Ricorso personale in Cassazione: una strada non percorribile
Presentare un’impugnazione davanti alla Suprema Corte di Cassazione è un passo cruciale e tecnicamente complesso del processo penale. Una recente ordinanza ci offre lo spunto per ribadire un principio fondamentale: il ricorso personale in Cassazione, ovvero quello presentato direttamente dall’imputato, non è consentito dalla legge. Questa regola, rafforzata dalla riforma del 2017, mira a garantire la tecnicità e la specificità dell’atto, affidandolo esclusivamente a professionisti qualificati. Analizziamo insieme la decisione per comprendere le ragioni giuridiche e le conseguenze pratiche di questa preclusione.
Il caso: un ricorso presentato direttamente dall’imputato
Il caso in esame trae origine dalla decisione di un imputato di impugnare personalmente una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Torino. Convinto delle proprie ragioni, l’interessato ha redatto e presentato il ricorso direttamente alla Corte di Cassazione, senza avvalersi dell’assistenza di un avvocato iscritto all’apposito albo speciale. Questo atto ha dato il via a una valutazione preliminare da parte della Suprema Corte circa la sua ammissibilità formale, prima ancora di poterne esaminare il contenuto.
La decisione della Corte sul ricorso personale in Cassazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in commento, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è stata netta e basata su un presupposto formale insuperabile. I giudici hanno stabilito che l’atto introduttivo, essendo stato proposto personalmente dall’imputato e non da un difensore cassazionista, violava una regola procedurale inderogabile. Di conseguenza, il ricorso non poteva essere esaminato nel merito, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.
Le motivazioni giuridiche alla base dell’inammissibilità
La motivazione della Corte si fonda sull’articolo 613 del codice di procedura penale, così come modificato dalla legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come ‘Riforma Orlando’). Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte ha precisato che la natura dell’atto di impugnazione in Cassazione richiede una competenza tecnica specifica che solo un avvocato cassazionista può garantire. La norma ha lo scopo di assicurare che alla Corte vengano sottoposte questioni di legittimità formulate in modo appropriato, evitando ricorsi generici o non pertinenti.
È stato inoltre chiarito un punto cruciale: l’eventuale autenticazione della firma dell’imputato da parte di un legale non sana questo vizio. L’autenticazione, ai sensi dell’art. 39 delle disposizioni di attuazione del codice, serve solo a certificare la provenienza della firma dalla parte privata, ma non equivale alla ‘paternità’ giuridica e tecnica dell’atto, che deve appartenere al difensore. Il ricorso, in sintesi, non deve solo essere ‘firmato per autentica’, ma ‘sottoscritto’ dal difensore, che ne assume la piena responsabilità professionale.
Le conclusioni: conseguenze e implicazioni pratiche
La decisione riafferma un principio cardine della procedura penale di legittimità: l’accesso alla Corte di Cassazione è un diritto che deve essere esercitato attraverso il filtro tecnico di un professionista qualificato. Per l’imputato, le conseguenze di un errore procedurale di questo tipo sono severe: non solo la sua impugnazione non viene esaminata, ma subisce anche una condanna economica.
L’implicazione pratica è chiara: chiunque intenda presentare un ricorso per cassazione deve obbligatoriamente rivolgersi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Tentare la via del ‘fai-da-te’ legale in questa sede si traduce in una sicura declaratoria di inammissibilità, con un aggravio di spese e la perdita definitiva della possibilità di far valere le proprie ragioni davanti al massimo organo della giustizia italiana.
Posso presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No. In base all’art. 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 103/2017, il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
L’autenticazione della mia firma da parte di un avvocato rende valido il mio ricorso personale?
No. L’ordinanza chiarisce che l’autenticazione della firma attesta unicamente l’identità di chi ha firmato, ma non sostituisce la necessaria sottoscrizione del ricorso da parte del difensore cassazionista, che si assume la responsabilità tecnica dell’atto.
Quali sono le conseguenze se presento un ricorso inammissibile?
La presentazione di un ricorso inammissibile comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso esaminato, questa somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7559 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7559 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 16/07/1996
avverso la sentenza del 28/06/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME COGNOME
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso è inammissibile perché proposto personalmente dall’imputato. Invero, dopo la riforma apportata all’art. 613 cod. proc. pen. dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, il ricorso per cassazione avverso qualsiasi tipo di provvedimento non può essere proposto dalla parte personalmente, ma deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (Sez. 6, ord. n. n. 18010 del 09/04/2018, Papale, Rv. 272885 – 01) e risultando irrilevante, per la natura personale dell’atto impugnatorio, l’eventuale autenticazione, ad opera di un legale, della sottoscrizione del ricorso, che, ai sensi dell’art. 39 disp. att, cod. proc. pen., attest unicamente la genuinità di tale sottoscrizione e la sua riconducibilità alla parte privata (Sez. 3, n. 11126 del 25/01/2021, COGNOME, Rv. 281475 – 01).
Rilevato che la causa originaria dell’inammissibilità non consente di instaurare un rapporto con il Giudice di impugnazione e, stante la tipologia di vizio dell’atto introduttivo, va dichiarata con procedura de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5 -bis, cod. proc. pen. e alla quale consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma – giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20/01/2025