Ricorso Personale Cassazione: La Fine della Difesa “Fai da Te”
L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 22570/2024 ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso personale in Cassazione non è più ammesso. Questa pronuncia offre l’occasione per analizzare le rigide regole formali che disciplinano l’accesso al giudizio di legittimità e le severe conseguenze per chi non le rispetta.
I Fatti del Caso
Un individuo, condannato in primo e secondo grado per reati di violenza privata, danneggiamento e lesioni, decideva di impugnare la sentenza della Corte d’Appello presentando personalmente un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. La sentenza di secondo grado aveva già confermato la sua colpevolezza, limitandosi a rideterminare la pena in virtù della continuazione con altri reati oggetto di una precedente condanna.
L’imputato, agendo in prima persona, proponeva quindi l’ultimo grado di giudizio, un passo che si rivelerà proceduralmente fatale.
La Decisione della Corte sul Ricorso Personale in Cassazione
La Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle doglianze, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione è netta e si basa su un’interpretazione rigorosa della normativa vigente. La Corte ha applicato l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dalla Legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”).
Questa riforma ha soppresso la possibilità per l’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione, riservando tale facoltà esclusivamente ai difensori iscritti nell’apposito albo speciale. La Corte ha inoltre precisato che, ai fini della validità dell’atto, è del tutto irrilevante che la sottoscrizione dell’imputato sia autenticata da un legale o che il difensore firmi l’atto “per accettazione” del mandato. Tali formalità non trasferiscono la titolarità dell’atto dall’imputato al difensore.
Le Motivazioni della Corte
Le motivazioni della Corte sono ancorate a un consolidato orientamento giurisprudenziale. I giudici hanno sottolineato che la modifica legislativa del 2017 ha introdotto un requisito di ammissibilità non derogabile. Lo scopo della norma è quello di garantire un filtro tecnico-giuridico, assicurando che i ricorsi presentati alla Suprema Corte posseggano un livello qualitativo adeguato, concentrandosi su questioni di diritto e non su riesami del fatto.
La natura personale dell’atto di impugnazione è ciò che conta. Se l’atto è redatto e sottoscritto dall’imputato, esso proviene da un soggetto non legittimato, a prescindere da qualsiasi successiva vidimazione o accettazione da parte di un avvocato. Quest’ultimo, firmando “per accettazione”, si limita ad accettare l’incarico di depositare l’atto, ma non ne assume la paternità giuridica. A seguito della dichiarazione di inammissibilità, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 4.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza è un monito chiaro: il ricorso per cassazione è un atto tecnico che richiede necessariamente l’intervento di un professionista qualificato. La normativa post-riforma non lascia spazio a interpretazioni: la difesa “fai da te” dinanzi alla Suprema Corte è preclusa. Gli imputati che intendono contestare una sentenza di condanna in Cassazione devono obbligatoriamente affidarsi a un avvocato abilitato, pena l’immediata declaratoria di inammissibilità del ricorso e la condanna a sanzioni pecuniarie anche significative. La decisione rafforza il ruolo del difensore come garante della tecnicità del processo e della corretta amministrazione della giustizia nell’ultimo grado di giudizio.
Un imputato può presentare personalmente ricorso alla Corte di Cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la Legge n. 103 del 2017, la facoltà per l’imputato di proporre personalmente ricorso per cassazione è stata soppressa. Il ricorso deve essere obbligatoriamente redatto e sottoscritto da un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
Se un avvocato autentica la firma dell’imputato sul ricorso, l’atto diventa valido?
No. La Corte ha chiarito che l’autenticazione della sottoscrizione o la firma del difensore “per accettazione” del mandato non sana il vizio di inammissibilità. L’atto rimane di provenienza personale dell’imputato, soggetto non legittimato dalla legge a presentarlo.
Quali sono le conseguenze di un ricorso personale dichiarato inammissibile?
L’imputato viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende. Nel caso specifico, tale somma è stata quantificata in 4.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 22570 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 5 Num. 22570 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a PADOVA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 27/10/2023 della CORTE APPELLO di VENEZIA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Viene proposto ricorso per cassazione da NOME COGNOME personalmente nei confronti della sentenza in epigrafe indicata con la quale è stata confermata la decisione di primo grado di condanna in relazione ai delitti di violenza privata, danneggiamento e lesioni, salvo rideterminare l’entità del trattamento sanzionatorio, in dipendenza della ritenuta continuazione con i reati oggetto di altra sentenza di condanna.
Il ricorso, trattato senza formalità di procedura, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., in quanto proveniente da soggetto non legittimato, è inammissibile, dal momento che la I. n. 103 del 2017, riformulando l’art. 613, comma 1, cod. proc. pen., ha soppresso la possibilità di proporre ricorso personalmente in cassazione. Secondo il condiviso orientamento espresso da questa Corte, a questo riguardo, è irrilevante, per la natura personale dell’atto impugnatorio, sia l’autenticazione, ad opera di un legale, della sottoscrizione del ricorso, sia la sottoscrizione del difensore “per accettazione” del mandato difensivo e della delega al deposito dell’atto, la quale non attribuisce al difensore la titolarità dell’atto stesso (Sez. 3, n. 11126 del 25/01/2021, Marrazzo, Rv. 281475 – 01).
Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 4.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 4.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 13/03/2024