso decisòrio, il significato reale dell’atto oggetto di consultazione, oppure siamo di fronte all’esercizio, sul punto contestato, di un potere valutativo da parte della corte di cassazione ? (in modo condivisibile o meno non rileva in alcun modo); b) questa svista o difetto di percezione che sia, ha avuto una – sia pur minima incidenza sulla decisione oppure è rimasta confinata nel novero dei momenti antecedenti del tutto irrilevanti ?
Solo la risposta positiva ad entrambi i quesiti di cui sopra si pone come antecedente logico-giuridico valido alla riapertura del giudizio di legittimità con transito nella fase rescissoria.
3.3 Orbene, nel caso del COGNOME non può darsi risposta positiva già al primo dei due quesiti, nel senso che le espressioni contestate dalla difesa sottintendono non già un difetto di percezione (che sarebbe caduto, in tesi, sul contenuto dell’originario atto di ricorso) quanto una valutazione, una attribuzione di significato, non estranea al perimetro dei poteri di qualificazione degli att processuali da parte del giudice di legittimità.
Sul tema una considerazione di ordine generale appare necessaria.
4.1 Ad essere ‘arbitro’ della qualificazione giuridica di un motivo di ricorso, ossia della corrispondenza – o meno – del contenuto della doglianza al ‘modello legale’
rappresentato dal testo dell’articolo 606 cod.proc.pen. non è la parte che redige il motivo ma il giudice della impugnazione.
Si tratta di un principio generale espresso e ribadito più volte da questa Corte di legittimità, per cui non è la ‘rubrica’ a qualificare il motivo di ricorso, quanto il contenuto sul piano della ‘direzione’ della doglianza. La giurisprudenza si è formata, in particolare, sul tema della individuazione di ammissibilità del ricorso cd. per saltum ma sottintende il principio generale per cui la censura è oggetto di ‘qualificazione’ da parte del giudice cui è rivolta, in virtù dell’apprezzamento del suo contenuto (tra le molte, in tema di ricorso per saltum, v. Sez. IV n. 4264 del 1996, rv 204447 secondo cui qualora l’impugnazione proposta sia non quella ordinaria ma quella eccezionale del ricorso “per saltum”, la Corte di cassazione deve dapprima interpretare la volontà della parte, per stabilire di quale mezzo abbia realmente inteso avvalersi ed, in caso di dubbio, deve privilegiare il tipo ordinario di gravame. Qualora, pertanto, nell’atto di impugnazione non solo vi sia una formale denuncia di difetto e manifesta illogicità della motivazione ma lo stesso contenuto delle censure, che letteralmente deducono anche violazione di legge, ad onta di tale formale qualificazione, le riveli come sostanzialmente, tutte, dirette avverso la valutazione delle prove in ordine ad una questione di mero fatto, il ricorso appare sostanzialmente proposto ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. e, cod. proc. pen. e va convertito in appello).
4.2 Da ciò deriva che non può esservi valida deduzione di ‘errore di fatto’ tutte le volte in cui la Corte di Cassazione, nell’esercizio del potere di ‘inquadramento’ della doglianza realizzi una qualificazione diversa da quella ipotizzata dalla parte (ad es. da erronea applicazione di legge a vizio di motivazione della sentenza), sempre che – ovviamente – tale diversa qualificazione sia espressione di una «valutazione» ascrivibile al Collegio di legittimità.
Alla luce di tali premesse può essere apprezzata la infondatezza del ricorso straordinario. Verranno di seguito esaminate le pagine 6 e ss. della sentenza emessa in data 28 febbraio 2023, oggetto di impugnazione.
5.1 Ai paragrafi 3.1 e 3.2 viene dichiarato manifestamente infondato il primo motivo del ricorso allora in esame, relativo alla deduzione di bis in idem. La risposta fornita da questa Corte è, in tutta evidenza, di carattere valutativo (non si ravvisa identità del fatto nei due giudizi) e da nessun passaggio espressivo può dedursi l’assenza di comprensione del motivo di ricorso. Ai fini del rigetto del ricorso straordinario non occorre dire altro.
5.2 Ai paragrafi 4 e 5 la Corte di Cassazione ha valutato i restanti motivi, vertenti sul giudizio di responsabilità.
5.3 Anche in tal caso dalla lettura del testo della decisione emerge – in modo inequivoco – l’avvenuta attivazione di poteri di ‘qualificazione’ delle doglianze, eminentemente di carattere valutativo. La inammissibilità è correlata in primis alla variazione della ‘rubrica’ delle doglianze : non si tratta di violazione di legge ma, in realtà di deduzione di vizio di motivazione (quanto ai motivi n.2 e n.3 dell’originario ricorso). Vizio di motivazione che viene, successivamente, ritenuto malamente evocato dal ricorrente in ragione della completezza argomentativa della sentenza impugnata.
Si tratta di un potere esercitato – come si è detto – in modo usuale dalla Corte di legittimità, che non può in alcun modo rapportarsi alla categoria giuridica dell’errore di fatto, trovando fonte in una valutazione.
Valutazione, sia detto per inciso, del tutto corretta in diritto, posto che i motivi ricorso ‘ordinario’ avevano formulato doglianza di ‘violazione di legge’ intendendosi per tale l’articolo 533 del codice di procedura penale, lì dove pacificamente l’erronea applicazione di legge (art.606 co.1 lett. b cod.proc.pen.) si riferisce esclusivamente alle norme di diritto penale sostanziale o integratrici del precetto. Nulla altro è da dire, trattandosi di scrutinare la fase rescindente di un ricorso straordinario.
5.4 I motivi di ricorso ‘originario’ posteriori al terzo vengono parimenti dichiarat inammissibili, nella decisione oggetto di impugnazione, essenzialmente in ragione della «adesione» da parte della Corte di Cassazione al ragionamento probatorio contenuto nella decisione in quella sede impugnata, che, secondo il Collegio dell’epoca «espone in modo completo e logico le risultanze probatorie» . Viene pertanto ritenuta, con espressione di sintesi, viziata da «aspecificità» la critica esposta dalla difesa nei motivi di ricorso .
Ora, si condivida o meno la tecnica espositiva – dì certo ispirata a sintesi – si tratta anche in tal caso dell’espressione di una valutazione, il che non consente di sostenere l’omesso apprezzamento o la mancata comprensione di uno dei motivi di ricorso.
Anche la parte successiva della motivazione, ove si afferma che pur essendovi delle allegazioni documentali a sostegno dei motivi di ricorso (dunque non avendo la Corte ignorato il dato dell’avvenuta produzione) le stesse sono irregolari (per le
ragioni esposte nel medesimo testo) è frutto di una valutazione e non può dirsi frutto di un errore percettivo.
Va pertanto esclusa l’esistenza nella decisione n. 11501 del 2023 di errori percettivi tali da determinare l’apertura della fase rescissoria, con rigetto del ricorso straordinario ex art. 625 bis cod.proc.pen. e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in data 30 gennaio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presiden e