Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25990 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 25990 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 11/12/2004
avverso la sentenza del 10/01/2025 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
ricorso trattato de plano
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. NOME ha proposto, con atto personale, ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino che, ai sensi dell’art. 599-bis cod. proc. pen., ha accolto richiesta di concordato avanzata dalle parti, a seguìto di appello proposto dal predetto avverso la sentenza di primo grado che l’aveva riconosciuto colpevole del delitto di rapina aggravata.
A sostegno del ricorso ha dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata e l’illegittimità costituzionale dell’art. 613 cod. proc. pen., per contrasto con gli artt. 111 co 7 e 117 comma 1 della Costituzione.
2. Il ricorso, peraltro presentato a seguito di concordato in appello per motivi non consentiti, è inammissibile in primo luogo perché proposto personalmente dall’imputato.
Il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento, infatti, non può essere proposto dalla parte personalmente, ma, a seguito della modifica apportata agli artt. 571 e 613 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, come riconosciut dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione a sezioni unite (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Nello, Rv. 272010-01) che ha precisato che va tenuta distinta la legittimazione a proporre il ricorso dalle modalità di proposizione, attenendo la prima alla titolarità sostanziale del diritto all’impugnazione e la seconda al suo concreto esercizio, per quale si richiede la necessaria rappresentanza tecnica del difensore.
La stessa pronuncia ha ricordato anche come la Corte costituzionale, sin dalla sentenza n. 188 del 1980 ha osservato che, alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo – il cui art. 6, n. 3, lett. c) prevede la possibilità di autodifesa – non può attribuirsi il significato della necessa della difesa personale in ogni stato e grado. In tale occasione, il giudice delle leggi ha affermat che “la Commissione stessa ha avuto occasione di affermare che il diritto all’autodifesa non è assoluto, ma limitato dal diritto dello Stato interessato ad emanare disposizioni concernenti la presenza di avvocati davanti ai tribunali e che nei giudizi dinanzi ai Tribunali Superiori, nulla oppone ad una diversa disciplina purché emanata allo scopo di assicurare una buona amministrazione della giustizia”. Il carattere “costituzionalmente imposto” del controllo d legalità dell’operato dei giudici di merito mediante il ricorso in cassazione (Corte cost., n. 3 del 13 luglio 2000) non preclude, tuttavia, la discrezionalità del legislatore ordinario ne possibilità di conformare razionalmente l’esercizio di tale garanzia e di rinvenire soluzioni, qual la esclusione della legittimazione personale alla impugnazione in sede di legittimità, volte a garantire un migliore funzionamento della Corte di cassazione ed un più agevole esercizio delle funzioni di nomofilachia alla stessa attribuite.
Analogo orientamento emerge dalla elaborazione giurisprudenziale della Corte EDU, secondo cui la partecipazione e la difesa personale dell’imputato, pur costituendo principi informatori del processo penale, consentono una diversa graduazione a seconda della fase
processuale. Si è affermato, pertanto, che la CEDU, pur se riconosce – nell’art. 6, par. 3, lett.
– ad ogni imputato il diritto di «difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore»
non precisa le condizioni di esercizio di tale diritto, lasciando agli Stati contraenti la scelt mezzi atti a permettere al loro sistema giudiziario di garantirlo (così, Sez. U, n. 8914/2018, ci
che richiama Corte EDU, Sez. 3, 27/4/2006, Sannino c. Italia § 48; Corte EDU, Sez. 5,
21/09/1993, COGNOME c. Austria; Corte EDU, 24/05/1991, § 52 Quaranta c. Svizzera, § 29).
3. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma,
che si ritiene equa, di euro tremila a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 1° aprile 2025
L’estensore
I! Presidente