Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 7109 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 6 Num. 7109 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 22/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOMECOGNOME nato in Romania il 6/4/1987
avverso la sentenza n. 40800/2024 emessa dalla Seconda Sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
OSSERVA
NOME COGNOME ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha dichiarato inammissibile l’istanza, dal medesimo presentata, di rimessione nel termine per proporre impugnazione avverso la sentenza della Corte di appello di Ancona, divenuta irrevocabile il 4 novembre 2017.
Avverso la sentenza della Seconda Sezione penale di questa Corte NOME COGNOME ha proposto ricorso, deducendo i motivi di seguito indicati:
2.1. Violazione dell’art. 175-bis cod. proc. pen., avendo la Corte di cassazione erroneamente ritenuto che il termine per proporre la richiesta di rimessione in
termine dovesse decorrere dalla conoscenza dei dati identificativi del provvedimento da impugnare e non dalla conoscenza del contenuto della sentenza documento, con la conseguenza che il dies a quo del termine di trenta giorni, previsto a pena di inammissibilità per la presentazione della richiesta, non poteva individuarsi nella data di notificazione dell’ordine di esecuzione (23 maggio 2024) ma nel giorno dell’effettiva conoscenza della sentenza.
2.2. Violazione di legge, per avere la Corte di cassazione erroneamente ritenuto che il Collegio territoriale avrebbe dovuto dichiarare l’imputato assente e non contumace e per non avere convertito l’istanza, proposta ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., nella rescissione del giudicato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che il ricorso proposto da NOME COGNOME deve essere qualificato come ricorso straordinario, atteso che, pur non contenendo alcun riferimento a tale rimedio o all’art. 625-bis cod. proc. pen., ha ad oggetto una sentenza della Corte di cassazione.
Giova anche precisare che le Sezioni Unite, nel delineare i presupposti di applicazione dell’art. 625-bis cod. proc. pen., hanno accolto una nozione di “condannato” più ampia di quella fino ad ora utilizzata dalla giurisprudenza in questa materia, che faceva riferimento ai soli provvedimenti di questa Corte che determinino, per la “prima volta”, la formazione del giudicato. Il Massimo Consesso ha però precisato che tale ampliamento non è destinato a realizzare una applicazione indiscriminata del ricorso straordinario per errore di fatto, dovendo il rimedio rimanere limitato ai casi in cui la decisione della Corte di cassazione interviene a stabilizzare il giudicato, anche se formatosi anteriormente. In particolare, si è affermato che, ai fini della proponibilità del rimedio in questione, deve venire in rilievo «un provvedimento che, collocandosi nel cono d’ombra dell’accertamento della responsabilità penale (o anche civile) della persona interessata, riaffermi comunque l’ambito del giudicato stesso» (Sez. U, n. 13199 del 21/07/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269788 – 01).
In tale prospettiva può ritenersi che il ricorrente sia legittimato a proporre ricorso straordinario, avendo azionato tale rimedio avverso una pronuncia che può ritenersi stabilizzare gli effetti di un precedente giudicato.
Deve, tuttavia, rilevarsi che le doglianze sollevate dal ricorrente non sono consentite, essendo del tutto evidente che egli non ha prospettato un errore di
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fatto ma asseriti errori di giudizio, in cui sarebbe incorsa la Seconda Sezione di questa Corte.
Costituisce ius receptum quello secondo cui l’errore di fatto, oggetto del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso. Qualora, quindi, la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio (ex plurimis, Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, COGNOME, Rv. 250527 – 01; Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, COGNOME, Rv. 221280 – 01).
Ne discende che il ricorso in disamina, in cui non sono dedotti errori percettivi causati da svista, si colloca al di fuori dei limiti previsti dall’art. 625-bis cit.
4. La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché – non sussistendo ragioni di esonero (Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186) -della sanzione pecuniaria di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
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