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Ricorso per Saltum Sequestro PM: Inammissibile

Un professionista, indagato per reati fiscali, ha impugnato un decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero direttamente in Cassazione. La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso per saltum sequestro inammissibile, specificando che l’unico rimedio previsto dalla legge in questi casi è il riesame. La Corte ha inoltre rifiutato di convertire l’impugnazione, poiché la scelta del rimedio errato è stata deliberata e consapevole da parte del ricorrente.

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Pubblicato il 24 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Saltum Sequestro: perché la scelta errata non è perdonata dalla Cassazione

Nel complesso panorama della procedura penale, la scelta del corretto mezzo di impugnazione non è una mera formalità, ma un requisito fondamentale per la tutela dei propri diritti. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza questo principio, dichiarando inammissibile un ricorso per saltum sequestro proposto contro un provvedimento del Pubblico Ministero. Questa decisione offre spunti cruciali sulla differenza tra i rimedi esperibili e sulle conseguenze di una scelta processuale deliberatamente errata.

I Fatti del Caso

Un professionista, sottoposto a indagini per reati di natura fiscale, subiva un decreto di perquisizione e sequestro probatorio emesso direttamente dal Pubblico Ministero. Oggetto del sequestro erano diversi dispositivi informatici, tra cui computer, smartphone e hard disk. Ritenendo il provvedimento immotivato sotto vari profili (dal fumus commissi delicti alla proporzionalità della misura), la difesa decideva di impugnarlo, ma con una scelta processuale ben precisa: presentare ricorso immediato direttamente alla Corte di Cassazione, il cosiddetto ricorso per saltum.

La Decisione della Corte di Cassazione sul Ricorso per Saltum Sequestro

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un’analisi rigorosa delle norme processuali che disciplinano le impugnazioni in materia di sequestri. Secondo i giudici, il codice di procedura penale traccia una distinzione netta e invalicabile: il rimedio contro un decreto di sequestro probatorio varia a seconda dell’autorità che lo ha emesso. Inoltre, la Corte ha respinto la richiesta subordinata della difesa di ‘convertire’ l’impugnazione inammissibile in un ricorso per riesame da trasmettere al tribunale competente, sottolineando la natura consapevole e deliberata della scelta processuale iniziale.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della pronuncia risiede nel principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, secondo cui è la legge a stabilire in modo esclusivo quali provvedimenti siano impugnabili e con quali strumenti.

La Corte chiarisce due punti fondamentali:
1. Distinzione tra provvedimenti del Giudice e del Pubblico Ministero: L’art. 325 c.p.p. ammette il ricorso per saltum solo avverso i decreti di sequestro emessi dal giudice. Al contrario, per i decreti di sequestro emessi dal Pubblico Ministero, come nel caso di specie, l’art. 257 c.p.p. prevede come unico rimedio la richiesta di riesame davanti al Tribunale competente.
2. Impossibilità di conversione del ricorso: La difesa aveva invocato la possibilità per il giudice di riqualificare l’atto, ma la Corte ha tracciato una distinzione cruciale. Un conto è un mero errore nella denominazione formale dell’atto (nomen iuris), che il giudice può correggere. Tutt’altro è la scelta volontaria e consapevole di un mezzo di impugnazione radicalmente diverso e non consentito dalla legge. Nel caso esaminato, la difesa aveva esplicitamente insistito per la trasmissione del ricorso in Cassazione, dimostrando una volontà chiara di percorrere una via processuale inammissibile. Quando la scelta è deliberata, il giudice non ha il potere-dovere di ‘salvare’ l’impugnazione, che deve essere sanzionata con l’inammissibilità.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale per ogni operatore del diritto: le norme processuali non sono un optional. La scelta di un mezzo di impugnazione errato, se compiuta con la consapevolezza della sua improponibilità, non può essere sanata dal giudice. Questa decisione sottolinea l’importanza di un’attenta strategia difensiva, fondata sulla conoscenza precisa dei rimedi che l’ordinamento mette a disposizione. Scegliere deliberatamente la strada sbagliata, forse nel tentativo di accelerare i tempi o per altre ragioni tattiche, conduce a una sola conseguenza: la declaratoria di inammissibilità e la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile impugnare un decreto di sequestro del Pubblico Ministero direttamente in Cassazione con un ricorso per saltum?
No. La sentenza chiarisce che il ricorso per saltum è ammesso solo contro i decreti di sequestro emessi dal giudice. Per i provvedimenti del Pubblico Ministero, l’unico rimedio è la richiesta di riesame.

Qual è il rimedio corretto contro un decreto di sequestro probatorio emesso dal Pubblico Ministero?
L’unico mezzo di impugnazione previsto dalla legge è la richiesta di riesame, da presentare al Tribunale competente (noto come Tribunale della Libertà), ai sensi dell’art. 257 del codice di procedura penale.

Se la difesa sceglie consapevolmente un mezzo di impugnazione errato, il giudice può correggerlo e convertirlo in quello corretto?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che, a differenza di un semplice errore nella denominazione dell’atto, la scelta deliberata e consapevole di un mezzo di impugnazione inammissibile non può essere sanata dal giudice. In tal caso, l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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