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Ricorso per cassazione personale: quando è inammissibile

Un condannato ha presentato personalmente ricorso in Cassazione contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso inammissibile perché, a seguito della riforma del 2017, il ricorso per cassazione personale non è più consentito. La legge richiede che l’atto sia firmato da un avvocato abilitato, pena l’inammissibilità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Personale: La Cassazione Ribadisce l’Inammissibilità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso per cassazione personale. La decisione, emessa il 10 ottobre 2024, chiarisce in modo inequivocabile che, a seguito della riforma legislativa del 2017, i condannati non possono più presentare personalmente ricorso alla Suprema Corte, ma devono necessariamente avvalersi di un difensore abilitato. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia per comprendere le sue implicazioni pratiche.

Il Contesto del Ricorso

Il caso ha origine da un ricorso presentato da un soggetto contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo datata 13 marzo 2024. L’aspetto cruciale della vicenda è che il ricorso è stato sottoscritto personalmente dall’interessato il 15 marzo 2024, senza l’assistenza di un avvocato.

Questo atto ha innescato una valutazione preliminare da parte della Corte di Cassazione sulla sua stessa ammissibilità, ancor prima di entrare nel merito delle questioni sollevate.

La Riforma del 2017 e le Regole sul Ricorso per Cassazione Personale

Il fulcro della decisione della Corte risiede nell’impatto della Legge 23 giugno 2017, n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017. Questa legge ha modificato in modo sostanziale le regole per l’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione.

Prima di tale riforma, in alcuni casi era consentito all’imputato o al condannato di presentare personalmente il ricorso. Tuttavia, la nuova normativa ha escluso questa facoltà, stabilendo requisiti più stringenti.

I Requisiti di Ammissibilità secondo il Codice

Gli articoli chiave richiamati dalla Corte sono il 571, comma 1, e il 613, comma 1, del codice di procedura penale. Quest’ultimo, in particolare, prevede che gli atti di ricorso in Cassazione debbano essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di Cassazione. La norma non lascia spazio a interpretazioni: la firma dell’avvocato cassazionista è un requisito essenziale per la validità dell’atto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha basato la sua decisione su una serie di considerazioni logiche e giuridiche ineccepibili.

In primo luogo, ha osservato che sia il provvedimento impugnato (13/03/2024) sia il ricorso (15/03/2024) sono successivi all’entrata in vigore della legge del 2017. Pertanto, la nuova disciplina era pienamente applicabile al caso di specie.

Di conseguenza, il ricorso, essendo stato proposto direttamente dall’interessato, proveniva da un “soggetto non legittimato”, come previsto dall’articolo 591, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale. La mancanza di legittimazione attiva costituisce una causa di inammissibilità che può essere dichiarata de plano, ossia senza la necessità di un’udienza formale, ai sensi dell’articolo 610, comma 5-bis, del codice.

La Corte ha anche citato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2017), che aveva già consolidato questo orientamento, confermando che la sottoscrizione del difensore specializzato è un requisito non derogabile.

Le Conclusioni: Condanna alle Spese e alla Cassa delle Ammende

La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze economiche per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La prima è la condanna al pagamento delle spese del procedimento. La seconda, più gravosa, è il versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha giustificato l’importo tenendo conto del fatto che non sussistevano elementi per ritenere che il ricorrente avesse proposto il ricorso “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, richiamando una pronuncia della Corte Costituzionale (n. 186/2000). Questo principio sottolinea che l’ignoranza della legge processuale non è una scusante valida.

In sintesi, questa ordinanza ribadisce che l’accesso alla Corte di Cassazione è un percorso tecnico che richiede obbligatoriamente la competenza di un avvocato specializzato, e il fai-da-te processuale comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche significative sanzioni economiche.

Un condannato può presentare personalmente ricorso alla Corte di Cassazione?
No. Dopo l’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto all’albo speciale della Corte di cassazione.

Cosa succede se un ricorso viene presentato personalmente dall’interessato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che la Corte non esamina il merito della questione. La dichiarazione di inammissibilità può avvenire “de plano”, cioè senza un’udienza formale, sulla base della semplice verifica degli atti.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000,00 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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