Ricorso Personale in Cassazione: Perché è Inammissibile senza un Avvocato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso personale in Cassazione presentato direttamente dall’imputato, senza l’assistenza di un avvocato abilitato, è inammissibile. Questa decisione conferma l’orientamento consolidato post-riforma Orlando (legge n. 103/2017), sottolineando l’importanza della difesa tecnica qualificata nel giudizio di legittimità.
Il Caso: Dalla Condanna al Tentativo di Appello Personale
La vicenda trae origine dalla condanna di un individuo, confermata in secondo grado dalla Corte di Appello di Torino, per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5, d.p.r. 309/1990). La pena inflitta era di due mesi di reclusione e mille euro di multa.
Contro questa sentenza, l’imputato decideva di agire in autonomia, presentando personalmente un ricorso alla Suprema Corte di Cassazione. Nel suo atto, lamentava un vizio di motivazione riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e sollevava una questione di legittimità costituzionale dell’articolo 613 del codice di procedura penale, che regola proprio le modalità di presentazione del ricorso.
Le Regole per il Ricorso Personale in Cassazione e l’Inammissibilità
La Corte ha dichiarato il ricorso immediatamente inammissibile. La ragione è netta e si fonda su una modifica legislativa cruciale introdotta dalla legge n. 103 del 2017. Questa riforma ha eliminato la facoltà per l’imputato di proporre personalmente il ricorso per Cassazione.
Oggi, l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale stabilisce in modo inequivocabile che l’atto di ricorso debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. Poiché sia la sentenza impugnata che il ricorso erano successivi all’entrata in vigore di tale legge (4 agosto 2017), la nuova e più restrittiva disciplina era pienamente applicabile al caso di specie.
La Questione di Legittimità Costituzionale e il Precedente delle Sezioni Unite
L’imputato aveva tentato di aggirare l’ostacolo sollevando una questione di legittimità costituzionale, sostenendo che tale obbligo violasse il diritto di difesa. Tuttavia, la Cassazione ha respinto l’argomento, richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2018, Aiello).
In quella decisione, la Corte aveva già dichiarato la questione manifestamente infondata. Le Sezioni Unite hanno chiarito che rientra nella piena discrezionalità del legislatore richiedere una rappresentanza tecnica qualificata per l’esercizio delle impugnazioni. L’elevato livello di specializzazione necessario per affrontare un giudizio in Cassazione, che verte esclusivamente su questioni di diritto, rende ragionevole l’esclusione della difesa personale. Questo requisito, secondo la Corte, non limita il diritto di difesa, anche perché il sistema prevede l’istituto del patrocinio a spese dello Stato, che garantisce un difensore a chi non può permetterselo.
Le Motivazioni della Decisione
Le motivazioni della Corte sono lineari e si basano su due pilastri. In primo luogo, il dato normativo inequivocabile: la legge, nella sua formulazione attuale, impone la sottoscrizione del ricorso da parte di un avvocato cassazionista. Il ricorso in esame, essendo stato presentato personalmente dall’interessato, era privo di questo requisito essenziale e, pertanto, irricevibile. In secondo luogo, la consolidata giurisprudenza delle Sezioni Unite, che ha già fugato ogni dubbio sulla compatibilità di tale norma con i principi costituzionali e con la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). La richiesta di una difesa tecnica specializzata è considerata una garanzia di qualità e serietà del giudizio di legittimità, non una sua limitazione.
Le Conclusioni: Obbligo di Difesa Tecnica e Conseguenze Pratiche
L’ordinanza in commento serve come un importante monito: chi intende impugnare una sentenza penale davanti alla Corte di Cassazione deve obbligatoriamente rivolgersi a un avvocato iscritto all’apposito albo. Il ‘fai da te’ legale in questa sede non è ammesso e conduce a una declaratoria di inammissibilità. Questa scelta comporta non solo l’impossibilità di far esaminare le proprie ragioni nel merito, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata di quattromila euro. La decisione riafferma la natura altamente specialistica del giudizio di Cassazione, dove la competenza tecnica del difensore è ritenuta un presupposto indispensabile per un corretto funzionamento della giustizia.
È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No. Secondo quanto stabilito dalla legge n. 103 del 2017, che ha modificato l’art. 613 del codice di procedura penale, il ricorso per Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale.
La norma che obbliga ad avere un avvocato cassazionista viola il diritto di difesa?
No. La Corte, richiamando una precedente decisione delle Sezioni Unite, ha stabilito che tale obbligo è una scelta discrezionale del legislatore che non limita le facoltà difensive. L’elevata qualificazione tecnica richiesta per un ricorso in Cassazione giustifica l’esclusione della difesa personale, anche considerando la possibilità di accedere al patrocinio a spese dello Stato.
Quali sono le conseguenze di un ricorso presentato senza i requisiti di legge?
Un ricorso presentato personalmente dall’imputato viene dichiarato inammissibile. Ciò comporta che la Corte non esamina il merito della questione e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6939 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6939 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
kdato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO ED IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del locale Tribunale con cui NOME era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione ed euro mille di multa in relazione al reato di cui all’art. 73, connma 5, d.p.r. 9 ottobre 1990 n. 309.
NOME ricorre personalmente per cassazione avverso tale sentenza, deducendo il vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e chiede di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell’art. 613, comma 1, cod. proc. pen. per contrasto con gli artt. 111, connma 7, e 117, comma 1, Cost..
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto personalmente dall’interessato e, pertanto, da soggetto non legittimato.
Il provvedimento impugnato e il ricorso sono successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato (e quindi anche del condannato) di proporre personalmente ricorso per Cassazione, prevedendosi che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte cassazione (artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272010).
Con la medesima decisione sopra riportata, le Sezioni Unite hanno altresì dichiarato la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 613 cod. proc. pen., come modificato dall’art.1, comma 55, legge n. 103 del 2017, per asserita violazione degli artt. 24, 111, comma 7, Cost. e 6 CEDU, nella parte in cui non consente più la proposizione del ricorso in cassazione all’imputato personalmente, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere la rappresentanza tecnica per l’esercizio delle impugnazioni in cassazione, senza che ciò determini alcuna limitazione delle facoltà difensive (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272011; in motivazione, la Corte ha precisato che l’elevato livello di qualificazione professionale richiesto dall’esercizio del diritto di difesa in Cassazione rende ragionevole l’esclusione della difesa personale, tanto più in un sistema che ammette il patrocinio a spese dello Stato).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e non ricorrendo ragioni di esonero – al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro quattromila alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 14.12.2023