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Ricorso per cassazione personale: inammissibilità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso per cassazione personale presentato da un condannato avverso un’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza. La decisione si fonda sulla riforma legislativa del 2017, che impone la sottoscrizione dell’atto da parte di un avvocato abilitato al patrocinio presso le giurisdizioni superiori. A causa dell’inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ricorso per Cassazione Personale: Quando l’Autodifesa Conduce all’Inammissibilità

L’ordinamento giuridico stabilisce regole precise per l’accesso alla giustizia, specialmente nei gradi più alti di giudizio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di procedura penale: il ricorso per cassazione personale da parte dell’imputato o del condannato non è più ammesso. L’intervento di un difensore specializzato è un requisito imprescindibile, la cui assenza comporta conseguenze severe. Analizziamo insieme questa decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.

I Fatti alla Base della Decisione

Il caso in esame ha origine dal ricorso presentato personalmente da un soggetto condannato avverso un’ordinanza emessa dal Tribunale di Sorveglianza di Milano. L’interessato, agendo in autonomia, ha impugnato il provvedimento direttamente davanti alla Corte di Cassazione. Tuttavia, questo atto, sebbene espressione del diritto di difesa, si è scontrato con una barriera procedurale invalicabile introdotta dalla legislazione recente.

Il Ricorso per Cassazione Personale e la Riforma del 2017

Il cuore della questione risiede nelle modifiche apportate dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (nota come Riforma Orlando). Prima di questa data, l’imputato aveva la facoltà di presentare personalmente il ricorso. La riforma ha modificato radicalmente questo assetto, escludendo tale possibilità.

La nuova normativa, come richiamato dalla Corte, prevede che il ricorso per cassazione debba essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti presso le giurisdizioni superiori. Questa disposizione, contenuta negli articoli 571 e 613 del codice di procedura penale, mira a garantire un’elevata qualità tecnica degli atti presentati alla Suprema Corte, la cui funzione è quella di assicurare l’uniforme interpretazione della legge (funzione nomofilattica).

Le Motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, ha sviluppato un ragionamento lineare e fondato su norme precise. In primo luogo, ha rilevato che sia il provvedimento impugnato sia il ricorso erano successivi alla data di entrata in vigore della legge n. 103/2017, rendendo la nuova disciplina pienamente applicabile al caso di specie.

Il Collegio ha quindi qualificato il ricorso come inammissibile per una causa che può essere dichiarata de plano, ovvero senza la necessità di un’udienza di discussione, ai sensi dell’articolo 610, comma 5-bis, del codice di procedura penale. La ragione è la mancanza di legittimazione del proponente: il ricorso è stato presentato da un soggetto (l’interessato personalmente) che la legge non abilita più a compiere tale atto.

La conseguenza diretta dell’inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma, determinata in 3.000,00 euro, in favore della Cassa delle ammende. La Corte ha specificato che tale sanzione è dovuta poiché non sono emersi elementi per ritenere che il ricorrente avesse agito senza colpa nel determinare la causa di inammissibilità, richiamando un principio affermato dalla Corte Costituzionale.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre un importante monito: nel processo penale, e in particolare nel giudizio di legittimità, le forme e i requisiti procedurali sono essenziali. La scelta di agire personalmente, senza l’assistenza di un legale qualificato, nel presentare un ricorso per cassazione personale non solo è destinata all’insuccesso ma comporta anche significative sanzioni economiche. La decisione riafferma la centralità del ruolo del difensore tecnico come garante di un’efficace tutela dei diritti e del corretto funzionamento della giustizia, soprattutto dinanzi alla Suprema Corte.

È possibile per un condannato presentare personalmente un ricorso per cassazione?
No. Secondo l’ordinanza, a seguito della legge n. 103 del 2017, il ricorso per cassazione deve essere sottoscritto, a pena di inammissibilità, da un difensore iscritto nell’albo speciale della Corte di cassazione.

Quali sono le conseguenze se un ricorso viene presentato personalmente?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata a 3.000 euro.

Perché la Corte può dichiarare l’inammissibilità ‘de plano’ in questi casi?
La Corte può dichiarare l’inammissibilità de plano, cioè senza udienza formale, ai sensi dell’art. 610, comma 5-bis, c.p.p., quando la causa di inammissibilità è evidente dagli atti, come nel caso di un ricorso presentato da un soggetto non legittimato dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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