Ricorso per Cassazione Personale: La Cassazione Ribadisce l’Inammissibilità
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale: l’inammissibilità del ricorso per cassazione personale. La decisione, emessa il 10 ottobre 2024, chiarisce in modo inequivocabile che, a seguito della riforma legislativa del 2017, i condannati non possono più presentare personalmente ricorso alla Suprema Corte, ma devono necessariamente avvalersi di un difensore abilitato. Analizziamo i dettagli di questa pronuncia per comprendere le sue implicazioni pratiche.
Il Contesto del Ricorso
Il caso ha origine da un ricorso presentato da un soggetto contro un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Palermo datata 13 marzo 2024. L’aspetto cruciale della vicenda è che il ricorso è stato sottoscritto personalmente dall’interessato il 15 marzo 2024, senza l’assistenza di un avvocato.
Questo atto ha innescato una valutazione preliminare da parte della Corte di Cassazione sulla sua stessa ammissibilità, ancor prima di entrare nel merito delle questioni sollevate.
La Riforma del 2017 e le Regole sul Ricorso per Cassazione Personale
Il fulcro della decisione della Corte risiede nell’impatto della Legge 23 giugno 2017, n. 103, entrata in vigore il 3 agosto 2017. Questa legge ha modificato in modo sostanziale le regole per l’impugnazione davanti alla Corte di Cassazione.
Prima di tale riforma, in alcuni casi era consentito all’imputato o al condannato di presentare personalmente il ricorso. Tuttavia, la nuova normativa ha escluso questa facoltà, stabilendo requisiti più stringenti.
I Requisiti di Ammissibilità secondo il Codice
Gli articoli chiave richiamati dalla Corte sono il 571, comma 1, e il 613, comma 1, del codice di procedura penale. Quest’ultimo, in particolare, prevede che gli atti di ricorso in Cassazione debbano essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di Cassazione. La norma non lascia spazio a interpretazioni: la firma dell’avvocato cassazionista è un requisito essenziale per la validità dell’atto.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha basato la sua decisione su una serie di considerazioni logiche e giuridiche ineccepibili.
In primo luogo, ha osservato che sia il provvedimento impugnato (13/03/2024) sia il ricorso (15/03/2024) sono successivi all’entrata in vigore della legge del 2017. Pertanto, la nuova disciplina era pienamente applicabile al caso di specie.
Di conseguenza, il ricorso, essendo stato proposto direttamente dall’interessato, proveniva da un “soggetto non legittimato”, come previsto dall’articolo 591, comma 1, lettera a), del codice di procedura penale. La mancanza di legittimazione attiva costituisce una causa di inammissibilità che può essere dichiarata de plano, ossia senza la necessità di un’udienza formale, ai sensi dell’articolo 610, comma 5-bis, del codice.
La Corte ha anche citato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2017), che aveva già consolidato questo orientamento, confermando che la sottoscrizione del difensore specializzato è un requisito non derogabile.
Le Conclusioni: Condanna alle Spese e alla Cassa delle Ammende
La dichiarazione di inammissibilità del ricorso ha comportato due conseguenze economiche per il ricorrente, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.
La prima è la condanna al pagamento delle spese del procedimento. La seconda, più gravosa, è il versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha giustificato l’importo tenendo conto del fatto che non sussistevano elementi per ritenere che il ricorrente avesse proposto il ricorso “senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, richiamando una pronuncia della Corte Costituzionale (n. 186/2000). Questo principio sottolinea che l’ignoranza della legge processuale non è una scusante valida.
In sintesi, questa ordinanza ribadisce che l’accesso alla Corte di Cassazione è un percorso tecnico che richiede obbligatoriamente la competenza di un avvocato specializzato, e il fai-da-te processuale comporta non solo il rigetto del ricorso, ma anche significative sanzioni economiche.
Un condannato può presentare personalmente ricorso alla Corte di Cassazione?
No. Dopo l’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un avvocato iscritto all’albo speciale della Corte di cassazione.
Cosa succede se un ricorso viene presentato personalmente dall’interessato?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Questo significa che la Corte non esamina il merito della questione. La dichiarazione di inammissibilità può avvenire “de plano”, cioè senza un’udienza formale, sulla base della semplice verifica degli atti.
Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che nel caso specifico è stata fissata in 3.000,00 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 43264 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 43264 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/03/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di PALERMO
do COGNOME so alle arti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso in esame è stato sottoscritto personalmente dall’interessato il 15 marzo 2024
Osserva il Collegio che sia il provvedimento impugnato sia il ricorso sono successivi al 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato – e quindi anche del condannato – di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che tale atto deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, ai sensi degli artt 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 271333).
2. La Corte, pertanto, rileva che il ricorso, come correttamente qualificato, appare inammissibile per causa che può essere dichiarata de plano, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., in quanto proposto dall’interessato personalmente e, quindi, da un soggetto non legittimato ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinata equamente in 3.000,00 euro, tenuto conto del fatto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/10/2024