Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8003 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 8003  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI TORINO nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
LA COMARE NOME, nato ad Asti il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/07/2023 del Tribunale di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, la quale ha concluso chiedendo l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Torino;
lette le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di RAGIONE_SOCIALE, il quale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 21/07/2023, il Tribunale di Torino, in sede di riesam art. 309 cod. proc. pen., per quanto qui interessa, annullava l’ordinan 27/06/2023 del G.i.p. del Tribunale di Asti che aveva applicato ad NOME COGNOME e a NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere quanto gravemente indiziati, rispettivamente:
il COGNOME: a.1) del reato di rapina pluriaggravata in concorso (con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quest’ultimo già giudicato) commesso in Santo Stefano Belbo il 11/10/2018 nell’abitazione della famiglia COGNOME, segnatamente, ai danni di NOME COGNOME e di NOME COGNOME (capo 17 dell’imputazione provvisoria); a.2) del reato di rapina pluriaggravata in concorso (con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) commesso in Bosio il 19/10/2018 nell’abitazione della famiglia COGNOME, segnatamente, ai danni di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (capo 18 dell’imputazione provvisoria);
 il COGNOME, anch’egli di questa seconda di rapina pluriaggravata in concorso (con NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) commessa in Bosio il 19/10/2018 nell’abitazione della famiglia COGNOME (capo 18 dell’imputazione provvisoria);
Il Tribunale di Torino annullava l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Asti i quanto riteneva insussistenti, a carico sia del COGNOME sia del COGNOME, i gravi indizi di colpevolezza dei reati a loro contestati.
Avverso l’indicata ordinanza del 21/07/2023 del Tribunale di Torino, ha proposto ricorso per cassazione il AVV_NOTAIOatore della Repubblica presso il Tribunale di Torino, affidato a un unico, articolato, motivo, con il quale deduce, in relazion all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la manifesta illogicità della motivazione «a tratti carente e contraddittoria».
2.1. Tali vizi motivazionali dell’ordinanza impugnata sussisterebbero, in primo luogo, con riguardo all’esclusione, da parte del Tribunale di Torino, dei gravi indizi di colpevolezza del reato di rapina pluriaggravata in concorso di cui al capo 17 dell’imputazione provvisoria a carico di NOME COGNOME.
Il ricorrente lamenta che il Tribunale di Torino: a) avrebbe omesso di «traccia argomenti che possano porsi a base di ipotesi alternativa, diversa e superiore a quella proposta»; b) avrebbe male interpretato, in modo meramente letterale, il contenuto delle intercettate telefonate del giorno successivo all rapina, ritenendo che gli indagati, in esse, avessero fatto effettivamente riferimento a un dehor da smontare, atteso che gli stessi indagati non erano «addetti alla costruzione di gazebi» e che – come sarebbe risultato dal testo integrale delle conversazioni, del quale il Tribunale di Torino avrebbe estrapolato solo una parte – il riferimento allo smontaggio del dehor si doveva intendere nel senso che «NOME (COGNOME) e COGNOME si trovavano proprio in oreficeria quando è effettuato il richiamo lessicale citato», con la conseguenza che tale richiamo «si spiega, invece più logicamente e coerentemente, con gli sviluppi organizzativi del colpo realizzato, in concorso, il giorno prima, atteso che i dialogh sono tra gli stessi indagati»; c) avrebbe inteso in modo illogico l’elemento che
iI giorno dopo la rapina, il COGNOME si trovava (con lo COGNOME) in un’oreficeria non a vendere ma ad acquistare un bracciale, atteso che, «per logica e comune ragionare», il provento di una rapina non è venduto in oreficeria, tra i gioiel indicati nel capo d’imputazione provvisorio non è indicato un bracciale e che l’elemento de quo dimostrerebbe piuttosto la disponibilità di denaro contante, provento della rapina, che costituiva la provvista per sostenere la spesa nell’oreficeria, «in concorso e concerto tra i correi»; d) non avrebbe considerato che «a logica evoluzione dei fatti spiega anche l’incontro documentato a distanza dalla rapina tra COGNOME e i correi» – incontro documentato alle ore 23:42 del 11/10/2018, mentre la rapina sarebbe avvenuta intorno alle ore 20:00 dello stesso giorno – dovendosi considerare come le ore 20:00 costituivano il momento iniziale della rapina, il «tempo per riunire i correi, con ruoli diversi, ed avere consenti loro di recarsi ad Asti», nonché il «contesto nel quale è stato possibile registrare la presenza di COGNOME, unitamente a COGNOME, COGNOME e COGNOME, vale a dire l’avaria del veicolo di COGNOME che ha reso necessario il ricorso a COGNOME e COGNOME, il che certifica il momento esatto del dialogo delle ore 23.42 ma non necessariamente che quello sia l’attimo a far data dal quale, i tre si trovassero insieme. Il tipo di evento che li raccoglie congiuntamente è la base logica per dimostrare che fossero insieme dopo la rapina, in tardissima serata, circostanza che va letta unitamente agli altri dati sorretti da un argomentare razionale»; e) avrebbe interpretato illogicamente l’intercettato dialogo del 20/04/2019 tra NOME COGNOME e NOME COGNOME – nel senso che il COGNOME avrebbe fornito a NOME COGNOME informazioni sulla rapina per averle apprese dagli autori piuttosto che per avervi partecipato – atteso che il dato costituito dal contenuto di tal dialogo andrebbe «letto con gli altri, appena citati e decontestualizzarlo genera un argomentare illogico e contraddittorio»; f) non avrebbe considerato l’elemento costituito dal «contatto», la mattina del 12/10/2018, tra lo COGNOME e il COGNOME «allorquando la moglie del primo per mettersi in contatto con il coniuge contatta COGNOME per dissertare “in diretta” della disponibilità di denaro contante avuta la sera prima ; ciò avviene il 12 ottobre 2018 mattina, alla presenza dello stesso COGNOME». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. I denunciati vizi motivazionali dell’ordinanza impugnata sussisterebbero, in secondo luogo, con riguardo all’esclusione, da parte del Tribunale di Torino, dei gravi indizi di colpevolezza del reato di rapina pluriaggravata in concorso di cui al capo 18 dell’imputazione provvisoria a carico di NOME COGNOME e di NOME COGNOME.
2.2.1. Quanto alla posizione di NOME COGNOME, il ricorrente lamenta che il Tribunale di Torino: a) avrebbe illogicamente ritenuto non sufficientemente dimostrativo della probabilità di colpevolezza l’indizio costituito, da un lato, d
fatto che la rapina di cui al capo 18) dell’imputazione provvisoria era caratterizzata da un modus operandi del tutto simile a quello della rapina di cui al capo 17) della stessa imputazione e, dall’altro lato, dell’assenza, «comunicat all’ultimo momento da tutti», alla cena di compleanno di NOME COGNOME il giorno della rapina – cioè «ad un impegno conviviale condiviso» -, oltre che del COGNOME e di NOME COGNOME, anche di NOME COGNOME, dato, questo, che non era stato considerato; b) avrebbe illogicamente valutato la portata indiziaria del dato relativo al riconoscimento fotografico, «decontestualizzandolo e privandolo della precisazione relativa all’assenza di elementi distonici di natura antropometrica e fisiognomica, frutto di una attività di individuazione fotografica compiuta mostrando i volti effigiati di profilo».
2.2.2. Quanto alla posizione di NOME COGNOME, il ricorrente lamenta che il Tribunale di Torino: a) avrebbe illogicamente svalutato i riconoscimenti fotografici del COGNOME che erano stati effettuati, in termini di certezza, il 22/07/2019, dalle persone offese NOME COGNOME e dalla figlia di lei NOME COGNOME, senza considerare che detti riconoscimenti «vanno lett sulla scorta di una preventiva descrizione del soggetto caratterizzato da peculiarità fisiognomiche non ordinarie – peraltro riportate da tutti i presenti -», che la visione della fotografia de COGNOME «di profilo» «valorizza a dismisura l’individuazione compiuta» e che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Torino, gli stessi riconoscimenti non potevano essere ritenuti meno affidabili per il fatto che NOME COGNOME aveva affermato di avere ricercato su internet l’indagato del quale conosceva il nome, atteso che «solo dopo tale certo riconoscimento la vittima ha specificato di conoscere il nome dell’uomo additato per averlo cercato su internet», che «Dia valenza, prescindendo dal nome dell’uomo, dimostrativa dell’atto compiuto è l’esito certo del riconoscimento» e che «la ricerca è abbinata dalla donna solo al nome del soggetto e non alla portata dimostrativa della certezza ricognitiva che tale rimane, senza condizione»; b) avrebbe illogicamente svalutato l’elemento costituito dal fatto che, dopo la carcerazione del COGNOME, il 25/10/2018, la sorella di lui NOME COGNOME aveva contattato NOME COGNOME per chiederle di parlare con il marito (NOME COGNOME) «per risolvere una questione di mio fratello», atteso che detto contatto, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale di Torino, «non può ragionevolmente essere spiegato dai pregressi rapporti tra COGNOME e COGNOME, di cui tuttavia non dà conto», né con il fatto che il COGNOME aveva commesso con il COGNOME la rapina del 11/10/2018 nell’abitazione della famiglia COGNOME – in quanto il 25/10/2018 è «data sicuramente intempestiva, anche a causa della sua intrinseca imprevedibilità, rispetto all’evento del 19 ottobre 2018, ma non a quello realizzato il giorno 11 ottobre» , che lo stesso contatto non fu isolato e non si esaurì nella frase citata dal Tribunale Corte di Cassazione – copia non ufficiale
di Torino «ma ve ne sono stati tre, ravvicinati, funzionali, in modo esclusivo, alla ricerca di un contatto voluto dalla sorella di NOME COGNOME NOME con COGNOME (e solo con lui), per una risposta che la ragazza è chiamata a fornire a terzi», con la conseguenza che «a tesi alternativa irragionevolmente introdotta dai Giudici del Riesame circa i rapporti pregressi dai tra i due per “più ragioni” d cui non è fornita alcuna fonte informativa, o per i fatti del 11 ottobre 2018 pare dotata di inverosimiglianza e di scarsa razionalità, nel contesto generale della ricostruzione indiziaria tracciata, che ha come punto di partenza la piena sovrapponibilità oggettiva e soggettiva dello svolgimento degli accadimenti, peculiari, caratteristici, distintivi e, perciò, individualizzanti, in un ristret temporale e spaziale». 
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo è inammissibile per carenza di interesse perché non opera alcun riferimento al tema delle esigenze cautelari.
La Corte di cassazione ha infatti statuito che il pubblico ministero che impugni l’ordinanza che, in sede di riesame, abbia escluso il presupposto della gravità indiziaria deve indicare, a pena di inammissibilità per carenza di interesse, le ragioni a sostegno dell’attualità e concretezza delle esigenze cautelari che, tuttavia, possono ritenersi implicitamente sussistenti nel caso in cui la misura sia stata richiesta con riguardo ai reati per i quali opera la presunzione di cui all’ar 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 46129 del 25/11/2021, Marcus, Rv. 282355-01).
Nel caso in esame, si deve osservare che, mentre il G.i.p. del Tribunale di Asti aveva ravvisato i presupposti per l’adozione della misura cautelare nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, il Tribunale di Torino, in sede di riesame, si è limitato a escludere, con riguardo a tali due indagati, la gravit indiziaria, senza esaminare il tema delle esigenze cautelari, che ha ritenuto evidentemente assorbito dall’accoglimento dei motivi relativi alla gravità indiziaria.
Orbene, come è stato chiarito dalla citata Sez. 6, n. 46129 del 25/11/2021, qualsiasi impugnazione deve essere assistita da uno specifico e concreto interesse, di cui deve essere apprezzata l’attualità, interesse che, in materia cautelare, con riguardo alla posizione del pubblico ministero, deve essere correlato alla possibilità dell’adozione o del ripristino della misura che lo stesso pubblico ministero aveva richiesto.
Ciò significa che il pubblico ministero deve in linea di massima fornire elementi idonei a suffragare l’attualità del suo interesse, in relazione ai presupposti pe l’adozione della misura, anche se il provvedimento impugnato non abbia esaminato taluno di quei presupposti.
Peraltro, ove tale provvedimento abbia specificamente escluso sia la gravità indiziaria sia le esigenze cautelari, l’impugnazione non può essere riferita a uno solo dei due presupposti, ma dovrà articolare specifiche e argomentate censure con riferimento a entrambi, giacché non si può ravvisare l’interesse del pubblico ministero ad affermazioni astratte, in specie in materia di gravità indiziaria, e deve inoltre escludere che il pubblico ministero abbia un interesse contrario a quello dell’indagato a vedersi riconosciuta la riparazione per l’ingiusta detenzione ex art. 314 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 2386 del 24/6/1998, Machetti, Rv. 212898-01).
Nel caso in cui il provvedimento impugnato abbia escluso un presupposto, pregiudizialmente rilevante, ritenendo assorbita l’analisi del profilo cautelare l’impugnazione del pubblico ministero dovrà esporre specifiche censure con riguardo al tema esaminato e dovrà inoltre rappresentare elementi idonei a suffragare la persistenza dell’interesse alla decisione in ragione dell’attualità del esigenze cautelari.
L’onere rappresentativo del pubblico ministero può essere, nondimeno, diversamente modulato, a seconda che i presupposti per l’applicazione della misura siano stati espressamente esclusi ab origine ovvero solo in sede di impugnazione di merito, ben potendosi in questo secondo caso, ove il provvedimento impugnato non faccia espresso riferimento alle esigenze cautelari, richiamare e aggiornare il quadro cautelare al fine di suffragare l’interesse.
Proprio sulla base di considerazioni corrispondenti a quelle appena richiamate, la Corte di cassazione ha affermato che è inammissibile, per difetto di interesse, il ricorso per cassazione del pubblico ministero, proposto nei confronti dell’ordinanza di reiezione dell’appello avverso l’ordinanza di rigetto della richiest di misura cautelare, con cui lo stesso si limiti a contestare unicamente il mancato riconoscimento della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, atteso che l’accoglimento del ricorso in ordine a tale profilo non potrebbe comunque condurre al ripristino della misura, quale unico oggetto dell’interesse giuridicamente tutelato del pubblico ministero (Sez. 6, n. 12228 del 30/10/2018, COGNOME, Rv. 276375-01. Più di recente, in senso analogo: Sez. 3, n. 13284 del 25/2/2021, COGNOME, Rv. 281010-01).
Alla stregua di quanto sin qui osservato, posto che, nei casi di specie, non viene un rilievo uno dei reati per i quali opera la presunzione di cui all’art. 27 comma 3, cod. proc. pen. – con la conseguenza che il motivo incentrato sui vizi dell’ordinanza impugnata, inerente alla gravità indiziaria, non si può ritenere evocare l’operatività della predetta presunzione -, si deve rilevare che il ricorso del pubblico ministero non rappresenta alcun elemento idoneo a suffragare la persistenza dell’interesse alla decisione in ragione dell’attualità delle esigenze
cautelari, con la conseguenza che lo stesso ricorso si deve ritenere inammissibile per carenza di interesse.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso il 09/01/2024.