Ricorso per Cassazione Personale: La Cassazione Ribadisce l’Inammissibilità
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia processuale penale: il ricorso per cassazione personale presentato dall’imputato o dal condannato è inammissibile. Questa decisione si allinea con le modifiche introdotte dalla riforma legislativa del 2017, che ha ristretto notevolmente la possibilità di agire personalmente davanti alla Suprema Corte, richiedendo l’assistenza obbligatoria di un difensore specializzato. Analizziamo insieme i dettagli del caso e le ragioni giuridiche alla base della pronuncia.
Il Caso: Un Reclamo Risarcitorio Finisce in Cassazione
La vicenda trae origine da un reclamo risarcitorio presentato da un detenuto ai sensi dell’art. 35-ter dell’ordinamento penitenziario, probabilmente per le condizioni di detenzione. Il Magistrato di Sorveglianza di Vercelli aveva dichiarato inammissibile tale reclamo.
Contro questa decisione, il detenuto ha deciso di agire autonomamente, proponendo personalmente ricorso davanti alla Corte di Cassazione. Proprio questa modalità di presentazione del ricorso è diventata il fulcro della successiva decisione della Suprema Corte.
La Regola sul Ricorso per Cassazione Personale dopo la Riforma
Il punto centrale della questione è la disciplina introdotta dalla legge n. 103 del 2017. Questa normativa ha modificato articoli chiave del codice di procedura penale, tra cui l’art. 571 e l’art. 613. La nuova formulazione prevede in modo esplicito che il ricorso per cassazione debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione.
Questa modifica ha di fatto eliminato la facoltà, precedentemente riconosciuta all’imputato (e quindi anche al condannato), di presentare personalmente il proprio ricorso. La ratio della norma è quella di assicurare un elevato livello di tecnicismo e professionalità nei ricorsi presentati alla Suprema Corte, che è un giudice di legittimità e non di merito.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha applicato in modo rigoroso la normativa vigente. I giudici hanno osservato che sia il provvedimento impugnato (del 2023) sia il ricorso stesso erano successivi alla data di entrata in vigore della legge n. 103 del 2017 (3 agosto 2017). Pertanto, la nuova e più restrittiva disciplina era pienamente applicabile al caso di specie.
La Corte ha richiamato un’importante sentenza delle Sezioni Unite (n. 8914/2017), che aveva già chiarito in modo definitivo la portata della riforma, confermando che l’obbligo di sottoscrizione da parte di un difensore specializzato è un requisito di ammissibilità inderogabile. La presentazione del ricorso per cassazione personale da parte del condannato, quindi, non poteva che portare a una declaratoria di inammissibilità.
Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche
La decisione della Cassazione comporta due conseguenze dirette per il ricorrente. In primo luogo, la sua impugnazione non è stata esaminata nel merito. In secondo luogo, è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. Questa sanzione pecuniaria viene applicata quando l’inammissibilità del ricorso è attribuibile a colpa del ricorrente, come nel caso di mancato rispetto di una norma procedurale chiara e consolidata.
In pratica, questa ordinanza serve da monito: chiunque intenda presentare un ricorso in Cassazione in ambito penale deve necessariamente rivolgersi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. Agire personalmente non è più un’opzione valida e conduce inevitabilmente a una pronuncia di inammissibilità e a ulteriori oneri economici.
Un condannato può presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. A seguito della riforma introdotta con la legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione in materia penale deve essere obbligatoriamente sottoscritto da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione. La presentazione personale del ricorso da parte del condannato non è più consentita.
Qual è la conseguenza se un ricorso per cassazione non è firmato da un avvocato abilitato?
La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione, ma si ferma a una valutazione preliminare che certifica la mancanza di un requisito formale essenziale.
Cosa succede in caso di dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, se non si possono escludere profili di colpa, il ricorrente viene condannato anche al pagamento di una sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso di specie con una sanzione di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6656 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6656 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
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avverso il decreto del 23/05/2023 del GIUD. SORVEGLIANZA di VERCELLI
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udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
NOME COGNOME ha proposto personalmente ricorso per cassazione avverso il decreto con cui il Magistrato di sorveglianza di Vercelli ha dichiarato l’inammissibilità del reclamo risarcitorio ex art. 35-ter I. 26 luglio 1975.
Sia il provvedimento impugnato sia il ricorso sono però successivi al 3 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato, e quindi anche del condannato, di proporre personalmente ricorso per cassazione, prevedendosi che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di cassazione (artt. 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, Aiello, Rv. 272010).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, a norma dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen., introdotto dalla medesima legge n. 103 del 2017.
Segue all’inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non potendo escludersi profili di colpa, anche alla sanzione in favore della cassa delle ammende (Corte cost. n. 186 del 2000) che si ritiene equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 25 gennaio 2024.