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Ricorso personale in Cassazione: la regola del difensore

La Corte di Cassazione dichiara inammissibili i ricorsi presentati personalmente da due imputati avverso una sentenza della Corte d’Appello. La decisione si fonda sulla violazione dell’art. 613 c.p.p., che, a seguito della riforma del 2017, impone l’obbligatoria assistenza di un difensore iscritto all’albo speciale per il ricorso personale in Cassazione. Gli imputati sono stati condannati al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Ricorso Personale in Cassazione: Una Guida Pratica per Evitare l’Inammissibilità

Presentare un ricorso personale in Cassazione è una facoltà che, dal 2017, non è più consentita all’imputato. Una recente ordinanza della Suprema Corte ribadisce con fermezza questa regola, evidenziando le gravi conseguenze procedurali ed economiche per chi la ignora. Analizziamo insieme un caso concreto per comprendere appieno la portata di questa norma e perché l’assistenza di un avvocato cassazionista sia oggi indispensabile.

Il Caso in Esame: Un Ricorso Finito Male

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte d’Appello che, riformando parzialmente una decisione di primo grado, aveva confermato la responsabilità penale di un imputato per un reato e prosciolto lo stesso e un’altra co-imputata per un’altra accusa, a seguito di intervenuta remissione di querela.

Contro questa decisione, entrambi gli imputati decidevano di presentare ricorso alla Corte di Cassazione. Tuttavia, compivano un errore fatale: depositavano gli atti personalmente, senza avvalersi di un difensore iscritto all’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sul ricorso personale

La Corte di Cassazione ha esaminato i ricorsi e li ha dichiarati inammissibili senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si è basata su un presupposto puramente procedurale, ma invalicabile: la violazione delle norme che regolano la presentazione del ricorso davanti alla Suprema Corte. Come conseguenza diretta, i ricorrenti sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni della Corte

La motivazione dell’ordinanza è tanto sintetica quanto perentoria. La Corte ha richiamato l’articolo 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla cosiddetta “Riforma Orlando” (Legge n. 103 del 2017). Questa riforma, entrata in vigore il 3 agosto 2017, ha eliminato la possibilità per l’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione.

L’impatto della Riforma Orlando

Prima di questa modifica, l’imputato poteva, in linea di principio, redigere e firmare il proprio ricorso. Oggi, invece, la legge stabilisce che l’atto debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. Poiché i ricorsi in esame erano stati depositati nel novembre 2017, quindi dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina, la Corte non ha potuto fare altro che applicare la sanzione dell’inammissibilità.

Carenza di Interesse a Ricorrere

In aggiunta, la Corte ha sottolineato un ulteriore profilo di inammissibilità per una delle ricorrenti: la carenza di interesse. Essendo stata assolta nel giudizio d’appello, non aveva un interesse giuridicamente rilevante a impugnare la sentenza, un principio fondamentale del nostro sistema processuale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre due lezioni fondamentali per chiunque affronti un procedimento penale.

La prima è l’assoluta necessità di affidarsi a professionisti qualificati, specialmente nei gradi più alti di giudizio. Le norme procedurali sono complesse e in continua evoluzione; un errore, come quello di presentare un ricorso personale in Cassazione, può precludere definitivamente la possibilità di far valere le proprie ragioni.

La seconda lezione riguarda le conseguenze economiche. Un ricorso inammissibile non solo è inutile, ma comporta anche una condanna al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria, che nel caso di specie ammonta a tremila euro. Affidarsi a un avvocato specializzato non è solo una garanzia di professionalità, ma anche un modo per evitare costi imprevisti e sanzioni severe.

È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103 del 2017 (in vigore dal 3 agosto 2017), il ricorso in Cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale, a pena di inammissibilità.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese del procedimento e di una somma pecuniaria in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, la somma è stata fissata in 3.000 euro.

Un imputato che è stato assolto può presentare ricorso?
Generalmente, l’imputato assolto non ha un interesse giuridico a impugnare la sentenza. L’interesse a ricorrere sorge solo quando si potrebbe ottenere una pronuncia più favorevole. Nel caso esaminato, la Corte ha rilevato la carenza di interesse per l’imputata che era già stata assolta in appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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