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Ricorso per saltum: quando viene convertito in appello

Un imputato, condannato per furto aggravato, ha presentato un ricorso per saltum direttamente alla Corte di Cassazione, lamentando vizi di motivazione della sentenza di primo grado. La Suprema Corte ha stabilito che tale tipo di censura, inerendo al merito della vicenda, non può essere oggetto di un ricorso per saltum. Di conseguenza, ha riqualificato l’impugnazione come un normale appello, trasmettendo gli atti alla Corte d’Appello di Bologna per il giudizio di secondo grado, in applicazione del principio consolidato in giurisprudenza.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Ricorso per Saltum: Quando e Perché Viene Convertito in Appello

Il ricorso per saltum rappresenta uno strumento processuale che consente di impugnare una sentenza di primo grado direttamente davanti alla Corte di Cassazione, saltando il giudizio d’appello. Tuttavia, il suo utilizzo è strettamente limitato a specifici motivi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce cosa accade quando questo strumento viene utilizzato impropriamente, in particolare per sollevare questioni relative a vizi di motivazione.

Il caso in esame: dal furto aggravato al ricorso in Cassazione

Il caso analizzato trae origine da una sentenza del Tribunale di Bologna, con cui un imputato veniva condannato per il reato di furto aggravato. Anziché percorrere la via ordinaria dell’appello, la difesa decideva di proporre un ricorso per saltum direttamente alla Suprema Corte. I motivi alla base dell’impugnazione erano principalmente due:

1. La contestazione della mancanza di motivazione riguardo all’accertamento della responsabilità penale e al trattamento sanzionatorio applicato.
2. La deduzione di contraddittorietà e illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La conversione del ricorso per saltum in appello

La Corte di Cassazione, nell’esaminare il ricorso, ha immediatamente rilevato una criticità di natura procedurale. Entrambi i motivi proposti, infatti, si concentravano su presunti vizi di motivazione della sentenza di primo grado. Secondo la Corte, queste doglianze non miravano a denunciare una violazione di legge, unico presupposto per un legittimo ricorso per saltum, ma sollecitavano una nuova e diversa valutazione del merito della causa e delle prove raccolte.

Il principio di diritto affermato dalla Cassazione

La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: il ricorso per saltum non può essere utilizzato per contestare la logicità o la coerenza della motivazione del giudice di primo grado. Questo tipo di censura, classificato come vizio di motivazione ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., implica una rivalutazione del percorso logico-fattuale che ha portato alla decisione, attività che è di competenza esclusiva del giudice d’appello.
Di conseguenza, quando un ricorso per saltum viene proposto per tali motivi, non è dichiarato inammissibile ma deve essere convertito, o meglio “riqualificato”, in un atto di appello, come previsto dall’art. 569, comma 3, del codice di procedura penale.

Le motivazioni della Corte

La decisione della Corte si fonda sulla netta distinzione tra il giudizio di legittimità, proprio della Cassazione, e il giudizio di merito, tipico dell’appello. I motivi presentati dalla difesa, pur essendo formalmente inquadrati come vizi procedurali, in sostanza chiedevano alla Corte di riconsiderare le “emergenze processuali” e di fornire una “rilettura o reinterpretazione” delle stesse. Questo esula completamente dai poteri della Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione delle norme di diritto e non riesaminare i fatti del processo. La giurisprudenza citata nell’ordinanza (Cass. n. 26350/2007) è chiara nell’affermare che un ricorso contenente una censura di vizio di motivazione, se proposto per saltum, deve essere convertito in appello. La Corte ha quindi agito in conformità con la legge e i suoi precedenti, disponendo la trasmissione degli atti alla Corte d’Appello di Bologna.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica sulla strategia processuale. Tentare di accelerare i tempi processuali con un ricorso per saltum per motivi non consentiti si rivela una scelta controproducente. La conseguenza non è una decisione più rapida, ma semplicemente la riqualificazione dell’atto e la sua trasmissione al giudice competente, ovvero la Corte d’Appello. La decisione sottolinea la rigorosa ripartizione di competenze tra i diversi gradi di giudizio: l’appello è la sede per contestare il merito e la coerenza della ricostruzione dei fatti operata dal primo giudice; la Cassazione è il custode della corretta applicazione della legge. Ignorare questa distinzione fondamentale porta a un inevitabile allungamento dei tempi della giustizia.

È possibile presentare un ricorso per saltum in Cassazione lamentando un vizio di motivazione della sentenza di primo grado?
No, secondo la Cassazione non è possibile. Un ricorso che lamenta un vizio di motivazione, inerendo a una valutazione di merito, deve essere proposto come appello e non come ricorso per saltum.

Cosa succede se si propone un ricorso per saltum per motivi non consentiti, come il vizio di motivazione?
Il ricorso non viene dichiarato inammissibile, ma viene “riqualificato” o “convertito” nel mezzo di impugnazione corretto, che in questo caso è l’appello. Gli atti vengono quindi trasmessi alla Corte d’Appello competente.

Qual è la principale differenza tra un giudizio di appello e un giudizio in Cassazione evidenziata in questa ordinanza?
Il giudizio di appello può riesaminare nel merito i fatti e le prove del caso (giudizio di merito), mentre il giudizio di Cassazione si limita a verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, senza poter rivalutare i fatti (giudizio di legittimità).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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