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Ricorso per Cassazione: quando un atto non è valido

Un detenuto ha inviato un documento al Tribunale di Sorveglianza, esprimendo l’intenzione di presentare un ricorso per Cassazione contro un’ordinanza. La Suprema Corte ha stabilito che tale atto non costituisce un valido ricorso per Cassazione, ma solo una mera comunicazione di intenti, e pertanto ha dichiarato di non dover procedere.

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Pubblicato il 3 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione: La Differenza tra Intenzione e Atto Formale

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale della procedura penale: la validità degli atti di impugnazione. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha chiarito che la semplice manifestazione di volontà di presentare un Ricorso per Cassazione non è sufficiente per avviare il giudizio di legittimità. Questo principio riafferma il rigore formale necessario per la tutela dei diritti nel processo.

I Fatti del Caso

Un detenuto, tramite un atto presentato personalmente, ha trasmesso un’istanza al Tribunale di Sorveglianza di Cagliari. Il documento, datato 13 febbraio 2024, conteneva un sollecito affinché venisse depositato un provvedimento che lo riguardava. Nello stesso scritto, l’interessato si limitava a “preannunciare” la sua intenzione di proporre un ricorso per Cassazione avverso la decisione.

L’atto è stato quindi trasmesso alla Corte di Cassazione per la valutazione di competenza, ponendo il quesito se una tale comunicazione potesse essere equiparata a un effettivo atto di impugnazione.

La Decisione della Corte e il Valore del Ricorso per Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha concluso con una pronuncia di “non luogo a provvedere”. Questa formula indica che la Corte non ha potuto esaminare il merito della questione perché l’atto presentato non possedeva i requisiti minimi per essere qualificato come un Ricorso per Cassazione.

Secondo i giudici, il documento in questione non poteva in alcun modo essere considerato un ricorso. Si trattava, infatti, di una semplice comunicazione preliminare, una dichiarazione di intenti, e non di un atto processuale formalmente valido. Di conseguenza, non essendo stato presentato un ricorso vero e proprio, la Corte non aveva materia su cui deliberare.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte è tanto sintetica quanto chiara. I giudici hanno rilevato che l’istanza presentata dal soggetto si esauriva in due punti: un sollecito al deposito di un provvedimento e la preannunciazione di un futuro ricorso. Mancavano completamente gli elementi essenziali di un’impugnazione, come l’indicazione specifica dei motivi di contestazione della decisione impugnata, l’articolazione delle censure di legittimità e la richiesta formale di annullamento del provvedimento.

L’atto di impugnazione, per essere tale, deve manifestare in modo inequivocabile la volontà di contestare una decisione giudiziaria e deve contenere, anche in forma succinta, le ragioni di tale contestazione. Una semplice dichiarazione di voler ricorrere in futuro non attiva il potere del giudice di pronunciarsi, poiché non introduce validamente il giudizio di impugnazione.

Conclusioni

La pronuncia della Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto processuale: la forma è sostanza. Affinché un atto possa essere considerato un valido Ricorso per Cassazione, non è sufficiente esprimere l’intenzione di volerlo presentare. È indispensabile che l’atto stesso sia redatto nel rispetto dei requisiti di legge, manifestando una volontà attuale e concreta di impugnare e specificando, almeno nelle linee essenziali, le ragioni della doglianza. Questa decisione serve da monito sull’importanza di affidarsi a una difesa tecnica qualificata e di rispettare scrupolosamente le norme procedurali per non vedersi preclusa la possibilità di far valere i propri diritti nelle sedi competenti.

Un documento che annuncia l’intenzione di fare ricorso è valido come ricorso stesso?
No, secondo la Corte di Cassazione, una mera “preannunciazione” di ricorso non può essere qualificata come un atto di impugnazione formale e valido.

Cosa ha deciso la Corte riguardo all’atto presentato dal detenuto?
La Corte ha stabilito “non luogo a provvedere”, in quanto l’atto presentato non era un ricorso per cassazione, ma solo un sollecito e una comunicazione di intenti.

Perché l’atto non è stato considerato un valido ricorso per cassazione?
Perché si limitava a preannunciare un futuro ricorso e a sollecitare il deposito di un provvedimento, senza contenere i motivi e gli elementi formali richiesti per un atto di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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