Ricorso personale in Cassazione: perché è sempre inammissibile
L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Sezione Penale, ribadisce un principio fondamentale della procedura penale post-riforma: il ricorso personale in Cassazione non è più ammesso. Con questa pronuncia, i giudici supremi non solo dichiarano l’inammissibilità dell’impugnazione presentata direttamente da un cittadino, ma ne confermano anche le pesanti conseguenze economiche, tra cui una condanna al pagamento di 4.000 euro. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le ragioni giuridiche alla base di questa ferma posizione.
I Fatti del Caso
La vicenda ha origine da una decisione del Tribunale di Sorveglianza di Firenze, che aveva dichiarato inammissibile l’istanza di un individuo per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Sentendosi leso nei suoi diritti, l’interessato decideva di contestare tale provvedimento proponendo, personalmente e senza l’ausilio di un legale, ricorso direttamente alla Corte di Cassazione.
La Decisione: il Ricorso Personale in Cassazione è un binario morto
La Suprema Corte, senza neppure entrare nel merito della questione relativa al gratuito patrocinio, ha stroncato sul nascere l’iniziativa del ricorrente. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile ‘senza formalità’, una procedura rapida prevista quando la causa di inammissibilità è palese.
Il motivo è netto e non lascia spazio a interpretazioni: la facoltà di proporre personalmente un’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione è stata abolita. La Corte ha applicato l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’). Questa norma riserva esclusivamente ai difensori iscritti nell’apposito albo speciale la possibilità di presentare ricorsi in Cassazione.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha basato la sua decisione su argomentazioni solide e già consolidate. In primo luogo, ha richiamato la normativa vigente, che dal 3 agosto 2017 ha eliminato la possibilità per l’imputato di agire personalmente in sede di legittimità. 
In secondo luogo, ha affrontato e respinto ogni dubbio sulla legittimità costituzionale di tale restrizione. Citando una precedente e autorevole sentenza delle Sezioni Unite (la n. 8914 del 2017, caso ‘Aiello’), i giudici hanno ribadito che l’obbligo di difesa tecnica in Cassazione non viola né il diritto di difesa (art. 24 Cost.) né i principi del giusto processo (art. 111 Cost. e art. 6 CEDU).
La motivazione risiede nell’elevato livello di specializzazione e qualificazione professionale richiesto per discutere una causa davanti alla Corte di Cassazione. Il ruolo della Suprema Corte non è riesaminare i fatti, ma assicurare la corretta applicazione e l’interpretazione uniforme della legge (funzione di nomofilachia). Questo compito richiede una competenza tecnica che solo un avvocato specializzato può garantire. Pertanto, l’esclusione della difesa personale è considerata una scelta ragionevole del legislatore, bilanciata dalla possibilità per i non abbienti di accedere al patrocinio a spese dello Stato per farsi assistere da un difensore qualificato.
Infine, a seguito della declaratoria di inammissibilità, la Corte ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di euro 4.000 in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria è una conseguenza quasi automatica in caso di inammissibilità, come stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186/2000, e viene applicata per scoraggiare ricorsi palesemente infondati o irrituali.
Le Conclusioni
L’ordinanza conferma che la strada del ricorso ‘fai-da-te’ in Cassazione è preclusa e controproducente. La normativa attuale impone inderogabilmente l’assistenza di un avvocato cassazionista per qualsiasi tipo di impugnazione penale davanti alla Suprema Corte. Tentare di agire personalmente non solo garantisce un esito negativo in punto di ammissibilità, ma espone anche al rischio concreto di una pesante sanzione economica. Questa decisione serve da monito: la complessità del giudizio di legittimità esige una difesa tecnica specializzata, un principio che il legislatore e la giurisprudenza ritengono essenziale per il corretto funzionamento della giustizia.
 
È ancora possibile presentare un ricorso personale in Cassazione in materia penale?
No. A seguito della riforma del 2017 (legge n. 103/2017), l’articolo 613 del codice di procedura penale è stato modificato, eliminando la facoltà per l’imputato o l’interessato di proporre personalmente ricorso. L’impugnazione deve essere presentata esclusivamente da un difensore iscritto all’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione.
La norma che vieta il ricorso personale è costituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una precedente sentenza delle Sezioni Unite, ha confermato che tale limitazione è costituzionalmente legittima. Non viola il diritto di difesa, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere una rappresentanza tecnica qualificata per un giudizio complesso come quello di Cassazione, garantendo comunque l’accesso alla giustizia ai non abbienti tramite il patrocinio a spese dello Stato.
Cosa succede se presento un ricorso personale in Cassazione nonostante il divieto?
Il ricorso verrà dichiarato inammissibile. Come conseguenza, il ricorrente sarà condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in 4.000 euro.
 
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6620 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7   Num. 6620  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/02/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
Rilevato che COGNOME NOME ha proposto personalmente ricorso avverso provvedimento con il quale il Tribunale di Sorveglianza di Firenze il 9 febbraio 2023 ha d inammissibile l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentata da nel procedimento di sorveglianza SIUS 2022/5123;
ritenuto che il ricorso è inammissibile, per causa che può essere dichiarata senza ai sensi dell’art. 610 co. 5 bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, della legg giugno 2017, n. 103, in vigore a decorrere dal 3 agosto 2017, essendo stato proposto da soggetto non legittimato, ai sensi dell’art. 613, comma 1, come modificato dall’art. 63, I. 23 giugno 2017 che ha elimiNOME la facoltà di proporre ricorso personalmente;
che lo stesso Supremo organo della nomofilachia ha già ritenuto la manifesta infond della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 613 cod. proc. pen., come sopr per asserita violazione degli artt. 24, 111, comma 7, Cost. e 6 CEDU, nella parte consente più la proposizione del ricorso in cassazione all’imputato personalmente, rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere la rappresentanza tecnica pe delle impugnazioni in cassazione, senza che ciò determini alcuna limitazione dell difensive (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272011-01, in cui, in motivazione, la Corte ha precisato che l’elevato livello di qualificazione professiona dall’esercizio del diritto di difesa in cassazione rende ragionevole l’esclusione personale, tanto più in un sistema che ammette il patrocinio a spese dello Stato);
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna al pagamento dell processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammend ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese pro della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 17 gennaio 2024