Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44010 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44010 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NAFETI AHMED nato il 05/07/1997
avverso l’ordinanza del 03/08/2024 del GIP TRIBUNALE di FERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento indicato in epigrafe, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Fermo ha convalidato l’arresto di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt. 75 comma 2 d.lgs. 06 settembre 2011, n. 159 e 337 cod. pen., emettendo anche – nei confronti dello stesso – la misura cautelare della custodia in carcere.
Ha proposto ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 311 comma 2 cod. proc. pen. NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, viene denunciata violazione di legge quanto all’individuazione della competenza territoriale, con riferimento alla natura del reato ascritto, che si è in realtà consumato al momento dell’allontanamento del soggetto dall’abitazione ubicata in Penna San Giovanni, località ricadente nel territorio del Tribunale di Macerata.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata violazione ex art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) cod. proc. pen., in riferimento alla ritenuta inidoneità, nel c concreto, della meno afflittiva misura degli arresti domiciliari, nonché in punto di ritenuta inadeguatezza di misure coercitive o interdittive, applicabili cumulativamente in luogo del provvedimento restrittivo della libertà personale di massimo rigore.
Non è presente, nell’ordinanza impugnata, una specifica motivazione, in ordine alla ritenuta inadeguatezza di misure diverse rispetto a quella adottata, essendo stato operato un mero e apodittico richiamo a una pretesa incapacità di autogoverno comportamentale del soggetto.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Quanto al tema della competenza, sono condivisibili le considerazioni contenute nel provvedimento impugnato, che ha correttamente argomentato in merito al luogo di consumazione del reato, così da radicare la competenza del Tribunale di Fermo.
Con riferimento al lamentato vizio della motivazione in ordine alle ragioni della scelta della misura custodiale applicata, esso difetta di correlazione con il contenuto dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, proposto sulla base di censure manifestamente infondate, ovvero generiche o non consentite, deve essere dichiarato inammissibile con ogni conseguenza di legge.
Come già sintetizzato in parte narrativa, NOME COGNOME è stato tratto in arresto in flagranza di reato e assoggettato a misura cautelare, per aver violato le prescrizioni inerenti alla sorveglianza speciale, con divieto di soggiorno per anni tre in Montegranaro; tra le prescrizioni a lui imposte mediante tale provvedimento, figurava anche il divieto di uscire di casa tra le 21 e le 07, mentre il ricorrente è stato sorpreso, in piena notte, proprio a Montegranaro.
Con il primo motivo, viene formulata una eccezione di incompetenza territoriale: il reato contestato si sarebbe consumato – in ipotesi difensiva – in territorio ricompreso nel circondario del Tribunale di Macerata. Pare sufficiente, però, ricordare come la competenza del Giudice per le indagini preliminari, nella materia che ora interessa, derivi dal luogo stesso di esecuzione dell’arresto, a norma dell’art. 390, comma 1, cod. proc. pen. (si veda Sez. 2, n. 5226 del 16/11/2006, dep. 2007, COGNOME, rv. 235813, a mente della quale: «In materia di fermo di indiziato di delitto – e di arresto in flagranza -, la competenza per la convalida, in capo al giudice per le indagini preliminari del luogo dove il fermo – o l’arresto – è stato eseguito, è assolutamente inderogabile, in ragione della preminente esigenza di celerità del controllo, e l’eventuale misura cautelare disposta, ove la competenza territoriale spetti ad altro giudice, costituisce un intervento surrogatorio in via d’urgenza, che necessita di rinnovazione, ex art. 27 cod. proc. pen., da parte del giudice territorialmente competente»). Il motivo, pertanto, non può che essere ritenuto inammissibile.
Con la seconda doglianza, la difesa aggredisce direttamente la motivazione, in punto di ritenuta inadeguatezza della meno afflittiva misura degli arresti domiciliari. Non vi è chi non rilevi, però, come sia consentito dedurre – a mezzo dello strumento impugnatorio apprestato dall’art. 311 comma 2 cod. proc. pen. – esclusivamente il vizio di violazione di legge. Nel caso di specie la difesa introduce niente altro, invece, se non una questione inerente al profilo motivazionale, criticando direttamente la ritenuta inadeguatezza di misure restrittive della libertà personale di tenore meno afflittivo, rispetto a quell adottata e, consequenzialmente, censurando la scelta operata dal Giudice per le indagini preliminari, che si pretende essere frutto di una valutazione carente e
tautologica (giova sottolineare anche che: «Il ricorso immediato per cassazione avverso una misura cautelare è consentito unicamente per violazione di legge, sicché può essere dedotta con tale mezzo di gravame solo la totale mancanza di motivazione e non anche la sua insufficienza, incompletezza od illogicità» (Sez. 6, n. 41123 del 28/10/2008, COGNOME, rv. 241363).
4.1. Ad ogni modo, la motivazione adottata dal Giudice per le indagini preliminari, in ordine alla pericolosità del soggetto, oltre che quanto al tema della reiterazione delle violazioni e dell’inadeguatezza degli arresti domiciliari, è più che adeguata, apparendo anzi essa ampia, congruente e priva del pur minimo spunto di illogicità.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, oltre che di una somma – che si stima equo fissare in euro tremila – in favore della Cassa delle ammende (non ravvisandosi elementi per ritenere il ricorrente esente da colpe, nella determinazione della causa di inammissibilità, conformemente a quanto indicato da Corte cost., sentenza n. 186 del 2000). Non comportando – la presente decisione – la rimessione in libertà del
ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, 15 ottobre 2024.