Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24994 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24994 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME RoccoCOGNOME nato a Gela il 14/04/1969
avverso l’ordinanza del 20/02/2025 del Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20/02/2025, il Tribunale di Catania rigettava l’appello ex art. 310 cod.proc.pen., proposto nell’interesse di COGNOME avverso l’ordinanza del Gup del Tribunale di Catania, con la quale era stata rigettata la richiesta di revoca delle misure cautelari dell’obbligo di dimora e di presentazione alla p.g.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, chiedendone l’annullamento ed articolando un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge, vizio di motivazione, travisamento dei fatti ed omessa valutazione di documenti decisivi.
Lamenta che il Tribunale del riesame aveva travisato i fatti, adagiandosi sul principio del “giudicato cautelare” e senza valutare gli argomenti dedotti in ricorso (posizione indiziaria del ricorrente sovrapponibile a quella del coindagato COGNOME COGNOME rimesso in libertà; insussistenza del pericolo di reiterazione del reato per cessazione del rapporto di lavoro con la società RAGIONE_SOCIALE; plurime revoche delle originarie misure cautelari applicate nell’intero procedimento); la motivazione del Tribunale era, quindi, nulla e, comunque, giuridicamente non condivisibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I In via preliminare, va dato atto che il difensore del ricorrente ha depositato in Cancelleria in data 19.05.2025 atto di rinuncia al proposto ricorso per cassazione; tale rinuncia è irrituale perché effettuata da difensore privo di procura speciale, prevista dall’articolo 589 comma 2 cod. proc. pen; del tutto generica, poi, è la dichiarazione di carenza di interesse effettuata dal difensore, genericità che non ne consente di valutare la fondatezza; l’atto di rinuncia, pertanto, deve ritenersi privo di effetti.
Il ricorso è inammissibile perché tardivo.
Il provvedimento impugnato risulta notificato al difensore ed all’imputato in data 12.3.2025 ed il ricorso per cassazione è stato depositato presso la cancelleria del giudice a quo in data 24.3.2025 e, quindi, oltre il termine dei dieci giorni indicato dall’art. 311, comma 1, cod. proc. pen., che scadeva in data 22.3.2025 (sabato).
Il motivo di ricorso è, peraltro, anche inammissibile perché generico.
Va ricordato che, secondo il consolidato orientamento di legittimità, in sede di appello avverso l’ordinanza emessa a seguito di istanza di revoca o sostituzione di una misura cautelare personale, al Tribunale non può essere chiesto di riesaminare la sussistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o ad escludere la sussistenza di esigenze cautelari, in ragione dell’effetto devolutivo dell’impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato (Sez. 2, n. 18130 del 13/04/2016, Rv. 266676, n. 1134 del 1995 Rv. 201863, n. 961 del 1996, Rv. 204696, n. 43112 del 2015 Rv. 265569).
Nella specie, il Collegio cautelare, nel confermare il provvedimento impugnato, ha dato atto che sulla gravità indiziaria si era formato il giudicato cautelare e che gli elementi evidenziati dalla difesa a fondamento dell’appello non erano idonei a dimostrare l’affievolimento delle esigenze cautelari, in quanto l’allegata cessazione del rapporto lavorativo con la Fato era circostanza già valutata come non rilevante in sede di riesame avverso il provvedimento genetico e l’intervenuto annullamento della misura cautelare applicata al coindagato COGNOME Salvatore non poteva spiegare effetti sulla posizione del ricorrente, attesa la diversità delle condotte e dei ruoli contestati.
Il ricorrente non si confronta specificamente con il percorso argomentativo del Collegio cautelare, adeguato e immune da vizi logici ed in linea con i principi affermati da questa Suprema Corte in subiecta materia.
Il motivo prospetta, dunque, deduzioni del tutto generiche, che non si confrontano specificamente con le argomentazioni svolte nell’ordinanza impugnata, confronto doveroso per l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 cod.proc.pen., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso (Sez.6, n.20377 del 11/03/2009, Rv.243838; Sez.6, n.22445 del 08/05/2009, Rv.244181).
Va richiamato il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (Sez.2, n.19951 del 15/05/2008, Rv.240109;Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568; Sez.2, n.11951 del 29/01/2014, Rv.259425). La mancanza di specificità del motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art.
comma 1 lett. c), all’inammissibilità del ricorso (Sez. 4, 29/03/2000, n. 5
Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez.
4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492
Tasca, Rv. 237596).
4.Essendo il ricorso inammissibile e, in base al disposto dell’art. 616 cod. p pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella a
pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso il 29/05/2025