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Ricorso straordinario: errore di fatto vs errore di diritto

Un cittadino presenta un ricorso straordinario per errore di fatto lamentando la mancata dichiarazione di prescrizione del reato. La Cassazione lo dichiara inammissibile, chiarendo che una valutazione giuridica errata non costituisce errore di fatto, ma di diritto, e non può essere censurata con questo strumento.

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Pubblicato il 10 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso straordinario per errore di fatto: quando una valutazione legale non è una svista

Il ricorso straordinario per errore di fatto rappresenta un rimedio processuale eccezionale, previsto dall’articolo 625-bis del codice di procedura penale, per correggere specifici errori commessi dalla Corte di Cassazione. Una recente sentenza chiarisce in modo netto i confini di questo strumento, distinguendo tra un errore percettivo (la svista) e un errore valutativo (l’interpretazione giuridica). La Suprema Corte ha ribadito che contestare la soluzione giuridica adottata in tema di prescrizione non rientra nell’ambito dell’errore di fatto, portando all’inammissibilità del ricorso.

I fatti del caso

Un soggetto, condannato per un reato previsto dall’art. 707 del codice penale, commesso il 23 agosto 2018, proponeva un ricorso straordinario avverso una precedente sentenza della stessa Corte di Cassazione. Il ricorrente sosteneva che la Corte fosse incorsa in un errore di fatto per non aver dichiarato l’estinzione del reato per prescrizione, maturata a suo dire il 23 agosto 2023. A sostegno della sua tesi, evidenziava che il suo precedente ricorso era stato rigettato (e non dichiarato inammissibile) e che una successiva modifica legislativa (legge n. 134 del 2021) aveva abrogato una disciplina a lui sfavorevole in materia di sospensione della prescrizione.

I limiti del ricorso straordinario per errore di fatto

Il fulcro della questione non risiede nel calcolo della prescrizione, ma nella natura stessa del ricorso straordinario per errore di fatto. La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale. L’errore di fatto che legittima questo rimedio non è un errore di giudizio o di interpretazione delle norme, bensì una ‘svista’ o un ‘equivoco’ di natura puramente percettiva. Si tratta di un errore che cade sugli atti interni al processo di legittimità, il cui contenuto viene percepito in modo difforme da quello che è in realtà. Ad esempio, leggere una data sbagliata su un documento o non vedere un atto depositato. Al contrario, gli errori di valutazione, come l’interpretazione di una norma sostanziale o processuale, sono errori di diritto e non possono essere fatti valere con questo strumento.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha stabilito che il ricorso era inammissibile perché deduceva un motivo non consentito. Il ricorrente, infatti, non lamentava una svista materiale, ma censurava la soluzione giuridica adottata dalla Corte nella precedente sentenza riguardo alla prescrizione. La questione della prescrizione era stata esaminata e rigettata non per una distrazione, ma in applicazione di una specifica disciplina normativa (art. 159, comma secondo, cod. pen., nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017). Anche se su tale norma esiste un contrasto giurisprudenziale tanto da essere stato rimesso alle Sezioni Unite, la Corte ha specificato che la scelta di un determinato orientamento interpretativo è, per definizione, un’operazione di giudizio e non un errore di fatto. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra errore materiale ed errore di diritto. L’errore di fatto previsto dall’art. 625-bis c.p.p. consiste in una discrepanza tra la volontà correttamente formata del giudice e la sua estrinsecazione grafica, oppure in una percezione errata del contenuto di un atto processuale. Nel caso di specie, la Corte precedente non ha ‘sbagliato a leggere’ le norme sulla prescrizione, ma le ha ‘interpretate’ in un modo che il ricorrente non condivideva. Questo dissenso interpretativo, per quanto legittimo, attiene al merito giuridico della decisione e non a un errore percettivo. Pertanto, lo strumento corretto per contestare tale valutazione non è il ricorso straordinario. La Corte ha ritenuto irrilevante la richiesta di rinvio in attesa della decisione delle Sezioni Unite, poiché, a prescindere dalla soluzione che verrà adottata sul tema della prescrizione, il vizio del ricorso presentato era genetico: l’erronea qualificazione di un presunto errore di diritto come errore di fatto.

Le conclusioni

La sentenza consolida un principio cruciale per la corretta applicazione degli strumenti di impugnazione. Il ricorso straordinario per errore di fatto è un rimedio a carattere eccezionale e con presupposti rigorosi. Non può essere utilizzato come un ‘terzo grado’ di giudizio di legittimità per rimettere in discussione l’interpretazione delle norme data dalla Cassazione. La decisione implica che i difensori devono prestare la massima attenzione nel qualificare il vizio lamentato: un’errata qualificazione porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

Che cos’è un errore di fatto ai fini del ricorso straordinario?
Secondo la sentenza, è una svista o un equivoco che incide sulla percezione del contenuto degli atti interni al giudizio di legittimità, come leggere una data errata. Non include errori di valutazione o di interpretazione giuridica.

Un’errata applicazione delle norme sulla prescrizione costituisce un errore di fatto?
No. La Corte ha chiarito che la questione della prescrizione, inclusa l’interpretazione delle norme che la regolano, è una questione di diritto. Un’eventuale errata applicazione costituisce un errore di giudizio e non un errore di fatto sanabile con il ricorso straordinario.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso straordinario?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, poiché si ritiene che il ricorso sia stato proposto senza che vi fosse colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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