Ricorso Personale in Cassazione: Perché è Necessario un Avvocato
È possibile difendersi da soli davanti alla Corte di Cassazione? Questa domanda, che può sorgere in chi affronta un procedimento penale, trova una risposta chiara e inequivocabile in una recente ordinanza. L’analisi del provvedimento evidenzia come il ricorso personale in Cassazione, ovvero quello presentato direttamente dall’imputato senza l’assistenza di un legale, sia destinato a un esito sfavorevole. Vediamo perché le norme procedurali impongono requisiti stringenti per adire al più alto grado di giudizio.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una precedente decisione della Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione, che aveva dichiarato inammissibile un ricorso proposto da un imputato, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Contro questa decisione, l’imputato decideva di agire nuovamente, proponendo un ricorso straordinario per cassazione. L’elemento cruciale, tuttavia, risiedeva nella modalità di presentazione: il ricorso veniva depositato “personalmente” dal condannato, senza l’intermediazione di un difensore abilitato.
L’inammissibilità del Ricorso Personale in Cassazione
La Seconda Sezione penale, chiamata a pronunciarsi sul nuovo ricorso, lo ha dichiarato immediatamente inammissibile. La decisione non entra nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente, ma si ferma a un controllo preliminare di natura procedurale.
Il fulcro della questione è la mancanza di legittimazione del proponente. La Corte ha stabilito che l’imputato non aveva il potere di presentare personalmente l’atto, rendendo il ricorso nullo fin dalla sua origine. Di conseguenza, ha confermato la condanna al pagamento delle spese processuali e ha inflitto un’ulteriore sanzione pecuniaria di tremila euro.
Le Motivazioni
La motivazione giuridica alla base della decisione è netta e si fonda sull’articolo 613 del codice di procedura penale. La Corte ha evidenziato come la formulazione di tale articolo sia stata modificata dalla legge n. 103 del 2017 (la cosiddetta “Riforma Orlando”), entrata in vigore il 3 agosto 2017.
Questa riforma ha introdotto una regola fondamentale: gli atti di ricorso per cassazione devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Viene quindi esclusa la possibilità per la parte privata di presentare personalmente l’impugnazione. Poiché il ricorso in esame è stato proposto dopo l’entrata in vigore della nuova legge, esso ricade pienamente sotto questa disciplina. Il ricorrente, agendo in prima persona, si è qualificato come “soggetto non legittimato”, portando inevitabilmente alla declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: l’accesso alla Corte di Cassazione è un momento tecnico che richiede necessariamente la competenza di un avvocato specializzato. La legge ha voluto garantire che le questioni sottoposte alla Suprema Corte siano filtrate da un professionista, per assicurare la pertinenza e la correttezza tecnica delle censure. Per i cittadini, la lezione è chiara: il tentativo di un ricorso personale in Cassazione non solo è destinato a fallire, ma comporta anche ulteriori conseguenze economiche negative, come la condanna a pagare spese e sanzioni.
Un condannato può presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No. In base all’art. 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge n. 103 del 2017, i ricorsi per cassazione devono essere obbligatoriamente sottoscritti da un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene presentato personalmente dall’imputato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La legge considera l’imputato un “soggetto non legittimato” a compiere tale atto, il che impedisce alla Corte di esaminare il merito della questione.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile per questo motivo?
Come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata determinata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7809 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 2 Num. 7809 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il 04/02/1974
avverso la sentenza del 17/10/2024 della CORTE DI CASSAZIONE udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME preso atto che si procede con il rito “de plano”
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
La Sesta Sezione penale della Corte di cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto da NOME e lo condannava al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Avverso tale sentenza in data 26.12.2024 proponeva ricorso straordinario per cassazione “personalmente” il condannato.
Il ricorso è inammissibile in quanto proposto da soggetto non legittimato ai sensi dell’art. 613 cod. proc. pen. nella formulazione introdotta con la legge n. 103 del 2017 entrata in vigore il 3 agosto 2017.
Alla dichiarata inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonch versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il giorno 13 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente