Ricorso per cassazione tardivo: quando il tempo è tutto
Nel mondo del diritto, il rispetto dei termini non è una mera formalità, ma un pilastro fondamentale che garantisce la certezza e l’efficienza della giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiaro esempio di come la mancata osservanza delle scadenze processuali possa avere conseguenze definitive. In questo articolo, analizzeremo il caso di un ricorso per cassazione tardivo presentato nell’ambito di una richiesta di indennizzo per ingiusta detenzione, e vedremo perché la Corte lo ha dichiarato inammissibile.
I fatti del caso
Un cittadino, dopo aver subito un periodo di custodia cautelare e ritenendo di aver diritto a un indennizzo per ingiusta detenzione, si era rivolto alla Corte d’Appello di Roma. La sua richiesta, tuttavia, non era stata accolta. A seguito di questa decisione, il suo difensore ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione.
Il punto cruciale della vicenda, però, non riguarda il merito della richiesta di indennizzo, ma una questione procedurale: i tempi di presentazione del ricorso. Il provvedimento della Corte d’Appello era stato notificato sia al ricorrente che al suo difensore in data 19 novembre 2024. Il ricorso per cassazione, invece, è stato depositato telematicamente solo l’11 dicembre 2024.
L’importanza dei termini nel ricorso per cassazione tardivo
La legge stabilisce termini precisi e perentori per impugnare i provvedimenti giudiziari. In questo caso specifico, l’articolo 585 del codice di procedura penale prevede un termine di quindici giorni per proporre ricorso per cassazione contro le ordinanze che decidono sulla riparazione per l’ingiusta detenzione. Questo termine decorre dalla notifica del provvedimento.
Facendo un semplice calcolo, è evidente che il deposito del ricorso è avvenuto ben oltre la scadenza prevista. I quindici giorni dalla notifica del 19 novembre 2024 scadevano infatti molto prima dell’11 dicembre 2024. Questa violazione ha reso il ricorso per cassazione tardivo e, di conseguenza, irricevibile.
Le motivazioni della decisione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza numero 9370 del 2025, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso senza neppure entrare nel merito delle questioni sollevate dal ricorrente. La motivazione è netta e si basa sull’applicazione dell’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, che consente una declaratoria di inammissibilità ‘senza formalità’ quando la causa è palese, come nel caso di un ricorso presentato fuori termine.
I giudici hanno ribadito che il termine di quindici giorni è perentorio e si applica anche ai procedimenti relativi all’ingiusta detenzione, nonostante questi riguardino un’obbligazione pecuniaria. La tardività non è un vizio sanabile e determina automaticamente l’impossibilità per la Corte di esaminare il ricorso. Non essendo stata ravvisata alcuna assenza di colpa nel superamento del termine, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria di quattromila euro alla cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa pronuncia sottolinea l’importanza cruciale del rispetto dei termini processuali. Anche una causa con motivazioni potenzialmente fondate può essere persa a causa di un errore procedurale come la tardiva presentazione di un atto. Per cittadini e avvocati, questo caso serve da monito: la diligenza e la precisione nel monitorare le scadenze sono essenziali per tutelare i propri diritti nel sistema giudiziario. Un ricorso per cassazione tardivo non lascia spazio a interpretazioni e porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con le relative conseguenze economiche.
Qual è il termine per presentare ricorso per cassazione avverso un’ordinanza in materia di ingiusta detenzione?
Il termine per presentare ricorso per cassazione è di quindici giorni, come stabilito dall’art. 585, comma 1, lett. a), del codice di procedura penale. Questo termine decorre dalla data di notifica dell’ordinanza conclusiva del procedimento.
Cosa succede se il ricorso per cassazione viene depositato oltre il termine previsto?
Se il ricorso viene depositato oltre il termine perentorio di quindici giorni, viene dichiarato palesemente inammissibile dalla Corte di Cassazione, senza che vengano esaminate le motivazioni nel merito. L’inammissibilità comporta anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Le norme del codice di procedura penale si applicano anche ai procedimenti di riparazione per ingiusta detenzione?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che, sebbene il procedimento riguardi l’esistenza di un’obbligazione pecuniaria, ad esso si applicano le norme del codice di rito penale, inclusi i termini perentori per le impugnazioni.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9370 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9370 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 06/07/1991
avverso l’ordinanza del 22/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
atiznyartt;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso l’ordinanza ex art. 314 cod. proc. pen. indicata in epigrafe, deducendo, con un unico motivo, mancanza e/o insufficienza di motivazione nell’individuazione dei comportamenti concreti integranti colpa grave che sono stati ritenuti ostativi al riconoscimento del richiesto indennizzo. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso è palesemente inammissibile per cause che possono dichiararsi senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5bis cod. proc. pen. introdotto dall’art. 1, comma 62, della legge 23.6.2017 n. 103, a decorrere dal 3 agosto 2017.
Il termine per la proposizione del ricorso per cassazione, avverso l’ordinanza che decide sulla domanda di riparazione per l’ingiusta detenzione è, ai sensi dell’art. 585, comma primo, lett. a), cod. proc. pen. di quindici giorni che decorrono dalla notifica della predetta ordinanza conclusiva del procedimento, al quale, ancorché concernente l’esistenza di una obbligazione pecuniaria nei confronti del soggetto colpito da custodia cautelare, si applicano le norme del codice di rito penale (cfr. Sez. 4, n. 45409 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257554; conf. Sez. 3, n. 26370 del 25/3/2014, Hadfi, Rv. 259187).
Dagli atti risulta che il provvedimento impugnato è stato notificato al difensore e al ricorrente, in data 19/11/2024 e che il ricorso per cassazione è stato depositato telematicamente 1’11/12/2024,
L’impugnazione che ci occupa risulta, dunque, proposta oltre il termine di legge.
A norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 19/02/2025