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Ricorso personale Cassazione: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La decisione si fonda sul fatto che il ricorso è stato presentato personalmente dalla parte e non da un difensore abilitato, come richiesto dalla legge. Questo caso di ricorso personale Cassazione si conclude con la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, confermando la necessità dell’assistenza legale per adire la Suprema Corte.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso Personale in Cassazione: Analisi di un Caso di Inammissibilità

Nel complesso mondo della giustizia, le regole procedurali non sono meri formalismi, ma garanzie fondamentali per il corretto svolgimento del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale: il ricorso personale in Cassazione, ovvero quello presentato direttamente dal cittadino senza l’assistenza di un legale, non è consentito. Questo articolo analizza la pronuncia, spiegando perché la mancanza di un difensore qualificato porti a una dichiarazione di inammissibilità e a conseguenze economiche per il ricorrente.

I Fatti del Caso

Una persona, a seguito del rigetto da parte del Tribunale di Sorveglianza delle sue istanze per ottenere misure alternative alla detenzione (come l’affidamento in prova al servizio sociale o la detenzione domiciliare), decideva di contestare tale decisione. Invece di affidarsi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, presentava personalmente il ricorso alla Corte di Cassazione. L’appellante si riservava di far depositare i motivi specifici dal proprio difensore in un secondo momento, ma tale deposito non è mai avvenuto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha esaminato il caso con una procedura semplificata, nota come “de plano”, riservata ai ricorsi manifestamente inammissibili. L’esito è stato netto: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, la ricorrente è stata condannata al pagamento di tutte le spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la regola inderogabile del difensore

La motivazione della Corte si basa su un’applicazione rigorosa dell’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale. Questa norma, soprattutto a seguito delle modifiche introdotte con la legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.

La Corte ha sottolineato che la ricorrente non aveva la “legittimazione” per proporre l’impugnazione personalmente. La legge riserva questa facoltà esclusivamente a un professionista del diritto, il quale possiede le competenze tecniche per formulare le censure in modo giuridicamente corretto. Agire diversamente costituisce una violazione procedurale non sanabile.

La condanna al pagamento della sanzione pecuniaria, oltre alle spese, deriva dall’applicazione dell’articolo 616 del codice di procedura penale. La Corte ha ritenuto che non vi fossero elementi per escludere la colpa della ricorrente nella causazione dell’inammissibilità, richiamando anche un precedente della Corte Costituzionale (sentenza n. 186 del 2000) che legittima tale sanzione in assenza di prove che scusino l’errore della parte.

Conclusioni: le implicazioni pratiche della pronuncia

Questa ordinanza offre un insegnamento pratico di fondamentale importanza: nel processo penale, e in particolare nel giudizio di legittimità davanti alla Corte di Cassazione, il “fai da te” è precluso e dannoso. La legge impone la rappresentanza tecnica di un avvocato non come un ostacolo, ma come una garanzia di professionalità e di tutela dei diritti. Chiunque intenda impugnare un provvedimento davanti alla Suprema Corte deve obbligatoriamente rivolgersi a un difensore specializzato. Tentare un ricorso personale in Cassazione non solo è un’azione destinata al fallimento, ma comporta anche significative conseguenze economiche che si aggiungono al rigetto della propria istanza.

È possibile presentare un ricorso in Cassazione personalmente, senza un avvocato?
No. L’ordinanza chiarisce che, in base all’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale, il ricorso deve essere sottoscritto da un difensore abilitato. Un ricorso presentato personalmente dalla parte è dichiarato inammissibile.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, la parte che ha proposto il ricorso inammissibile viene condannata al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie in 3.000 euro.

Perché la Corte ha deciso il caso con una procedura semplificata (“de plano”)?
La procedura “de plano” è stata utilizzata perché l’inammissibilità del ricorso era manifesta, derivando da un chiaro difetto di legittimazione della ricorrente (aver agito personalmente invece che tramite un difensore), senza necessità di un’udienza pubblica per la discussione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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