Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 25606 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 25606 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a NAPOLI il 29/05/1995
avverso l’ordinanza del 24/01/2025 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, con ordinanza del 24 gennaio 2025, rigettava l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME volta ad ottenere l’annullamento del provvedimento di approvazione del rendiconto di gestione della società RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, oggi RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME; avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME eccependo:
1.1 violazione dell’art. 43 comma 2 D.Lgs. n. 159/2011 e 24 e 111 Cost. e 6 della CEDU in relazione alla mancante documentazione afferente l’amministrazione giudiziaria ed al conseguente obbligo di integrazione gravante sull’amministratore, segnatamente ai costi indicati dalla tenutaria delle scritture contabili, non riportati nella documentazione depositata dall’amministrazione giudiziaria, nella parte in cui il giudice, con motivazione illogica e/o apparente, aveva respinto ogni domanda
di integrazione o di perizia, a seguito di deposito della consulenza di parte che ne aveva denunciato le gravi criticità; violazione dell’art. 43 comma 2 D. Lgs. n.159/2011 in relazione alla inammissibilità della richiesta di perizia contabile;
1.2 violazione dell’art. 43 comma 2 D.Lgs. n. 159/2011 e 24 e 111 Cost. e 6 della CEDU; omessa attività di rendicontazione per il periodo in cui la società aveva conseguito i canoni di locazione mensili per un importo di circa 6.000/7.000 euro, dal 2013 al maggio 2014; omessa rendicontazione dei costi per gli anni 2013, 2014, 2015, denominati “oneri diversi di gestione” per un ammontare di C 183.451,58, così come riportati in bilanco dalla tenutaria delle scrittute contabili dott.ssa COGNOME; omessa rendicontazione delle fatture non incassate per un totale di C 262.944,00 al maggio 2024, come riportato dal c.t. di parte;
1.3 violazione dell’art. 43 comma 2 D. Lgs. n. 159/2001 relativamente alla mancata previsione delle spese della procedura nel caso di revoca del sequestro.
Il difesore evidenzia che dalla consulenza di parte erano emerse: 1) la discrasia tra la documentazione avuta dalla commercialista dott.ssa NOME tenutaria delle scritture contabili e quella depositata dagli amministratori; 2) omesse indicazioni a sostegno delle fatture non incassate; 3) omesse indicazioni nella forma della specificità delle spese ripetibili dall’erario sostenute da collaboratori e/o coadiutori; la motivazione era illogica nel punto in cui il giudice scriveva che non vi era stata una oggettiva contestazione della difesa, visto che la difesa non avrebbe potuto contestare una voce di spesa mancante; l’ordinanza impugnata meritava di essere censurata in ordine alla unicità della rendicontazione, avendo liquidato di fatto la gestione della RAGIONE_SOCIALE come non separabile da quella più grande cui l’intero processo era riferita; di qui la necessità, a fronte di incongruenze tra la tenutaria delle scritture contabili e quelle depositate dagli amministratori, di svolgere un più approfondito studio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1 Si deve infatti ribadire che nel procedimento di prevenzione il ricorso per cassazione è ammesso soltanto per violazione di legge, nozione nella quale va ricompresa la motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento, che ricorre quando il decreto omette del tutto di confrontarsi con un elemento costitutivo della fattispecie legittimante l’applicazione della misura, ovvero con un elemento potenzialmente decisivo prospettato da una parte che, singolarmente considerato, sarebbe tale da poter determinare un esito opposto del giudizio (Sez. 6, n. 8626 del 08/11/2023, COGNOME; Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014, Repaci, Rv. 260246-01); in maniera specifica, Sez. 6, 51710 del 04/07/2017, La Camera
e altro, Rv. 271489: “In tema di misure di prevenzione patrimoniali disposte prima dell’entrata in vigore del d.lgs. 159 del 2011, il provvedimento di approvazione del
rendiconto della gestione degli amministratori giudiziari, è ricorribile in cassazione solo per violazione di legge, ai sensi dell’art. 111 della Costituzione, in quanto la
disciplina applicabile è quella prevista dagli artt. 7, d.l. n. 230 del 1989, conv. con modificazioni dalla legge n. 282 del 1989 e 5 d.m. n. 293 del 1991, che, a
differenza della nuova normativa, non indica il rimedio esperibile”).
Nel caso in esame, tenuto conto del rispetto da parte del giudice procedente dell’iter procedimentale scandito dalla previsione di cui all’art. 43 del d.lgs. n. 159
del 2011, si osserva che le censure del ricorrente sono tutte relative al merito del provvedimento (come tali, inammissibilit), posto che si contestano discrasie tra le
documentazione della commercialista e quella depositata dagli amministratori ed omesse indicazioni, tutti punti sui quali il provvedimento impugnato ha già
risposto; pertanto, il ricorso è quindi inammissibile, attesa la sua genericità.
2.Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della
Cassa delle ammende della somma di C 3.000,00 così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 29/05/2025