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Ricorso per cassazione personale: quando è inammissibile

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3839 del 2024, ha dichiarato l’inammissibilità di un ricorso per cassazione personale presentato da un cittadino senza l’assistenza di un legale. La decisione si fonda sulla modifica normativa introdotta dalla Legge n. 103/2017 (Riforma Orlando), che ha reso obbligatoria la sottoscrizione dell’atto da parte di un avvocato cassazionista. La Corte ha ribadito la piena legittimità costituzionale di tale requisito, data l’elevata tecnicità del giudizio di legittimità.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Personale: La Cassazione Ribadisce l’Inammissibilità Senza Difensore

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale della procedura penale: il ricorso per cassazione personale, ovvero quello presentato direttamente dal cittadino senza l’assistenza di un avvocato, è inammissibile. Questa decisione, in linea con l’orientamento consolidato dopo la Riforma Orlando del 2017, sottolinea l’importanza della difesa tecnica specializzata nel giudizio di legittimità, considerato il più alto e complesso grado della giustizia italiana. L’analisi di questo provvedimento offre spunti cruciali per comprendere i requisiti formali di accesso alla Suprema Corte.

I Fatti di Causa: Un’Impugnazione Senza Avvocato

Il caso trae origine da un incidente di esecuzione promosso da un privato cittadino avverso un’ordinanza della Corte di Appello di Catania. Quest’ultima aveva dichiarato inammissibile una sua precedente istanza di ricusazione. L’interessato, ritenendo ingiusta la decisione, ha deciso di impugnarla proponendo personalmente ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione. L’atto è stato depositato in una data successiva al 3 agosto 2017, un dettaglio temporale che si rivelerà decisivo per l’esito del procedimento.

La Riforma Orlando e l’Impatto sul Ricorso per Cassazione Personale

Il punto centrale della questione risiede nella modifica normativa introdotta dalla Legge n. 103 del 23 giugno 2017 (nota come Riforma Orlando). In particolare, l’art. 1, comma 63, di tale legge ha modificato l’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale. Prima della riforma, la norma consentiva, in via eccezionale, che la parte privata potesse presentare personalmente il ricorso. La nuova formulazione ha soppresso l’inciso «salvo che la parte non vi provveda personalmente», rendendo di fatto obbligatorio il ministero di un difensore iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione. Ogni ricorso presentato senza rispettare questo requisito è, per legge, inammissibile.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha fondato la sua decisione su argomentazioni chiare e ineccepibili. In primo luogo, ha constatato che l’impugnazione era stata proposta personalmente in data successiva all’entrata in vigore della riforma, rendendola proceduralmente viziata sin dall’origine.

In secondo luogo, i giudici hanno respinto ogni dubbio sulla legittimità costituzionale della nuova norma. Richiamando una fondamentale sentenza delle Sezioni Unite (la n. 8914 del 2017), la Corte ha ribadito che l’obbligo della difesa tecnica non lede il diritto di difesa garantito dall’art. 111 della Costituzione e dall’art. 6 della CEDU. La scelta del legislatore di richiedere una rappresentanza legale altamente qualificata è considerata ragionevole e proporzionata alla natura del giudizio di cassazione. Quest’ultimo, infatti, non è una revisione del merito della vicenda, ma un controllo sulla corretta applicazione delle norme di diritto, un’attività che esige competenze tecniche elevate che il cittadino comune non possiede. L’esclusione della difesa personale, pertanto, non è una limitazione dei diritti, ma una garanzia di effettività della tutela giurisdizionale in un contesto di alta specializzazione.

Le Conclusioni: Obbligo di Difesa Tecnica e Conseguenze Pratiche

L’ordinanza in esame conferma in modo definitivo che l’accesso alla Corte di Cassazione in materia penale è precluso al cittadino che agisce in autonomia. L’assistenza di un avvocato cassazionista non è una facoltà, ma un requisito di ammissibilità imprescindibile. La conseguenza pratica di un’iniziativa personale è grave: il ricorso viene dichiarato inammissibile senza neppure essere esaminato nel merito, con l’ulteriore condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, come avvenuto nel caso specifico con una condanna al pagamento di tremila euro. Questa decisione serve da monito per chiunque intenda adire la Suprema Corte, evidenziando la necessità di affidarsi a professionisti qualificati per non incorrere in un’immediata e onerosa declaratoria di inammissibilità.

È possibile per un cittadino presentare personalmente un ricorso per cassazione in materia penale?
No, a seguito della modifica dell’art. 613, comma 1, del codice di procedura penale introdotta dalla legge n. 103 del 2017, il ricorso deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.

L’obbligo di farsi assistere da un avvocato per il ricorso in cassazione è costituzionale?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando una pronuncia delle Sezioni Unite, ha confermato che tale obbligo è pienamente legittimo. Si tratta di una scelta ragionevole del legislatore, giustificata dall’elevato livello di qualificazione tecnica richiesto per il giudizio di legittimità, che garantisce l’effettività del diritto di difesa.

Quali sono le conseguenze se si presenta un ricorso per cassazione personalmente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Come stabilito nel caso di specie, questa declaratoria comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria alla Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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