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Ricorso per cassazione personale: quando è inammissibile

Un detenuto presenta un ricorso per cassazione personale contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La Cassazione lo dichiara inammissibile, ribadendo che, secondo l’art. 613 c.p.p., l’atto deve essere firmato da un avvocato iscritto all’albo speciale, che ne assume la paternità, e non può essere presentato personalmente dalla parte.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Il Ricorso per Cassazione Personale: La Firma dell’Avvocato è Indispensabile

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione personale, ovvero presentato direttamente dall’imputato o dal condannato, è inammissibile. Questa decisione sottolinea l’importanza del ruolo del difensore abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, la cui firma non è una mera formalità, ma un requisito sostanziale che attesta la paternità giuridica dell’atto. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Suprema Corte.

Il caso: un ricorso presentato direttamente dal detenuto

Un detenuto, a seguito di un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che dichiarava inammissibili le sue istanze per la concessione di misure alternative alla detenzione, decideva di impugnare tale provvedimento. Predisponeva quindi personalmente un ricorso per cassazione, facendolo sottoscrivere da un difensore al solo, apparente, scopo di autenticare la propria firma. L’atto veniva così depositato, ma la sua conformità alla legge veniva messa in discussione.

La regola sul ricorso per cassazione personale e il ruolo del difensore

La questione centrale riguarda la violazione dell’articolo 613 del codice di procedura penale, come modificato dalla Legge n. 103/2017 (la cosiddetta ‘Riforma Orlando’). Questa norma stabilisce in modo inequivocabile che il ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità, deve essere sottoscritto da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.

Le Sezioni Unite della Cassazione, con la celebre sentenza ‘Aiello’ del 2017, avevano già chiarito la portata di questa norma, specificando che l’obbligo di sottoscrizione da parte del difensore cassazionista si applica a qualsiasi tipo di provvedimento, inclusi quelli in materia cautelare. La ratio è quella di garantire un filtro tecnico e qualificato, assicurando che le questioni sottoposte alla Corte di legittimità siano formulate con la necessaria perizia giuridica.

La differenza tra paternità dell’atto e autentica della firma

Il punto cruciale, evidenziato anche in questa ordinanza, è che la firma del difensore deve implicare l’assunzione della ‘paternità’ dell’atto di impugnazione. Non è sufficiente che il legale si limiti ad autenticare la firma del suo assistito o ad accettare il mandato. Il difensore deve fare proprio il contenuto del ricorso, assumendosene la piena responsabilità tecnica e processuale.

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha fondato la sua decisione proprio su questi principi consolidati. I giudici hanno osservato che il ricorso era stato predisposto e proposto personalmente dal detenuto, in assenza dell’assistenza di un difensore qualificato. La firma del legale apposta in calce è stata ritenuta irrilevante, in quanto non idonea a trasferire la titolarità dell’impugnazione dal ricorrente al professionista.

La norma, secondo la Corte, è chiara e non lascia spazio a interpretazioni diverse. L’intervento del difensore cassazionista non è una formalità superflua, ma un presidio indispensabile per il corretto funzionamento del giudizio di legittimità. La mancanza di questo requisito essenziale comporta, inevitabilmente, una declaratoria di inammissibilità.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un orientamento giurisprudenziale ormai granitico. Chiunque intenda presentare un ricorso per cassazione in materia penale deve necessariamente avvalersi di un avvocato iscritto all’albo speciale, il quale dovrà redigere e sottoscrivere l’atto. Qualsiasi tentativo di aggirare questa regola, ad esempio tramite un ricorso personale con una mera autentica di firma, è destinato al fallimento. La conseguenza non è solo il mancato esame del merito del ricorso, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie, con un esborso di tremila euro a favore della Cassa delle ammende.

È possibile per un imputato o un condannato presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No, la legge (art. 613 c.p.p.) stabilisce chiaramente che il ricorso per cassazione, a pena di inammissibilità, non può essere proposto personalmente dalla parte ma deve essere sottoscritto da un difensore abilitato.

Quale ruolo ha l’avvocato nella presentazione del ricorso alla Corte di Cassazione?
L’avvocato, iscritto nell’albo speciale, deve sottoscrivere il ricorso, assumendosene così la piena titolarità e responsabilità giuridica. La sua firma non può essere una semplice autenticazione di quella del suo assistito, ma deve significare che il legale ha fatto proprio l’atto di impugnazione.

Cosa succede se un ricorso per cassazione viene presentato personalmente dalla parte?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questa decisione impedisce alla Corte di esaminare le ragioni del ricorso e comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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