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Ricorso per saltum: quando è inammissibile l’appello

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per saltum presentato contro un’ordinanza di arresti domiciliari. La decisione si fonda sul principio di alternatività dei mezzi di impugnazione: l’indagato aveva già presentato istanza al Tribunale del riesame, precludendosi così la possibilità di adire direttamente la Cassazione. La sentenza chiarisce che la scelta di uno dei due rimedi processuali esclude l’altro.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per saltum: la Cassazione chiarisce l’alternatività con il riesame

Il ricorso per saltum, previsto dall’art. 311 del codice di procedura penale, rappresenta uno strumento processuale che consente di impugnare direttamente in Cassazione un’ordinanza che applica una misura cautelare. Tuttavia, il suo utilizzo è vincolato a precise regole procedurali. Una recente sentenza della Suprema Corte ha ribadito un principio fondamentale: la scelta di questo rimedio è alternativa a quella del riesame e non può essere utilizzata come una seconda possibilità dopo aver già percorso un’altra via.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Caltanissetta, in relazione a quattro episodi di detenzione di sostanze stupefacenti a fini di spaccio. Contro tale provvedimento, la difesa presentava due distinti mezzi di impugnazione.

In un primo momento, veniva adito il Tribunale del riesame ai sensi dell’art. 309 c.p.p., il quale però dichiarava l’istanza inammissibile. Successivamente, la difesa decideva di proporre un ricorso per saltum direttamente alla Corte di Cassazione, impugnando la medesima ordinanza originaria del GIP.

La questione giuridica: Ricorso per saltum e riesame sono cumulabili?

La questione centrale sottoposta alla Suprema Corte riguardava la possibilità di utilizzare il ricorso per saltum dopo aver già tentato, senza successo, la via del riesame. L’ordinamento processuale penale offre due percorsi distinti per contestare un’ordinanza cautelare:

1. L’istanza di riesame (art. 309 c.p.p.): Si presenta al Tribunale del riesame, che può valutare sia le questioni di legittimità (violazioni di legge) sia quelle di merito (adeguatezza degli indizi, esigenze cautelari).
2. Il ricorso per saltum (art. 311 c.p.p.): Si presenta direttamente in Cassazione, ma solo per violazione di legge.

Il dubbio era se questi due strumenti potessero essere utilizzati in successione contro lo stesso provvedimento.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fornendo una motivazione chiara e basata su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Gli Ermellini hanno stabilito che i due rimedi, previsti rispettivamente dagli articoli 309 e 311 del codice di procedura penale, sono tra loro alternativi.

Questo significa che l’indagato e la sua difesa si trovano di fronte a una scelta netta: o si percorre la strada del riesame, che permette una valutazione più ampia anche nel merito, oppure si sceglie il ricorso per saltum per denunciare unicamente vizi di legittimità. Una volta intrapresa una delle due vie, l’altra è preclusa.

Nel caso di specie, avendo il ricorrente già presentato istanza al Tribunale del riesame (sebbene poi dichiarata inammissibile), aveva consumato il suo potere di impugnazione alternativo. Di conseguenza, il successivo ricorso diretto in Cassazione non era più consentito. La Corte ha richiamato un suo precedente (Sez. 6, n. 47676 del 11/10/2023) per rafforzare il principio dell’alternatività secca tra i due strumenti processuali.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un’importante regola strategica per la difesa tecnica. La scelta del mezzo di impugnazione contro un’ordinanza cautelare è cruciale e non reversibile. Optare per il riesame preclude il ricorso per saltum, e viceversa. Questa decisione impone ai difensori un’attenta valutazione preliminare dei vizi del provvedimento da contestare: se si tratta di questioni di merito (es. valutazione degli indizi), la via obbligata è il riesame; se, invece, si ravvisano esclusivamente violazioni di legge, si può considerare il più rapido, ma più limitato, ricorso diretto in Cassazione. La violazione di questo principio di alternatività comporta, come nel caso esaminato, una declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile presentare un ricorso per saltum in Cassazione dopo che il Tribunale del riesame ha dichiarato inammissibile un’istanza contro la stessa misura cautelare?
No, non è possibile. La sentenza chiarisce che il ricorso al Tribunale del riesame (art. 309 c.p.p.) e il ricorso per saltum in Cassazione (art. 311 c.p.p.) sono rimedi alternativi. La scelta di uno preclude la possibilità di utilizzare l’altro.

Qual è il fondamento giuridico del principio di alternatività tra riesame e ricorso per saltum?
Il fondamento è l’interpretazione sistematica degli articoli 309 e 311 del codice di procedura penale, come consolidata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione. La legge offre due percorsi distinti e la parte processuale deve scegliere quale intraprendere, senza possibilità di cumulo o successione.

Quali sono le conseguenze per il ricorrente se il suo ricorso viene dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione?
In base all’art. 616 del codice di procedura penale, la declaratoria di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata determinata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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