Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 23459 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 23459 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Sacrofano il 29/07/1958
avverso la sentenza del 13/11/2024 della Corte di cassazione visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha concluso insistendo per
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. COGNOME NOMECOGNOME per il tramite del difensore di fiducia munito di procura speciale, propone ricorso straordinario ai sensi dell’art. 625-bis cod.proc.pen. avverso la sentenza n.42962/2024 emessa dalla Quarta Sezione di questa Corte in data 13/11/2024; la predetta sentenza aveva rigettato il ricorso proposto, nell’interesse del predetto, avverso l’ordinanza emessa in data 19/03/2024 dalla Corte di appello di Roma, con la quale era stata disattesa la domanda di riparazione per ingiusta detenzione in relazione alla privazione della libertà personale subita, nella forma della custodia cautelare in carcere, dal 2 dicembre 2014 al 20 luglio 2017 (circa anni due e mesi otto di reclusione).
Il ricorrente articola un unico motivo di ricorso, con il quale deduce mancata lettura e disamina critica degli atti interni al giudizio di legittimità ed error fatto.
Il ricorrente lamenta che la Corte di cassazione era incorsa in errore di fatto, per aver ritenuto che i reati- fine di cui ai capi 9) e 23) dell’imputazione potessero, in maniera autonoma e, dunque, senza tener conto del delitto associativo di cui al capo 1) dell’imputazione, sostenere il titolo custodiale per tutta la sua durata, nel rispetto dei limiti fissati dall’art. 303 cod.proc.pen; la Corte di Cassazione, pur censurando l’ordinanza della Corte di appello di Roma nella parte in cui aveva individuato condotte gravemente colpose ascrivibili all’odierno ricorrente e correlate all’operatività del sodalizio criminale, aveva, poi, affermato che le contestazioni di cui ai capi 9) e 23) dell’imputazione era idonee a sostenere il titolo cautelare , errando nel ricondurre tali ipotesi di reato nella lettera b) del comma 4 dell’art. 303 cod.proc.pen. in luogo della lettera a) del predetto articolo; la Corte di Cassazione aveva tenuto erroneamente conto dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/1991, originariamente contestata con riguardo ai predetti reati ma esclusa all’esito del giudizio di cognizione.
Chiede, pertanto, l’accertamento dell’errore con tutte le consequenziali determinazioni.
3. Il ricorrente ha chiesto la trattazione orale del ricorso. Il PG ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen. nella quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha, poi, depositato memoria di replica nella quale ha contestato le conclusioni del PG richiamando la sentenza n. 25653, pronunciata da Codesta Sezione in data 5 luglio 2022 e sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 625-bis cod.proc.pen. per contrasto con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.
Va rilevato il difetto di legittimazione ad agire del ricorrente, secondo le argomentazioni che seguono.
Secondo il condivisibile orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso straordinario per errore materiale o di fatto proposto, avverso la sentenza della Corte di cassazione di rigetto del ricorso contro l’ordinanza di reiezione della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, da chi sia stato assolto nel giudizio di appello, essendo la legittimazione ad agire circoscritta, ex art. 625-bis cod. proc. pen., al solo condannato in via definitiva (Sez.3, n.35329 del 04/06/2024, Rv.286888 – 01; Sez. 3, n. 41071 del 22/09/2015, Rv.264814 – 01; Sez.3, n. 16659 del 06/12/2007,dep.22/04/2008, Rv.239858 – 01).
Tale principio trova applicazione nel caso di specie, in quanto oggetto del ricorso ex art. 625 bis cod.proc.pen., è la sentenza di questa Corte, n. 14897/2024, con la quale veniva rigettato il ricorso per cassazione, proposto nell’interesse di COGNOME Agostino avverso ordinanza di reiezione della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione.
L’art. 625 bis cod.proc.pen., prevede, infatti, “a favore del condannato” – da intendersi esclusivamente come l’imputato – la richiesta di correzione dell’errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla Corte di cassazione. E’ per tale ragione, ovvero appunto per la delimitazione espressamente operata dal legislatore degli effetti dell’istituto in capo al solo (imputato) condannato, che questa Corte ha già ritenuto inammissibile il ricorso proposto, come nella specie, avverso sentenza della Corte di cassazione reiettiva del ricorso proposto nei confronti di ordinanza di rigetto della richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, ponendo condivisibilmente l’accento sul carattere tassativo della norma insuscettibile di interpretazione analogica (Sez. 3, n. 16659/08 del 06/12/2007, COGNOME, Rv. 239858). Né, per addivenire a differenti conclusioni, potrebbe ricorrersi a quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., n. 28719 del 21/06/2012, COGNOME, Rv. 252695) in ordine alla ammissibilità del ricorso straordinario proposto dall’imputato che, non condannato in sede penale, sia stato condannato al solo risarcimento dei danni in favore della parte civile posto che a tale conclusione la Corte è pervenuta restando sempre all’interno del perimetro testuale della norma, ritenendo infatti che la locuzione “condannato” debba comprendere, pena l’arbitrarietà di una diversa opzione, anche la veste di condannato solo per gli interessi civili; al contrario, nella presente fattispecie, nessuna condanna è stata pronunciata nei confronti dell’instante; peraltro, anche a volere instaurare un parallelismo tra azione volta ad ottenere la
riparazione per ingiusta detenzione e la richiesta di risarcimento, proprio la necessità di evitare interpretazioni di carattere analogico impedisce che alla condanna al risarcimento possa essere equiparato il rigetto della richiesta di riparazione.
Va, inoltre, richiamato quanto affermato in motivazione da Sez. U, n. 13199 del 21/07/2016, dep.17/03/2017, Rv.269790 – 01, che ha precisato che il ricorso straordinario per errore di fatto non è proponibile avverso quelle decisioni nelle quali la pronuncia della Cassazione, pur avendo come presupposto il giudicato, non è destinata ad incidere in alcun modo sull’accertamento della responsabilità, come nelle decisioni in materia di indennizzo per ingiusta detenzione – quale quella in esame – o di riabilitazione.
Alla luce delle esposte considerazioni, i due precedenti evocati dal ricorrente, in cui è stata ritenuta la legittimazione ad agire ex art. 625-bis cod. proc. pen. anche a vantaggio di chi era risultato soccombente nella istanza volta a conseguire l’indennizzo per la indebita privazione della libertà personale introdotta ai sensi dell’art. 643 cod. proc. pen., non sono condivisibili e appaiono, comunque, non pertinenti rispetto alla presente fattispecie. Infatti, i soggetti che avevano agit per la correzione dell’errore materiale o di fatto avevano effettivamente rivestito, sia pure per effetto di decisione assunta in giudizio diverso rispetto a quello in ordine al quale era stata, poi, introdotto il procedimento ex art. 625-bis cod. proc. pen., la veste di condannati in via definitiva, mentre, nella presente fattispecie la condanna emessa a carico del COGNOME non ha mai conseguito la definitività, essendo stato questo prosciolto dalla imputazione a lui contestata già in fase di gravame, di tal che, anche il, peraltro discutibile, principio espresso da questa Corte con le due pronunzie enfatizzate dalla parte ricorrente, appare non “calzante” rispetto alla presente vicenda e non tale, pertanto, da giustificare il superamento della prevalente, e condivisa, indicazione giurisprudenziale che limita l’adito al rimedio di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen. al solo imputato che abbia riportato una condanna definitiva in sede penale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
3. In ogni caso, il ricorso risulta inammissibile anche perché proposto fuori dei casi previsti.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità, l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità deve consistere in un errore percettiv determinato da una svista in cui sia incorsa la Corte di Cassazione e non in un errore di valutazione di fatti esposti nel provvedimento a suo tempo impugnato; la dimensione meramente percettiva dell’errore di fatto comporta che dal suo ambito applicativo resta esclusa «qualsiasi implicazione valutativa dei fatti sui quali la Corte di cassazione è chiamata a pronunciare» e che, quindi, qualora l’errore non derivi da una fuorviata rappresentazione percettiva, ma presenti «un
qualsiasi contenuto valutativo», si deve escludere la proponibilità del ricorso straordinario ex art. 625-bis cod. proc. pen., in quanto non di errore di fatto si tratta, bensì di errore di giudizio. sono, pertanto estranei all’ambito di applicazione dell’istituto gli errori di interpretazioni di norme giuridiche, sostanzial processuali, ovvero la supposta esistenza delle norme stesse o l’attribuzione ad esse di una inesatta portata, anche se dovuti ad ignoranza di indirizzi giurisprudenziali consolidati, la deduzione di una errata valutazione di elementi probatori (Sez. Un. n.16103 del 30/04/2002, Rv. 221280; sez. 6 n.12893 del 20/03/2003, Rv. 224156; Sez.2, n.45654 del 24/09/2003, Rv.227486;Sez.U, n.37505 del 14/07/2011, Rv.250527; Sez.6, n.35239 del 21/05/2013, Rv.256441; Sez.U,n.18651 del 26/03/2015, Rv.263686; e più di recente Sez.5,n.21939 del 17/04/2018, Rv. 273062 – 01, che ha ribadito che il rimedio di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen., può essere proposto solo nel caso di errore materiale o di fatto e non per errore di diritto); rimangono del tutto estranei all’area dell’errore di fatto – e sono, quindi, inoppugnabili – gli errori di valutazio e di giudizio dovuti ad una non corretta interpretazione degli atti del processo di cassazione, da assimilare agli errori di diritto conseguenti all’inesatta ricostruzione del significato delle norme sostanziali e processuali (Sez.5, n. 29240 del 01/06/2018, Rv.273193 – 01).
Ed è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 625- bis cod. proc. pen.nella parte in cui esclude che con lo speciale mezzo di impugnazione possa essere dedotto l’errore valutativo o di giudizio, precisandosi che tale disciplina è compatibile con la fisionomia dell’istituto, introdotto al solo fine di porre riparo a mere sviste o errori percezione nei quali sia incorso il giudice di legittimità e non anche per introdurre un ulteriore grado di giudizio, ciò che si porrebbe, del resto, in contrasto con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo (Sez.5, n.37725 del 05/04/2005, Rv.232313).
Nella specie, si prospetta in ricorso proprio un errore valutativo e di giudizio in cui sarebbe incorsa la Corte di cassazione, errore che non può costituire oggetto del rimedio di cui all’art. 625-bis cod. proc. pen.
Tale rilievo comporta anche la non rilevanza della questione di legittimità sollevata dal ricorrente, non avendo la sua risoluzione una diretta incidenza sulla definizione del caso in esame.
4.Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso il 14/05/2025