Il Ricorso per Cassazione Personale: Perché Non è Più Ammesso?
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: l’impossibilità per l’imputato di presentare autonomamente un ricorso presso la Suprema Corte. L’analisi del caso offre uno spunto essenziale per comprendere i limiti del ricorso per cassazione personale e le ragioni, anche di livello costituzionale, che ne hanno determinato la soppressione. La vicenda riguarda due individui che, dopo una condanna per furto aggravato, hanno tentato di impugnare la sentenza personalmente, scontrandosi con una declaratoria di inammissibilità.
I Fatti del Caso
Due soggetti, condannati in primo grado dal Tribunale e successivamente dalla Corte d’Appello per furto pluriaggravato, decidevano di contestare la sentenza di secondo grado presentando ricorso direttamente alla Corte di Cassazione. Anziché avvalersi di un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori, i due imputati hanno redatto e depositato gli atti di impugnazione in prima persona, una modalità procedurale nota come ricorso per cassazione personale.
La Decisione della Cassazione: Inammissibilità del Ricorso
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, senza entrare nel merito delle doglianze sollevate dai ricorrenti, ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su una modifica legislativa cruciale introdotta con la legge n. 103 del 23 giugno 2017. Tale legge ha modificato l’articolo 613, comma 1, del codice di procedura penale, eliminando la facoltà per l’imputato di proporre personalmente ricorso in Cassazione. Oggi, tale atto può essere validamente presentato solo tramite un difensore iscritto nell’apposito albo speciale.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la propria decisione richiamando la normativa vigente e consolidata giurisprudenza.
Innanzitutto, la declaratoria di inammissibilità è stata emessa senza le formalità di rito, come previsto dall’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, proprio perché i ricorsi provenivano da soggetti non legittimati. La riforma del 2017 ha, infatti, introdotto una chiara preclusione, rendendo la difesa tecnica un requisito indispensabile per accedere al giudizio di legittimità.
In secondo luogo, i giudici hanno affrontato e respinto la potenziale questione di illegittimità costituzionale della norma. Citando una precedente e autorevole pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914 del 2017), la Corte ha ribadito che l’obbligo di difesa tecnica in Cassazione non viola né l’articolo 24 (diritto di difesa) né l’articolo 111 (giusto processo) della Costituzione, né l’articolo 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
La ragione di questa scelta legislativa risiede nell’elevato tecnicismo del giudizio di Cassazione. Questo non è un terzo grado di merito, ma un giudizio di legittimità volto a verificare la corretta applicazione della legge (funzione di nomofilachia). Tale complessità richiede una competenza professionale specifica che solo un avvocato cassazionista può garantire. La Corte ha sottolineato come il diritto di difesa sia pienamente tutelato attraverso l’istituto del patrocinio a spese dello Stato, che consente anche ai non abbienti di farsi assistere da un difensore qualificato.
Conclusioni e Implicazioni Pratiche
La pronuncia in esame consolida un orientamento ormai pacifico: il ricorso per cassazione personale non è più uno strumento a disposizione dell’imputato. Qualsiasi tentativo di adire la Suprema Corte senza l’intermediazione di un difensore specializzato si traduce in una declaratoria di inammissibilità.
L’implicazione pratica è netta: chiunque intenda impugnare una sentenza penale davanti alla Corte di Cassazione deve obbligatoriamente conferire mandato a un avvocato iscritto all’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione. In caso contrario, il ricorso non supererà il vaglio preliminare di ammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come accaduto nel caso di specie dove gli imputati sono stati condannati a versare 4.000 euro ciascuno.
È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso alla Corte di Cassazione?
No. A seguito della modifica dell’art. 613 del codice di procedura penale, introdotta con la legge n. 103 del 2017, il ricorso deve essere obbligatoriamente proposto da un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
La regola che vieta il ricorso per cassazione personale viola il diritto di difesa?
Secondo la Corte di Cassazione, no. La complessità del giudizio di legittimità giustifica la necessità di una difesa tecnica qualificata. Il diritto di difesa è comunque garantito dalla possibilità per i non abbienti di accedere al patrocinio a spese dello Stato.
Cosa succede se si presenta ugualmente un ricorso per cassazione personale?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile senza che la Corte ne esamini il merito. Il ricorrente, inoltre, viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23152 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23152 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME NOME a SAN FERDINANDO DI PUGLIA il DATA_NASCITA
COGNOME NOME NOME a BARLETTA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 18/11/2022 della CORTE APPELLO di BARI
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
OSSERVA
COGNOME NOME NOME COGNOME NOME hanno proposto personalmente separati ricorsi avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Corte d’appello di Bari esclu l’aggravante di cui all’art. 625 n. 5, cod. pen., ha tuttavia confermato la sentenza con la qu Tribunale di Trani aveva condanNOME i predetti furto pluriaggravata (in Barletta il 13/10/201 con la recidiva qualificata per entrambi.
ritenuto che i ricorsi sono inammissibili per causa che può essere dichiarata senza formalità ai sensi dell’art. 610 comma 5 bis cod. proc. pen., aggiunto dall’art. 1, comma 62, della legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore a decorrere dal 3 agosto 2017, essendo stati proposti da soggetti non legittimati, ai sensi dell’art. 613, comma 1, come modificato dall’art. 1, comma 63, I. 23 giugno 2017 che ha elimiNOME la facoltà di proporre ricorso personalmente;
rilevato che lo stesso Supremo organo della nomofilachia ha già ritenuto la manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 613 cod. proc. pen., sopra modificato, per asserita violazione degli artt. 24, 111, comma 7, Cost. e 6 CEDU, nell parte in cui non consente più la proposizione del ricorso in cassazione all’imputa personalmente, in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore richiedere la rappresentan tecnica per l’esercizio delle impugnazioni in cassazione, senza che ciò determini alcuna limitazione delle facoltà difensive (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272011-01, in cui, in motivazione, la Corte ha precisato che l’elevato livello di qualifica professionale richiesto dall’esercizio del diritto di difesa in cassazione rende ragione l’esclusione della difesa personale, tanto più in un sistema che ammette il patrocinio a spes dello Stato);
che alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila ciascuno in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali della somma di euro quattromila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
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