Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 12207 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 12207 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MONTEGIORGIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2021 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette/sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Cruciani Secondo ricorre ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen. avverso la sentenza della Corte di cassazione del 27 ottobre 2021, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso per cassazione avverso la sentenza del 16 febbraio 2021 della Corte di appello di Ancona, che aveva condannato il ricorrente alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione, in ordine ai reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, da lui commessi nella qualità di amministratore di fatto della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita con sentenza emessa dal Tribunale di Ancona il 30 gennaio 2021.
Il ricorrente evidenzia che la Corte di cassazione avrebbe posto in essere un errore materiale nel momento in cui ha ritenuto non spirato il termine prescrizionale dei reati in esame, prima della sentenza di secondo grado.
Secondo il ricorrente, infatti, la Corte di cassazione avrebbe recepito integralmente il conteggio dei giorni contenuto nella sentenza della Corte territoriale, la quale avrebbe in maniera errata conteggiato 450 giorni di sospensione del termine di prescrizione, circostanza che l’avrebbe indotta a non dichiarare l’estinzione dei reati per intervenuta prescrizione prima della sentenza di condanna.
In particolare, il ricorrente evidenzia che la Corte territoriale avrebbe in maniera errata conteggiato:
il periodo di sospensione di cui all’art. 83, comma 4, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, nonostante nel caso di specie non fosse stata fissata alcuna udienza né fosse decorso un termine processuale nel periodo compreso dal 9 marzo all’il maggio 2020;
14 giorni di sospensione in conseguenza del legittimo impedimento del difensore, nonostante lo stesso avesse allegato alla sua istanza certificazione medica che prescriveva un solo giorno di riposo;
61 giorni di sospensione per il legittimo impedimento dell’imputato, nonostante lo stesso avesse comprovato il suo impegno in contemporanea udienza a suo carico fissata in epoca antecedente, fatto che, quindi, avrebbe giustificato un solo giorno di sospensione;
245 giorni di sospensione in conseguenza degli eventi sismici del 24 agosto 2016, nonostante tra la data della sentenza di primo grado e quella relativa all’udienza di secondo grado non fossero stati compiuti atti processuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto tardivamente, senza l’osservanza del termine di 180 giorni previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.
1.1. Per consolidata giurisprudenza di legittimità, il termine perentorio di centottanta giorni fissato dall’art. 625-bis, comma 2, cod. proc. pen. per la presentazione del ricorso straordinario per errore materiale o di fatto contenuto in un provvedimento della Corte di cassazione decorre dalla data di deposito del provvedimento stesso, a nulla rilevando il successivo momento in cui la parte interessata ne abbia avuto effettiva conoscenza, attesa la necessità di evitare che una decisione irrevocabile di condanna resti esposta per un tempo potenzialmente indefinito ad una situazione di instabilità, determinata dalla esperibilità del ricorso straordinario (Sez. 6, n. 22009 del 13/04/2023, Bruccoleri, Rv. 284711).
Si è, infatti, osservato che il momento dell’effettiva conoscenza del contenuto del provvedimento non incide in alcun modo sulla decorrenza del termine per la presentazione del ricorso straordinario, in considerazione della perentorietà di detto termine, che trova coerente giustificazione nel sistema processuale alla luce delle finalità di evitare che una decisione irrevocabile di condanna sia esposta per un tempo potenzialmente indeterminato alla situazione di relativa instabilità derivante dall’esperibilità del ricorso straordinario.
Nel caso di specie, la sentenza della Corte di cassazione era stata depositata il 9 dicembre 2021 e il ricorso straordinario è stato sottoscritto solo in data 4 agosto 2023, in un periodo, quindi, successivo ai 180 giorni dal deposito della sentenza impugnata.
1.2. In ogni caso, si evidenzia che le questioni dedotte dal ricorrente, a prescindere dalla loro fondatezza, non attengono a un errore percettivo o di fatto, bensì a una non condivisa interpretazione di disposizioni di legge, circostanza in ordine alla quale il rimedio ex art. 625-bis cod. proc. pen. è precluso.
Infatti, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità e oggett rimedio previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen. consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitat sul processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso (Sez. 2, n. 2241 del 11/12/2013, dep. 2014, Pezzino, Rv. 259821); pertanto, qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una rappresentazione percettiva errata e la decisione censurata abbia invece contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte
del rimedio previsto dal citato articolo (Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686).
In forza di quanto sopra, essendo abbondantemente decorso il termine di proposizione previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso; ne consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/12/2023