LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ricorso per Saltum: Inammissibile contro misure cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso per saltum proposto contro l’ordinanza del Tribunale di Roma che aveva negato la revoca della misura cautelare dell’obbligo di dimora. La Corte ha ribadito che l’unico rimedio contro tali provvedimenti è l’appello ai sensi dell’art. 310 c.p.p., e non il ricorso diretto in Cassazione, riservato solo alle ordinanze che applicano per la prima volta una misura restrittiva della libertà personale.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 21 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Saltum: Quando Saltare un Grado di Giudizio è un Errore Fatale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i confini di applicazione del Ricorso per Saltum in materia di misure cautelari personali. La decisione sottolinea un principio procedurale fondamentale: non è possibile impugnare direttamente in Cassazione un’ordinanza che rigetta la richiesta di revoca o modifica di una misura cautelare. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di seguire scrupolosamente i percorsi di impugnazione previsti dal codice per non incorrere in una declaratoria di inammissibilità.

I Fatti del Caso: La Richiesta di Revoca dell’Obbligo di Dimora

Il caso trae origine dall’istanza presentata da due imputati per ottenere la revoca della misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di Roma, misura applicata nei loro confronti. Gli imputati, attraverso il loro difensore, avevano motivato la richiesta sulla base di un presunto mutamento delle condizioni soggettive e delle esigenze cautelari.

In particolare, la difesa evidenziava la cessazione del rapporto di lavoro di uno degli imputati con la Polizia di Stato, la sua sottoposizione a cure mediche e le necessità lavorative di entrambi, legate alla gestione di un’attività di maneggio. Sostenevano, inoltre, che il pericolo di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio fosse venuto meno. Il Tribunale di Roma, tuttavia, rigettava l’istanza con un’ordinanza.

La Scelta del Ricorso per Saltum e la Decisione della Cassazione

Contro la decisione del Tribunale, la difesa sceglieva di non percorrere la via dell’appello ordinario, ma di proporre direttamente un Ricorso per Saltum dinanzi alla Corte di Cassazione. Questa scelta si è rivelata proceduralmente errata e ha determinato l’esito del giudizio.

La Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. I giudici di legittimità hanno richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il ricorso diretto in Cassazione, ai sensi dell’art. 311 del codice di procedura penale, è esperibile unicamente contro le ordinanze “genetiche”, ovvero quelle che per la prima volta dispongono una misura cautelare personale. Non è invece ammesso per le ordinanze successive che riguardano la revoca, la modifica o la rinnovazione della misura stessa.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha spiegato in modo inequivocabile le ragioni giuridiche alla base della sua decisione. Il provvedimento con cui il giudice respinge una richiesta di revoca o modifica di una misura cautelare non è impugnabile “per saltum”.

Il sistema processuale penale prevede un percorso specifico per queste situazioni, delineato dall’art. 310 c.p.p., che istituisce l’appello al Tribunale del riesame. Solo dopo la decisione di quest’ultimo organo è possibile, eventualmente, adire la Corte di Cassazione. Il Ricorso per Saltum rappresenta un’eccezione, non la regola, e i suoi presupposti devono essere rigorosamente rispettati.

Inoltre, la Corte ha escluso la possibilità di “convertire” il ricorso errato in un appello. Tale conversione è ammessa solo quando l’errore nell’individuazione del mezzo di impugnazione è avvenuto in buona fede, a causa di ignoranza o non corretta interpretazione delle norme. Nel caso di specie, i giudici hanno ritenuto che la scelta di adire direttamente la Cassazione fosse stata deliberata, un tentativo di provocare il sindacato del giudice sovraordinato con un mezzo diverso da quello corretto.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio cruciale per la difesa tecnica: la strategia processuale deve sempre fondarsi su una corretta interpretazione delle norme procedurali. Scegliere una via di impugnazione non consentita dalla legge non solo non porta al risultato sperato, ma comporta conseguenze negative per l’assistito. In questo caso, oltre alla declaratoria di inammissibilità del ricorso, gli imputati sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di tremila euro.

Per gli operatori del diritto, questa pronuncia è un chiaro promemoria: l’architettura delle impugnazioni cautelari è rigidamente definita dal legislatore e non ammette scorciatoie. L’appello ex art. 310 c.p.p. è il rimedio designato per contestare le decisioni sulla permanenza delle misure cautelari, garantendo quel doppio grado di giudizio di merito che il Ricorso per Saltum è destinato a bypassare solo in ipotesi eccezionali.

È possibile appellare direttamente in Cassazione una decisione che nega la revoca di una misura cautelare?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che un’ordinanza che respinge la richiesta di revoca o modifica di una misura cautelare personale non è impugnabile direttamente con ricorso per cassazione (“per saltum”).

Qual è la procedura corretta per contestare il rigetto di un’istanza di revoca di una misura cautelare?
La procedura corretta, come previsto dall’art. 310 del codice di procedura penale, è quella di interporre appello al Tribunale competente (il cosiddetto “tribunale della libertà”). Solo avverso la decisione di quest’ultimo sarà poi possibile ricorrere in Cassazione.

Cosa succede se si presenta un ricorso errato, come un “ricorso per saltum” quando non è permesso?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non entra nel merito delle questioni sollevate. Inoltre, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati