Ricorso per Cassazione Personale: La Cassazione Conferma l’Inammissibilità
L’ordinanza in esame affronta una questione procedurale di fondamentale importanza: la possibilità per un imputato di presentare un ricorso per Cassazione personale. Con una decisione netta, la Suprema Corte ribadisce le modifiche introdotte dalla legge n. 103/2017, chiarendo che tale facoltà è stata esclusa, rendendo obbligatoria l’assistenza di un difensore specializzato. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le motivazioni della Corte.
I fatti di causa
Un soggetto, condannato dalla Corte di Appello di Torino alla pena di sei mesi di reclusione e centoquaranta euro di multa per il reato di tentato furto aggravato, decideva di impugnare la sentenza. Invece di affidarsi a un legale, presentava personalmente il ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.
La decisione della Corte sul ricorso per Cassazione personale
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione non entra nel merito delle doglianze sollevate dal ricorrente, ma si ferma a una valutazione preliminare di carattere puramente procedurale. Secondo i giudici, il ricorso è stato proposto da un soggetto non legittimato a farlo, in violazione delle norme vigenti.
Le motivazioni: perché il ricorso per Cassazione personale non è più consentito
La chiave di volta della decisione risiede nell’applicazione della legge n. 103 del 2017, entrata in vigore il 4 agosto 2017. Poiché sia la sentenza impugnata sia il ricorso erano successivi a tale data, la nuova disciplina risultava pienamente applicabile.
Questa legge ha modificato in modo significativo gli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, stabilendo una regola inderogabile: il ricorso per Cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, esclusivamente da difensori iscritti nell’apposito albo speciale della Corte di Cassazione. È stata quindi eliminata la facoltà, precedentemente concessa, per l’imputato (o il condannato) di agire personalmente in questa sede.
La Corte richiama anche un autorevole precedente delle Sezioni Unite (sentenza n. 8914 del 2017), che aveva già consolidato questo principio, confermando l’assoluta necessità del patrocinio di un avvocato cassazionista. La declaratoria di inammissibilità, in questi casi, viene pronunciata “senza formalità”, come previsto dall’art. 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale, una disposizione anch’essa introdotta dalla medesima riforma.
Le conclusioni: implicazioni pratiche per l’imputato
L’ordinanza ha conseguenze pratiche molto rilevanti. La prima è che chiunque intenda contestare una sentenza penale davanti alla Suprema Corte non può più agire in autonomia, ma deve necessariamente rivolgersi a un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori.
La seconda conseguenza è di natura economica. La declaratoria di inammissibilità comporta non solo l’impossibilità di far esaminare le proprie ragioni, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha condannato il ricorrente al versamento di una somma, in questo caso fissata in quattromila euro, in favore della Cassa delle ammende, aggravando ulteriormente i costi di un’iniziativa processuale errata.
Un imputato può presentare personalmente un ricorso in Cassazione?
No, dopo l’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, l’imputato non ha più la facoltà di proporre personalmente ricorso per Cassazione in materia penale.
Chi può firmare un ricorso per Cassazione in materia penale?
Il ricorso deve essere obbligatoriamente sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Quali sono le conseguenze di un ricorso inammissibile perché presentato personalmente?
La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in quattromila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8577 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8577 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/04/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino del 29 ottobre 2022, ha ridotto a mesi sei di reclusione ed euro centoquaranta di multa la pena inflitta nei confronti di NOME COGNOME, in relazione al reato di cui agli artt. 56, 624 e 625, nn. 2 e 7, cod. pen..
Lo COGNOME ricorre personalmente per Cassazione avverso tale sentenza.
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto personalmente dall’interessato e, pertanto, da soggetto non legittimato.
Il provvedimento impugnato e il ricorso sono successivi al 4 agosto 2017, data dell’entrata in vigore della legge n. 103 del 2017, con cui si è esclusa la facoltà dell’imputato (e quindi anche del condannato) di proporre personalmente ricorso per Cassazione, prevedendosi che esso deve essere in ogni caso sottoscritto, a pena d’inammissibilità, da difensori iscritti nell’albo speciale della Corte di Cassazione (artt 571, comma 1, e 613, comma 1, cod. proc. pen.; Sez. U, n. 8914 del 21/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272010).
La declaratoria di inammissibilità dell’odierna impugnazione va pronunciata «senza formalità» ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, cod. proc. pen. (disposizione parimenti introdotta dalla legge n. 103 cit.).
Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di esonero – al pagamento della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro quattromila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14 febbraio 2024.