Ricorso per cassazione personale: la Cassazione ribadisce l’inammissibilità
Nel complesso panorama della giustizia penale, le regole procedurali non sono meri formalismi, ma garanzie fondamentali per il corretto svolgimento del processo. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale introdotto dalla Riforma Orlando: l’inammissibilità del ricorso per cassazione personale. Questa decisione sottolinea l’importanza imprescindibile della difesa tecnica qualificata nel grado più alto della giurisdizione penale.
I Fatti del Caso
Un soggetto, a seguito di un’ordinanza emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale, decideva di impugnare tale provvedimento direttamente davanti alla Corte di Cassazione. Il ricorso veniva proposto personalmente dall’interessato, senza l’assistenza e la sottoscrizione di un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. Questo dettaglio procedurale si è rivelato fatale per le sorti dell’impugnazione.
La Decisione della Corte sul Ricorso per cassazione personale
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione, con una procedura semplificata (de plano), ha dichiarato il ricorso inammissibile. La Corte ha osservato che sia la notifica del provvedimento impugnato sia la proposizione del ricorso erano avvenute in data successiva al 4 agosto 2017, momento in cui è entrata in vigore la Legge n. 103/2017, meglio nota come Riforma Orlando. Questa legge ha modificato in modo sostanziale le regole per l’accesso al giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: La Riforma Orlando e l’Obbligo del Difensore
La motivazione della Corte è netta e si basa su un’interpretazione rigorosa delle norme procedurali. La Legge n. 103/2017 ha escluso la facoltà dell’imputato (o del condannato) di proporre personalmente ricorso per cassazione. Gli articoli 571, comma 1, e 613, comma 1, del codice di procedura penale, come modificati dalla riforma, stabiliscono che l’atto di ricorso debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Questo requisito, come chiarito anche dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 8914/2017), non è un mero adempimento burocratico, ma risponde all’esigenza di assicurare un filtro di professionalità e competenza tecnica. Il giudizio di Cassazione è un giudizio ‘di diritto’, in cui non si ridiscutono i fatti, ma si valuta la corretta applicazione delle norme. Pertanto, è essenziale che le censure mosse al provvedimento impugnato siano formulate con rigore tecnico e giuridico, compito che solo un avvocato cassazionista può svolgere adeguatamente.
Di conseguenza, il ricorso proposto personalmente dall’individuo è stato considerato privo di un requisito essenziale e, come tale, dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per l’Imputato
Le conseguenze pratiche di questa decisione sono severe. L’inammissibilità del ricorso non solo impedisce alla Corte di esaminare le ragioni dell’appellante nel merito, ma comporta anche due sanzioni economiche a suo carico. Ai sensi dell’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla cassa delle ammende.
Questa ordinanza serve da monito: chiunque intenda contestare un provvedimento penale davanti alla Corte di Cassazione deve necessariamente affidarsi a un difensore specializzato. Il ‘fai da te’ processuale, specialmente in un grado di giudizio così tecnico, non è un’opzione percorribile e conduce inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità con aggravio di spese.
È possibile per un imputato presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. A seguito della Legge n. 103 del 2017 (Riforma Orlando), il ricorso per cassazione deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.
Quali sono le conseguenze se un ricorso viene dichiarato inammissibile per questo motivo?
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e, come stabilito dall’art. 616 c.p.p., condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una sanzione pecuniaria alla cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.
La regola che vieta il ricorso per cassazione personale si applica a tutti i ricorsi?
Sì, secondo quanto stabilito nel provvedimento, questa regola si applica a tutti i ricorsi proposti dopo il 4 agosto 2017, data di entrata in vigore della legge n. 103/2017.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32673 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32673 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RAGIONE_SOCIALE nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/03/2025 del GIP TRIBUNALE di NAPOLI udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso per cassazione in esame è stato proposto personalmente da NOME il 7 ottobre 2024.
Osserva il Collegio che sia la notifica del provvedimento impugnato sia il ricorso sono successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, n. 103, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato – e quindi anche del condannato – di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che tale atto deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione, ai sensi degli artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen. (Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 271333 – 01).
Il ricorso, pertanto, ancorché depositato tramite un difensore, deve ritenersi personale e deve essere dichiarato inammissibile, de plano, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc, pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Per queste ragioni, il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al versamento di una somma alla cassa delle ammende, determinabile in tremila euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla cassa delle ammende.
Così deciso 1’11 settembre 2025.