Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 13055 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 13055 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Locri il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria in data 13/03/2023
udito il difensore presente, AVV_NOTAIO, che ha domandato l’accoglimento visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO; del ricorso;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe il Giudice per le indagini preliminari di Reggio Calabria ha applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME ed altri in relazione ai reati di cui ai capi A) – previa esclusi dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen – nonché ai capi A2, A3, A10, Al2, A15, A16, A18, A20, A21, A22, A23, A24, A58, A59, A65, A66 del provvisorio atto imputativo.
Avverso l’ordinanza l’indagato NOME COGNOME propone ricorso per saltum, ai sensi dell’art. 311, comma 2, cod. proc. pen., deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 125 e 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen.
Il vizio atterrebbe agli elementi indizianti l’identificazione del ricorrente qua user identifier SKYECC.
La censura viene formulata in relazione alle conversazioni telematiche acquisite, tramite ordine europeo di indagine, con la collaborazione delle autorità giudiziarie francesi, anche nella decrittazione di testi e messaggi audio scambiati tra gli utenti su piattaforma SkyECC a mezzo di criptofonini.
La difesa assume che l’ordinanza abbia operato rinvio agli elementi illustrati in informative di polizia giudiziaria (Ros/CC Locri del 15 settembre 2022), in particolare alle schede identificative ad essa allegate, che tuttavia non risultano incorporate nel testo del provvedimento impugnato, né allegate ad esso, essendo stati acriticamente richiamati dal Giudice i contenuti della informativa.
Tali schede identificative non sono state rese ostensibili:
al momento in cui è stato reso interrogatorio di garanzia, nel quale il ricorrente si è avvalso della facoltà di non rispondere perché non edotto delle ragioni per le quali l’autorità procedente avesse ritenuto l’attribuibilità allo stesso del flusso telematico decriptato;
nei dieci giorni dalla esecuzione dell’ordinanza per la proposizione del riesame avverso il provvedimento impositivo della misura.
Di qui la violazione del diritto di difesa.
Sotto altro profilo, il Giudice si sarebbe sottratto, con riguardo all identificazione del ricorrente quale autore dei messaggi di testo ed audio, all’obbligo di autonoma valutazione.
Il Giudice per le indagini preliminari non avrebbe individuato i dati di “collegamento individualizzante” tra utilizzatore delle chat ed indagato.
Il tema della omessa identificazione del ricorrente, il cui nickname sarebbe, in tesi accusatoria, “NOME” o “NOME“, viene poi declinato nel ricorso con riguardo a ciascuna delle imputazioni formulate, evidenziando i passaggi della motivazione che danno sostanzialmente per scontata l’associazione dell’indagato a quegli pseudonimi e l’abbinamento ai codici alfanumerici identificativi.
In data 24 novembre 2023, la difesa ha depositato una memoria contenente motivi nuovi, con allegata documentazione.
Ha chiesto dichiararsi la inutilizzabilità degli elementi di prova, in quant tratti interamente dai flussi di comunicazione telematica acquisiti nell’ambito di procedimento penale straniero e trasmessi dalla Autorità giudiziaria francese in esecuzione di ordine europeo di indagine dal Pubblico Ministero procedente.
Le chat apprese non hanno natura di documenti, bensì di intercettazioni telematiche massive, come è dato evincere dalla ordinanza . autorizzativa dell’attività di intercettazione estesa a tutti gli utenti della piattafor messaggistica SKYECC.
La modalità di intercettazione, c.d. “a bersaglio indeterminato”, adottata nell’ inchiesta internazionale in relazione ad una categoria indifferenziata di soggetti, nell’ordinamento interno non avrebbe potuto essere autorizzata, in quanto lesiva di diritti individuali inviolabili, richiamati dall’art. 1 d. Igs. 21 2017, n. 108, attuativo della direttiva 2014/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 3 aprile 2014 sull’ordine europeo di indagine, nella parte in cui impone il rispetto dei principi dell’ordinamento costituzionale e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in tema di diritti fondamentali, nonché in tema di diritti di libertà e di giusto processo.
La Corte Regionale di Berlino ha sollevato, al riguardo, rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, in causa C-670/22, con riferimento alla interpretazione dell’art. 6, paragrafi 1 e 2, lettere a) e b) della diret 2014/41/UE, la cui decisione è stata riservata.
Non può ritenersi applicabile al riguardo la previsione di cui all’art. 234-bi cod. proc. pen., attuativa dell’art. 12 della Convenzione di Budapest del 2001 per la repressione dei cyber crimes, quale strumento di acquisizione della prova documentale digitale, la quale permette di accedere, senza necessità di
cooperazione o assistenza tra le Autorità Giudiziarie dei diversi Stati aderenti, “a dati informatici memorizzati disponibili al pubblico (fonti aperte) indipendentemente dal luogo geografico in cui si trovano tali dati; ovvero a dati informatici memorizzati in un altro Stato o ricevere tali dati, attraverso un sistema informatico situato sul proprio territorio, se la Parte ottiene il consenso lecit volontario del soggetto legalmente autorizzato a trasmetterle tali dati”; e ciò in un’ottica di massima semplificazione giustificata dalla tipologia di tali dat ontologicamente estranei alle attività di ricerca della prova in ambito giudiziario.
Vengono richiamate, sul punto, le sentenze della Sez. 6, n.44154 del 2023 e n. 44155 del 2023, nella parte in cui hanno affermato che, quale che sia la natura dell’attività acquisitiva nel procedimento a quo, ove le comunicazioni oggetto di apprensione siano state acquisite in tempo reale in fase di trasmissione, la disciplina applicabile è quella dell’intercettazione di flussi telematici dett dall’art. 266-bis cod. proc. pen., mentre, nel caso di acquisizione successiva al momento della ricezione da parte del destinatario, vigerebbero le regole della perquisizione e sequestro presso il fornitore di servizi telematici di cui agli artic 247 comma 1-bis e 254-bis cod. proc. pen. In entrambi i casi vanno osservate le garanzie poste a tutela della libertà e segretezza delle comunicazioni dall’art. 15 Cost.
Come chiarito da Sez 6, n. 44155-23, lana, la direttiva OEI, all’art. 14, par. 7, non ha disciplinato la utilizzabilità della prova acquisita con tale strumento di cooperazione, rinviando al diritto dello Stato di emissione in sede di valutazione di tali acquisizioni, fatti salvi in ogni caso i diritti della difesa e le garanzie di un processo.
L’esercizio del diritto di difesa è stato nella specie significativament compromesso, posto che non è stata garantita l’accessibilità agli originali dei documenti informatici generati dall’attività captativa ovvero appresi attraverso l’attività di perquisizione informatica e che non sono state messe a disposizione della difesa richiedente, oltre al dato grezzo originale, anche le chiavi di cifratur impiegate.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile per le ragioni di seguito indicate.
2. va premesso che il ricorso immediato per cassazione avverso una misura cautelare è consentito unicamente per violazione di legge, sicché può essere dedotta con tale mezzo di gravame solo la totale mancanza di motivazione e non
anche la sua insufficienza, incompletezza od illogicità (ex multis, Sez. 6, n. 18725 del 19/04/2012, Ponzoni, Rv. 252643).
In tale cornice, si è ritenuta censurabile la decisione cautelare che oltre che graficamente insussistente, si riveli priva dei requisiti minimi di coerenza completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione dell misura (Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01)
Si è chiarito, poi, che la motivazione apparente è ravvisabile soltanto quando sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, sicchè il ragionamento espresso dal giudice sia del tutto fittizio (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Rv. 263100).
3. Nella specie, il ricorrente denuncia violazione di legge quanto agli elementi indizianti l’identificazione dello stesso quale user identifier SKYECC, facendo riferimento alle conversazioni telematiche acquisite tramite ordine europeo di indagine.
Pure a voler prescindere dalla genericità del rilievo, lo stesso ricorrente richiama la valutazione di sintesi contenuta a pag. 89 dell’ordinanza impugnata, nella quale si specificano, in termini generali, i criteri di attribuzione d comunicazioni al ricorrente desunti dall’incrocio di una serie di elementi, costituit dai contenuti delle comunicazioni, dal positioning delle utenze individuate, dagli elementi relativi al traffico pregresso e dal raccordo con attività di osservazione dinamica, da intercettazioni telefoniche ed ambientali anche tradizionali (su cui v. pag. 666 dell’ ordinanza cautelare in nota).
L’ordinanza dà conto della sostanziale attendibilità delle risultanze indiziarie ivi esposte e degli elementi valorizzati, finendo poi per utilizzarle nell’individua il ricorrente come utilizzatore.
Ad ogni modo, tali passaggi dell’ordinanza non esauriscono l’impegno motivazionale sulla identificazione del ricorrente.
Il Tribunale ha fatto riferimento ad attività di riconoscimento vocale compiute dagli operanti in relazione ai messaggi audio trasmessi dall’indagato, servendosi delle medesime utenze impiegate per lo scambio di messaggi di testo (v. pag. 98). In particolare, alle pagg. 736 e ss. del titolo cautelare si legge ch l’ascolto dei dialoghi della famiglia COGNOME avvenuti in carcere con i familiari detenut consentivano di cogliere, “direttamente dalla voce di NOME NOME la sua
intenzione di aprire un locale commerciale in Germania, nel quale avrebbero dovuto lavorare i propri nipoti”.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in tema di intercettazioni, quando sia contestata l’identificazione delle persone colloquianti, il giudice non deve necessariamente disporre una perizia fonica, ma può trarre il proprio convincimento da altre circostanze – quali: i contenuti delle conversazioni intercettate; il riconoscimento delle voci da parte del personale della polizia giudiziaria; le intestazioni formali delle schede telefoniche – che consentano di risalire con certezza all’identità degli interlocutori, mentre incombe sulla parte ch contesti il riconoscimento l’onere di allegare oggettivi elementi sintomatici di segno contrario (Sez. 5, n. 20610 del 2021, SdiKaj, Rv. 281265-02, secondo la quale, /01/2017, COGNOME Cicco, Rv. 269900 – 01).
Il Giudice per le indagini preliminari ha poi fatto riferimento alla analisi del registrazioni eseguite con sistemi di videosorveglianza (v. pag. 823), al tracciamento di tre trasferte aeree di COGNOME in territorio tedesco (nel marzo, nell’agosto e nell’ottobre 2020), confermato da servizi di osservazione delle autorità tedesche e italiane e dall’analisi delle liste passeggeri delle compagnie aeree (pagg. 804 e ss.), dalle conversazioni intercettate con mezzi tradizionali avvenute tra il ricorrente e la moglie NOME COGNOME; ha argomentato sulla riferibilità al ricorrente del nickname NOME in relazione al capo A2, con riguardo all’invio da parte di NOME COGNOME di una foto, ma anche al capo A18, nel quale si dà conto dell’associazione al criptofonino TARGA_VEICOLO del nickname “NOME“; alle conversazioni relative alla esflitrazione dal porto di Gioia Tauro della sostanza stupefacente, alle pagg. 169 e ss, con le correlate attività di osservazione e acquisizione documentale).Plurimi riscontri in ordine ai criptofonini in uso allo stesso COGNOME sono indicati in relazione al capo Al2), quanto all’incontro dell’indagato con COGNOME, monitorato dagli operanti dopo l’appuntamento che i due avevano preso poco prima con la stessa utenza. COGNOME avrebbe riferito ai suoi sodali del cambio di utenza, e le conversazioni proseguite con la diversa utenza a lui attribuita dagli inquirenti con riguardo ai capi Al, A15, A18, A58, A59, come risulta dalle pp. 331 e 371 ss.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tali elementi danno compiutamente conto della identificazione del ricorrente quale user identifier SKYECC, dunque dell’abbinamento delle utenze alla sua persone e della riferibilità al medesimo dello pseudonimo.
Il ricorso risulta pertanto generico, non confrontandosi, se non in parte, con la motivazione.
Il fatto che la motivazione ci sia e non sia apparente, da potersi assimilare ad una motivazione graficamente mancante, depone dunque per la inammissibilità del ricorso per saltum, in quanto, al più, avrebbe potuto configurarsi un vizio
logico della motivazione, riconducibile al disposto dell’art. 606 lett. e) cod. proc pen. e non certo una violazione di legge
Parimenti generiche e perciò inammissibili sono le deduzioni relative alla la mancanza di autonoma valutazione.
Il motivo denuncia – astrattamente – una violazione di legge.
Si è difatti affermato che, in tema di motivazione delle ordinanze cautelari personali, la violazione della prescrizione della necessaria autonoma valutazione, da parte del giudice, dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari determina, in linea di principio, un vizio di violazione di legge del provvedimento avverso il quale può essere proposto ricorso “per saltum” in cassazione (Sez. 6 n. 53940 del 19/09/2018, COGNOME, Rv. 274584 e n. 26050 del 14/04/2016, Rv. 266970).
Sotto quest’ultimo versante, tuttavia, si è chiarito come l’obbligo di autonoma motivazione del giudice abbia la funzione di assicurare l’effettività del vaglio giurisdizionale con riferimento alle singole posizioni ed alle singole contestazioni, ma non anche l’originalità grafica o linguistica del provvedimento del giudice. Si è aggiunto che, in tema di impugnazioni avverso i provvedimenti “de libertate”, il ricorrente per cassazione che denunci la nullità dell’ordinanza cautelare per omessa autonoma valutazione delle esigenze cautelari. e dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate» (Sez. 1, n. 46447 del 2019, Rv. 277496 – 01).
Il ricorso è sul punto silente.
Quanto, poi, alla dedotta mancata allegazione all’ordinanza cautelare dell’informativa e delle schede integrative, in tempo utile per l’esercizio delle facoltà difensive, essa è parimenti inammissibile.
Le Sezioni Unite (sent. n. 26798 del 28/06/2005, Vitale, Rv. 231349 – 01) hanno da tempo affermato che l’interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare, prescritto dall’art. 294 cod. proc. pen., è viziato da nullità quando non sia stato preceduto dal deposito nella cancelleria del giudice, a norma del comma terzo dell’art. 293 stesso codice, dell’ordinanza applicativa, della richiesta del P.M. e degli atti con essa presentati, ma tale nullità, che comporta la perdita di efficacia della misura ai sensi dell’art. 302 cod. proc. pen., ha tuttavia carattere intermedio ed è dunque deducibile solo fino al compimento dell’atto (la pronuncia precisa che la notifica dell’avviso al difensore circa l’intervenuto deposito degli atti n condiziona la validità dell’interrogatorio, ma la sola decorrenza del termine per
l’eventuale impugnazione del provvedimento cautelare; nello stesso senso Sez. 6, n. 18840 del 23/02/2018, Tedesi, Rv. 273342).
Nella specie, il difensore non ha documentato la tempestiva formulazione dell’eccezione ai sensi dell’art. 293, comma 3, cod. proc. pen., né l’effettività dell violazione mediante una attestazione della cancelleria, mentre era onerato a farlo, non essendo stati dedotti vizi genetici del provvedimento (Sez. 6, n. 6761 del 07/11/2013, dep. 12/02/2014, COGNOME, Rv. 258994 – 01; Sez. 6, n. 4683 del 10/11/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245848 – 01; Sez. 6, n. 42308 del 29/10/2009, COGNOME, Rv. 245479 – 01, secondo le quali, in tema di misure cautelari personali, le eccezioni di nullità dell’interrogatorio ex art. 294 cod. pro pen. e di conseguente perdita di efficacia della misura custodiale per omesso deposito della richiesta del P.M. e degli atti con essa presentati sono proponibili solo avanti al giudice che ha adottato il provvedimento impositivo, e non dinanzi al Tribunale del riesame, fatta salva l’ipotesi in cui alla predetta censura s accompagnino ulteriori motivi di doglianza inerenti al contenuto dell’atto impugnato, o comunque volti a dedurre vizi genetici dello stesso).
Alla luce di tutto quanto precede sono inammissibili anche i motivi nuovi. Come ripetutamente affermato da questa Corte, l’inammissibilità dei motivi originari del ricorso per cassazione non può essere sanata dalla proposizione di motivi nuovi, atteso che si trasmette a questi ultimi il vizio radicale che infici motivi originari, per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi dovendosi evitare il surrettizio spostamento in avanti dei termini di impugnazione (Sez. 5, n. 48044 del 02/07/2019, COGNOME, Rv. 277850 – 01; v. anche Sez. 5, n. 8439 del 24/01/2020, L., Rv. 278387 – 01 per la quale 1″inammissibilità di un motivo del ricorso principale cui si colleghi un motivo aggiunto, idoneo, in astratto, a colmarne i difetti, travolge quest’ultimo, non potendo essere tardivamente sanato il vizio radicale dell’impugnazione originaria; e ciò vale anche nel caso in cui il ricorso non sia integralmente inammissibile perché contenente altri motivi immuni da vizi).
Il ricorso, proposto per motivi non consentiti, è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., non potendo comunque operare la sua conversione nella richiesta di riesame, in quanto il ricorrente ha già consumato la facoltà di scelta tra i diversi mezzi di impugnazione a sua disposizione. (Sez. 6, n. 36597 del 11/11/2020, Troque, Rv. 280150 – 01).
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma,
determinata in via equitativa nella misura di euro tremila, in favore della delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione dell causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
Alla Cancelleria sono demandati gli adempimenti comunicativi di cui all’art 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma I ter, disp. att. cod. proc. pen.